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Serie TV: Favs of the week #5

Da Strawberry @SabyFrag
Serie TV: Favs of the week #5
Settimana intensa, mancano davvero poche settimane alla conclusione di molte delle serie in onda tra quelle “annuali”, e gli ultimi episodi stanno regalando svolte narrative interessanti e scene col botto. E mentre ci vediamo costretti a salutare personaggi a cui forse non ne eravamo – e non lo saremmo stati mai – pronti a dire addio, i nostri poveri feels vengono continuamente messi in subbuglio e a noi non resta che tenersi pronti per il prossimo capitolo in arrivo. Come sempre, ATTENZIONE SPOILER!
Quote of the weekSerie TV: Favs of the week #5
Grey’s Anatomy 11x 21 – In loving memory of McDreamy
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Chiamarlo proprio “episodio preferito” della settimana sembra eccessivo, lo ammetto, ma di sicuro l’uscita di scena di uno dei personaggi più amati della Tv, nonché pilastro del medical drama più famoso degli ultimi dieci anni, non è cosa che può passare inosservata e merita tutto lo spazio necessario. Io sono ancora sotto choc. Non che non si sapesse, però un conto è saperlo o intuirlo, un altro è stare lì davanti all’episodio e sperare che sia tutto uno scherzo e che a breve tutto si risolverà felicemente. Ma Shonda Rhimes non è donna dal cuore tenero, questo lo sappiamo bene, e così asseconda la decisione di Patrick Dempsey di lasciare la serie che lo ha reso celebre architettando uno, anzi due episodi (se si conta anche quello della scorsa settimana, funzionale e di preparazione a quest’ultimo) capaci di struggere anche l’animo più coriaceo. McDreamy, il dottor Stranamore, il bello e geniale Derek Shepherd, non è più con noi. Valli di lacrime, ma quello che più ci lascia amareggiati e distrutti è come Derek sia uscito di scena. L’episodio puzzava di tragedia fin dai primi minuti, quando la sorella, la Bailey e Kepner gli sconsigliano di prendere scorciatoie per l’aeroporto. Ma quando mai Derek ascolta qualcuno, e infatti si caccia subito in un mare di guai. Un super incidente, con feriti molto gravi, che lui riesce a salvare brillantemente, uscendone praticamente illeso. Il voler mettere l’evidenza sulle sue doti da eroe, quella frase così iconica (“It’s a beautiful day to save lives”), il suo sorriso che genera svenimenti constanti in noi spettatrici, rende ancora più straziante il momento in cui, quando sembra che il peggio sia passato, ecco che tutto accade. Da qui in poi solo pianti e stridor di denti, con Derek semicosciente che praticamente dà degli imbecilli ai dottori che tentano di salvargli la vita e una serie di flashback di lui e Meredith, dal primo incontro all’ultima riappacificazione che fanno emergere in noi la tremenda consapevolezza. Derek se ne va e lascia sola Meredith, ma soprattutto lascia soli noi con Meredith. Perché Derek non era di sicuro l’uomo perfetto e, tra l’egocentrismo e il complesso della rockstar, ci ha regalato molti attimi di irritazione pura, ma della coppia era la parte migliore, ché un marito del genere Mer non sempre ha dimostrato di meritarselo. E ora, alla tristezza dell’addio di McDreamy, si aggiunge l’angoscia di doversi sorbire tutte le paturnie e le lagne di Meredith, che in quanto a lamentarsi fino a livelli da psicopatica è regina incontrastata. Infine, sorge la domanda: dopo la partenza di Cristina e la morte di Derek, lo show non ha ormai perso di senso? La sola presenza di Meredith può davvero bastare? Non sarebbe invece meglio chiudere i battenti e dare una naturale e ormai necessaria conclusione a uno show che ci ha dato tanto ma che ormai è semplice routine, un guilty pleasure di cui non riusciamo a fare a meno, ma per il quale dovremmo invece seguire l’esempio di Mer e “staccare la spina”? Staremo  a vedere, intanto Ciao Derek e grazie di tutti questi meravigliosi anni di sorrisi e sguardi ed emozioni, sesso in tutti gli angoli dell’ospedale, operazioni impossibili, drammi e crisi apocalittiche varie e di quell’amore appassionato, incondizionato, indistruttibile vissuto con Mer che tutti speriamo di trovare nella vita.
