Serie tv: Daredevil, l’eroe più cupo della Marvel colpisce nel segno

Da Strawberry @SabyFrag


Se c’è una cosa che ho sempre amato dei supereroi è la loro fragilità. Forse perché in questo modo appaiono ai miei occhi molto più umani di come normalmente li si rappresenta. Se c’è chi ama prodezze e scontri epici, io preferisco intravedere l’uomo (o la donna) che si cela dietro la maschera, scoprire che in fondo, anche se può volare o è un ottimo arciere o ha una velocità sovrumana e i sensi ipersviluppati, anche lui ha dubbi, incertezze, paure e commette errori. Sarà per questo che ho apprezzato fin da subito Daredevil, la nuova serie targata Netflix lanciata il 10 aprile scorso e basata sull’eroe della Marvel che ha già riscosso un grande successo di critica e pubblico. Le atmosfere cupe di una città come New York sempre sull’orlo del disastro e più misteriosa che mai e le capacità del protagonista di guardare davvero ciò che la vista spesso nasconde fanno di Daredevil una serie di grande spessore narrativo, ottima scrittura e altrettanto ottima interpretazione, nonché con una forte identità. Una serie che è un passo in più e decisamente una novità nella rappresentazione del mondo comics, un’evoluzione matura dell’universo dei supereroi a cui assistere è davvero un gran piacere.

La serie racconta la storia di Matt Murdock, giovane avvocato nato e cresciuto a Hell’s Kitchen, reso cieco da un drammatico incidente avvenuto quando Matt è una bambino di nove anni, dove i suoi occhi vengono a contatto con agenti chimici che li danneggiano per sempre, ma per contro portano Matt di sviluppare i propri sensi a livelli sovrumani, consentendogli di osservare il mondo in una maniera più acuta e profonda. Saranno queste doti che gli daranno la possibilità, grazie anche agli insegnamenti del suo mentore Stick, di allenarsi e sviluppare quelle capacità da vero combattente che servono Matt nella sua causa, ovvero salvare la sua città e tutti coloro che sono vittime di uomini corrotti e oppressori e che non trovano nella legge la speranza e quella giustizia di cui hanno bisogno. Proprio il profondo senso di giustizia porta Matt a svolgere il suo lavoro di avvocato, insieme all’amico Foggy, nelle aule del tribunale al mattino, mentre di notte veste i panni del Diavolo di Hell’s Kitchen per garantire la sicurezza contro tutto ciò che c’è di marcio nella sua città, soprattutto contro criminali come il boss Wilson Frisk e il suo regno del terrore ancora incontrastato.

Daredevil si apre la sua strada lento, cupo, ma inesorabile. Si spoglia di tutte le sovrastrutture tipiche delle narrazioni che traggono origine dalle gesta dei supereroi per cercare con le unghie e con i denti una propria identità. In Daredevil non ci sono battute gigionesche o entusiasmi sopra le righe e ben poco giustificati. In Daredevil fin da subito è chiaro che il percorso del protagonista è avvolto nell’oscurità: scura è la notte in cui si muove, scuri sono gli abiti di indossa (prima della famosa tuta con le cornette), oscuri sono i pensieri e le azioni degli uomini che Devil vuole fermare. Le prime scene del pilot sono dure, forti e violente, al punto da lasciare lo spettatore attonito, smarrito da un inizio inaspettato ma che serve a dare il tempo all’intera serie, mettendone in evidenza la cifra stilistica e il tono che incontreremo nei prossimi episodi. Matt persegue la missione a cui ha votato la sua esistenza, anche se questa costerà sangue e dolore, anche se questa comporta il superare certi limiti e l’andare oltre la propria morale e ciò in cui si è sempre creduto. Se la giustizia che Matt cerca sembra essere impossibile da trovare attraverso le vie legali “tradizionali” e pertanto pare giustificarlo nelle sue azioni, la fede e il continuo riferimento al cattolicesimo lungo tutta la serie è il contraltare con il quale il nostro eroe deve far i conti di volta in volta. L’onnipresente questione se essere un vigilante è una cosa giusta o totalmente folle, grande interrogativo che procura sempre momenti di sfiducia e segna i passaggi di transizione e trasformazione di ogni eroe, qui si colora di connotazioni legate al concetto di fede, non solo prettamente religiosa, ma anche intesa come adesione a una certa morale e a regole etiche che inevitabilmente vengono stravolte quando Matt indossa la sua maschera e va in cerca del cattivo da punire. La questione si riaffaccia più volte durante la stagione, come la prima volta che Matt incontra Claire (interpretata dalla bella e brava Rosario Dawson), la quale appare spaventata, nonostante l’attrazione che prova per Devil, da quella rabbia che Matt cova in modo inesauribile, o nel confronto con l’amico Foggy, che non solo si sente tradito dal segreto dell’amico ma è anche incapace inizialmente di comprendere come Matt riesca a sopportare il peso delle sue azioni. Nell’economia della serie, il dubbio etico finirà per estendersi a una più vasta dicotomia bene/male o luce/oscurità che investe anche altri personaggi, come ad esempio Karen, incapace di vedere la linea da non oltrepassare pur di raggiungere quella verità che nessuno sembra voler vedere, o lo stesso Fisk da giovane, e dilaga fino a caratterizzare la serie stessa, trovando,  infine, la sua massima interpretazione, nel dualismo tra Murdock e Fisk. I due antagonisti vengono seguiti quasi in parallelo, mostrandone crescita ed errori, paure e punti di forza, mentre una narrazione sapientemente cadenzata da dialoghi formativi, momenti di azione al cardiopalma e altri molto più rilassati ma altrettanto importanti per la costruzione degli archi narrativi e il delineamento dei vari personaggi, dispone i vari tasselli e accresce l’attesa per l’inevitabile scontro finale.

