Serie Illuminate
di Aimee Agresti
Aimee Agresti
AIMEE AGRESTI si è laureata in Giornalismo alla Northwestern University e ha collaborato con numerose testate, tra cui US Weekly, People, Premiere e The Washington Post. La sua vera passione, però, è sempre stata la narrativa, cui ora si dedica a tempo pieno. Attualmente vive a Washington con il marito e il figlio.
Sito: Aimee Agresti
Pagina FB dell’autore: Aimee Agresti
Serie Illuminate;
1. Il Fascino del Peccato (isbn: 9788842919322)
2. Inedito
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Titolo: Il fascino del peccato
Autore: Aimee Agresti (Traduzione di Claudia Lionetti)
Serie: Illuminate#01
Edito da: Nord (Narrativa Nord)
Prezzo: 18,60 € oppure 13,99 € in formato ebook
Genere: Yang Adult, Urban Fantasy, Angeli & Demoni
Pagine: 464 p.
Voto:
Trama: Colonne di marmo, scalinate vertiginose, lampadari di cristallo: finalmente il Lexington Hotel sta per tornare al suo antico splendore. E, per la giovane Haven, la riapertura dello storico albergo di Chicago rappresenta un’opportunità imperdibile. Dopo una durissima selezione, la ragazza è stata infatti assunta come fotografa: ben presto, potrà entrare in contatto con molti personaggi influenti e iniziare così una carriera di successo. Bastano pochi giorni, però, perché Haven si renda conto che quel lavoro nasconde un lato da incubo, fatto di orari assurdi, meschinità e richieste impossibili da soddisfare. Per fortuna il suo supervisore, Lucian, è una persona molto comprensiva, oltre che un uomo incredibilmente affascinante… Determinato, ambizioso e sempre circondato da splendide donne, Lucian è un vero seduttore ma, benché sia molto attratta da lui, Haven non vuole essere l’ennesima conquista e, soprattutto, non si fida. Sarà per il mistero che circonda alcune zone dell’albergo – dove Lucian le proibisce di andare -, per l’asprezza con la quale lui a volte rimprovera i colleghi o per il fatto che non voglia mai essere fotografato? E come se la gentilezza e la disponibilità di Lucian fossero una facciata, una maschera dietro cui si cela un animo oscuro e molto pericoloso…
Recensione
di RoRò
Ci sono così tanti piaceri da assaporare al di fuori della routine, oltre quella piccola bolla che dà tanta sicurezza. Ma per peccare ci vuole coraggio.
Aimee Agresti pare sia un’autrice americana che, prima di immergersi nel mare pescoso dell’editoria spazzatura, aveva una bellissima carriera. Sembra si sia laureata in Giornalismo e che la scrittura fosse l’unico destino possibile, data la sua attitudine sin da piccina a sprofondare, letteralmente, tra le pagine dei libri. Adesso la domanda sorge spontanea, perché buttare via così una laurea?
Partendo dal presupposto che amare la scrittura non implichi le necessarie capacità narrative e, ahimè sono davvero in tante a commettere l’errore di confondere il significato delle due cose, specie in America dove sembrano proliferare numerose — e io aggiungerei moleste e insulse — mode non solo letterarie, io mi chiedo cosa non sia capace di comprare una buona campagna pubblicitaria e una comunicazione ben studiata. La risposta è: quasi nulla, basta poco e diventi scrittore per giovane adulti in un attimo.
Come l’Agresti potrei citare una sfilza infinita di scrittrici statunitensi che fresche di laurea in Scrittura Creativa si gettano nel mercato letterario in cerca di fama, non di sicuro della lode — anche se, stento a crederlo persino mentre lo scrivo, pare che arrivino puntuali pure quelle —: Lauren Kate, Becca Fitzpatrick, Alexandra Adornetto, Aprylinne Pike, Melissa De La Cruz — e sto solo nominando quelle che hanno sfruttato il tema angelico, che per inciso è anche il tema di questo romanzo — questi autrici qui sono le mamme di alcune delle peggiori saghe young adult della storia. Senza dubbio io non posso più considerarmi una giovane adulta, ma devo dire, a mia discolpa, che non amo particolarmente questo genere di distinzione: un buon libro è un buon libro, punto, a prescindere il bacino d’utenza cui è indirizzato, la Rowling docet. Conclusa la premessa, mi accingo ad approfondire le informazioni su questa nuova saga angelico-demonica che vi presento oggi: The Illuminate.