Serie TV: Favs of the week #5
Arrow 3x20 – Fantasticamente Olicity
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Ancora Arrow. Sul finire di stagione, la serie dell’arciere più figo de pianeta regala tanta azione e momenti di grande intensità. Dopo averci girato attorno per diversi episodi, sembra finalmente chiaro il percorso che il nostro Oliver deve compiere e tutte le insidie che si nascondono nell’accettare il ricatto di Ras’ Al Ghul e diventare il suo erede. Ma questo episodio passerà agli annali soprattutto per lo sviluppo della liason amorosa tra Olilver e Felicity, che qui finalmente fa un bel passo avanti e possiamo così assistere a scene in cui i due appaiono avvinghiati l’uno all’altro come non avremmo immaginato nemmeno nelle nostre più floride fantasie. Miei cari compagni di ship, non c’è stata gioia più grande che vederli dichiarare il proprio amore, in un’atmosfera talmente romantica che mi sono sciolta come un cioccolatino al sole. Con Ray uscito di scena in 3, 2, 1 e l’aver finalmente dato spazio ai loro sentimenti, l’unica preoccupazione è cosa farà Olly ora che ha deciso di rimanere con Ras. Riuscirà a salvare se stesso da un crudele destino e tornare dalla sua Felicity? Incrociamo le dita.
Gotham 1x19-20 – 50 sfumature di Milo gotham_1x21_milo_ventimiglia
Amo Milo Ventimiglia dai tempi di Gilmore Girls. Jess resterà per sempre il ragazzo che per una come Rory era troppo ma che, fortunata lei, aveva occhi solo per quella saputella con sguardo da cerbiatto. Poi l’ho seguito come Peter Petrelli in Heroes, almeno fino a quando è stato umanamente possibile seguire quella serie, e non vi dico a che livelli di adorazione si può arrivare quando uno dei tuoi attori seriali preferiti è anche un supereroe. Immaginate quindi la GIOIA nello scoprire che Milo avrebbe preso parte a Gotham per ben 3 episodi e pazienza se il suo ruolo è quello di un cattivone modello Christian Grey più dark e più inquietante. Con una strizzatina d’occhio neanche troppo velata alle 50 sfumature, il personaggio di Milo, infatti, ha tendenze sadomaso ed è uno squilibrato che uccide le sue fidanzate incapaci di essere la donna che lui vorrebbe con sé. Inutile dire che Milo nella parte del bad boy dà sempre il meglio di sé  e per il nostro Jim Gordon non sarà tanto facile risolvere il caso. Se poi scopri che il padre del super cattivo è interpretato da Daniel Davis, ovvero il mitico Niles della Tata, sarà impossibile non adorare le guest star e le comparsate tra una serie e l’altra.