Daredevil è una serie divisa in 13 episodi, ma, cogliendo appieno l’occasione di Netflix che rilascia le stagioni in blocco, si sviluppa come un unico grande episodio, un film lungo 13 capitoli, in cui la scrittura affonda a piene mani nella psicologia dei personaggi, la porta in superficie, ne mette in mostra luci e ombre, costruendo delle sequenze narrative che scavalcano il semplice limite dell’episodio per proseguire naturalmente in quello successivo, dando la visione globale di un disegno molto più composito e articolato rispetto a quello tradizionale da produzione televisiva. Il risultato è un prodotto di notevole spessore narrativo, dove la scrittura attenta e curata si affianca a un’interpretazione dei personaggi in cui nessun comprimario è lasciato in disparte, ma dove ogni arco narrativo contiene più spunti, più storie, crea legami e relazioni e regala una Storia completa di ogni sua parte e di tutti i suoi componenti. Charlie Cox è ottimo nella parte di Matt/Daredevil, ma anche Elden Henson riesce nel suo compito di dare profondità al personaggio di Foggy Nelson, che rischiava più di tutti di rimanere l’amico simpatico e buffo e nulla più e che invece si dimostra essere la perfetta spalla dell’eroe. Dalla pare dei cattivi Vincent D’Onofrio ci regala un temutissimo e inquietante Wilson Frisk, ma in genere l’intero reparto villain appare convincente, mai caricaturale ma sempre con quel pizzico di brivido e di fascino che solo il male sa dare. La realizzazione della serie rispecchia poi le atmosfere e il mood dei personaggi: la fotografia è un concentrato di colori saturi che virano al nero e si va dai rossi che ricordano il sangue ai gialli e verdi dei vicoli e dei capannoni abbandonati, con un unico sprazzo di luce bianca dato dal quadro che Fisk compra nella galleria di Vanessa e che qui abbandona il suo simbolo di purezza per divenire qualcosa d’altro, ben più angosciante e gelido. Armoniose appaiono, poi, le scene di combattimento, che mettono in evidenza l’impressionante equilibro, la grazia e la maestria di Matt nella lotta e ne segnano l’evoluzione di episodio in episodio, trovando il culmine non tanto nella battaglia finale, che appare quasi frettolosa, quanto nello scontro con Nobu, dove ogni ferita ha significati doppi e scandisce il ritmo dell’episodio in maniera perfetta. Come non citare la sigla, splendida nel suo essere apertura e simbolo dell’intero universo del Diavolo di Hell’s Kitchen, con quella colata di sangue da cui emergono i tratti distintivi e i temi principali della sua saga.

Daredevil è un gran bella serie, che sintetizza con cura e sapienza il mondo dei fumetti con altri generi come il noir e il thriller, in una miscela vincente, che non lascia adito a dubbi e perplessità. Un prodotto in grado di ritagliarsi il suo spazio in maniera intelligente e ragionata, fornendo una nuova e più matura interpretazione dell’universo “sueperoistico” all’interno della produzione seriale. Una grande storia raccontata con grande tecnica e e abilità, modi poco tradizionali ma di sicuro effetto, nonché ottimamente interpretata, capace di rispettare le aspettative e crearne di nuove, che ne fanno una delle migliori serie del 2015.

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