L’unico modo per mettere alla prova il bene è immergerlo nel male
Tre giovani studenti, appena sedicenni, vengono selezionati per un prestigioso stage d’apprendistato al Lexington Hotel di Chicago: Haven Terra (già il nome è semplicemente imbarazzante, ndr.) Dante (e qui si apre un capitolo altrettanto tragicomico sull’infelicità della scelta, ndr.) e Lance (meno male almeno qui ci siamo salvati, ndr.). Haven è stata adottata da una zelante infermiera dopo essere stata abbandonata in un canale di scolo con delle cicatrici, indovinate in quali parti del corpo? Bingo!
Si proprio lì sulle scapole, e questo l’ho scoperto solo a pagina 50 (su oltre 400, ndr.), praticamente ormai avevo capito ogni cosa, mi sono detta ci saranno delle evoluzioni mirabolanti strada facendo!, quando si dice l’ottimismo, Tonino Guerra sarebbe orgoglioso di me.
La giovane protagonista, neanche a dirlo, è una complessata perché pare vada di moda essere delle grandi fighe e fingere di trovarsi cesse con gravi turbe motorie, non manca poi il migliore amico naïf, Dante, un fighetto gay con i dreadlocks — e qui il collegamento con la saga Fallen è immediato, solo che la Kate si è inventata un angelo di colore con queste specie di corde al posto dei capelli e le infradito! — Dante, invece, è più modaiolo, si sa vestire bene, cucina da dio, è un dotatissimo hair stylist e provetto consulente d’immagine, insomma il pot-pourri dei luoghi comuni. Lance, per fortuna, è solo sufficientemente carino, un secchione emarginato e timido, insomma anonimo. L’entusiasmo iniziale per una simile botta di culo però è immediatamente frenato non appena i tre eroi si rendono conto che, nonostante la facciata splendente, l’Hotel e i suoi dipendenti non sono quel che sembrano… e che sembrano secondo voi? Vi do un piccolo aiutino: sono bellissimi, sono fichissimi, sono bravissimi, sono fortissimi… sono i…i… i cattivoni!
La più tremenda di tutti è la capa Aurelia Brown, direttrice implacabile e severa con l’aspetto di un’adolescente in perfetto stile anni venti che sembra appena uscita proprio da un film su Al Capone, personaggio di cui la Agresti arriva a sfruttare la storia nella speranza di aggiungere suspence e mistero ad una scrittura insulsa e sciatta. Naturalmente non manca l’antieroe fascinoso e misterioso che tenterà in tutti i modi di conquistare l’anima di Haven: bello come il sole, amaro più del sale, il suo nome è — rullo di tamburi — Lucian (per onomatopea vi ricorda qualcosa?).
Con tutto il rispetto, ma è possibile leggere una roba del genere? Io come lettrice mi sento, ogni volta, offesa da questi prodotti scadenti che affollano le librerie, e mi chiedo come facciano i ragazzini o i giovani adulti a non incazzarsi quando si ritrovano a leggere l’ennesima scopiazzatura della stessa storia, ancora e ancora. Una saga assolutamente inutile che non spicca per l’originalità, non brilla per la scrittura, non aggiunge nulla ma toglie solo (tempo, ndr.), in alcuni punti ho persino sfiorato l’idrofobia specie nel passaggio in cui ho trovato la parola “inferno” accanto a quella “Dante”, l’Agresti non ha resistito e ha voluto regalarci questa chicca indimenticabile anche se c’è sempre la più rassicurante possibilità che l’autrice non conosca affatto il poeta italiano. Vi lascio proprio con la citazione in questione, dovevo pur condividere con qualcuno il mio dolore.
«L’inferno deve essere così. In senso buono intendo», commentò Dante.
Autore articolo: RoRò
Amo la lettura, le verdure, gli animali (soprattutto i gatti) e non mi separo mai dal mio lettore reader: i libri per me sono come le ciligie uno tira l'altro ^_-
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