Special Finale Season: The Americans 3x13 March, 8 1983
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Questa settimana si è conclusa anche la terza stagione di The Americans. Come ho già detto in altre occasioni, questa terza stagione ha avuto un andamento molto più coerente e strutturato della seconda e da ciò la serie ha tratto notevole giovamento. Gli autori hanno infatti dimostrato una grande pazienza e tutta la loro maestria nel saper incanalare personaggi e vicende e costruire pezzo dopo pezzo una stagione che trova nel finale una piena realizzazione, la conclusione delle tematiche centrali in questo ciclo di episodi e l’apertura a temi ben più grandi, in uno snodo narrativo che se da un lato chiarifica e dà il senso di certe azioni e parole, dall’altro ribalta situazioni e lascia tutti noi nel dubbio circa il futuro. Questa stagione è stata probabilmente quella più intimista e riflessiva della serie, dove il focus sui personaggi non cade più sul rapporto tra loro e la missione che devono svolgere (Philip e Elizabeth come spie, Stan come agente FBI e Nina come collaboratrice di un Paese nemico), ma sul rapporto con la propria identità e i propri sentimenti e convinzioni. In questo senso può essere vista la vicenda di Philip. Fin dalla prima stagione, Philip si è dimostrato l’anello “debole” della coppia di spie, quello più incapace di tenersi federe al grande ideale o forse più capace di guardarsi dentro e accorgersi che non basta l’idea di un bene superiore a giustificare qualsiasi tipo di azione. La confusione e l’incertezza sul suo operato si accentuano nel corso degli episodi, mentre il sacrificio di Annalise, la relazione con Kimmy e la crisi con Martha mettono sempre più in dubbio la sua fiducia nella causa. A far traboccare tutto poi, saranno le vicende legate ai suoi figli: il suo primogenito, mai conosciuto, sta per partire per una guerra sbagliata in tutti i sensi e Paige si trova nel mirino del Centro, che ne vorrebbe farne un’agente di seconda generazione. La dinamica genitori-figli è l’altro argomento centrale di questa stagione, che in qualche modo porta a identificare o meglio a chiarire le identità dei protagonisti in gioco alla luce di ciò che questo rapporto parentale e filiale comporta. Se per Philip il raccontare la verità a Paige è l’elemento scatenante di uno sgretolamento della propria identità che non trova rimedio e la presa di consapevolezza di essere solo e di non poter comunicare a nessuno il suo stato d’animo, men che meno con Elizabeth, per quest’ultima il poter rivelarsi con la figlia è dapprima una speranza e poi una sconfitta. Elizabeth riesce a mantenere uniti i pezzi del proprio IO grazie alla sua totale adesione alla missione e al suo scopo ultimo, quel bene superiore di cui la sentiamo parlare persino con la figlia nel momento in cui le racconta cosa mamma e papà fanno mentre lei dorme serena nella sua stanza. Per lei, aiutare Paige a scoprire la verità e magari unirsi alla sua lotta sono un ulteriore conferma che ciò che sta facendo come spia infiltrata è giusto e necessario, ma è anche la possibilità di avvicinarsi a quella figlia che i segreti l’hanno costretta a tenere sempre a una certa distanza. La reazione di Paige, tuttavia, la mette di fronte all’amara realtà: lo sdoppiamento continuo che rappresenta la sua identità, con la quale non è ancora pronta a fare i conti, le impedisce di comprendere la sofferenza della figlia e la sua incapacità di convivere con una verità enorme che inevitabilmente finisce per cambiarti, mentre Paige non è ancora pronta a quel cambiamento. La telefonata al pastore Tim, quel confessare in lacrime che i suoi genitori non sono americani ma russi, è la chiave di volta di tutta la stagione e probabilmente anche della prossima. Il segno di uno stravolgimento degli equilibri in cui la famiglia non è più porto sicuro ma un covo di menzogne e sospetti, dove la scelta non è più l’unione per essere forti ma l’individualismo per difesa, e di tal atteggiamento ne è simbolo il giovane Henry, il quale per tutta la stagione appare solo e abbandonato da tutti, che ha fatto della sua solitudine la corazza al malessere che avverte esserci nella sua casa e nella sua famiglia. Parallelamente, alla situazione familiare si affianca quella politica, dove sul finire dell’episodio ascoltiamo Reagan parlare di un Evil Empire che sembra preannunciare nulla di buono per il prossimo anno. La terza stagione di The Americans termina così, con un atmosfera cupa che grida incomunicabilità, sfiducia, frustrazione e dolore, ma che conferma l’eccellenza di scrittura di una delle migliori serie tv in circolazione e la bravura di attori perfettamente capaci di calarsi in personaggi dalle molteplici e tanto complesse sfumature senza  perdere il senso della loro interpretazione. L’unica critica che viene da fare è il poco spazio lasciato a Nina, quest’anno in Russia e parecchio in disparte rispetto agli eventi raccontati, ma confido in un suo grande ritorno nella prossima stagione, che potrebbe essere l’ultima ma ora come ora non voglio preoccuparmene.
Buona visione a tutti!
Gotham (2014- )

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