L’estate ci porta una delle serie più attese dell’anno, The Leftovers, un vero e proprio evento ancor prima di andare in onda. Forse saranno i nomi che l’anticipano, sia alla sceneggiatura – con Tom Perrotta, autore del libro da cui è tratta la serie (in Italia il libro è pubblicato da Edizioni e/o con il titolo di Svaniti nel nulla), e lo showrunner Damon Lindelof, già tra gli sceneggiatori principali di Lost (a cui, pare, dobbiamo l’idea del fumo nero e buona parte del finale) – che per quanto riguarda gli attori, tra cui spiccano Justin Theroux, per i gossipari noto come il fidanzato di Jennifer Aniston, ma è anche lo sceneggiatore di Iron Man 2, e la bella Liv Tyler, che ha lasciato le orecchie a punta da elfo nel cassetto e, dopo un periodo lontano dallo showbiz per stare vicino al pargolo, riparte dalla tv. Oppure, potrebbe essere per l’atmosfera misteriosa che molti hanno paragonato a Twyn Peaks – dovuta alla storia alla base delle vicende narrate, che vede gente sparire nel nulla senza alcuna ragione logica, e di misteri che siamo sicuri resteranno tali – e per le tematiche legate alla perdita e alla riflessione sulla vita e la morte, così in voga tra le serie televisive degli ultimi tempi, pensiamo, ad esempio, a show come Resurrection. Insomma, i motivi potrebbero essere molti. Quello che sappiamo è che The Leftovers è una serie dalle grandi promesse e ambizioni, dalle dinamiche nebulose e surreali e dalla prospettiva insolita, apparentemente già vista, ma che in realtà può andare oltre, molto oltre, e aprire nuove insospettabili strade.
The Leftovers parte da un evento tanto misterioso quanto angosciante. Il 2% della popolazione mondiale sparisce all’improvviso, letteralmente smaterializzandosi senza un motivo che risponda alla logica o ad alcuna legge fisica. La scomparsa genera il caos in tutto il mondo e molti la collegano a una delle predizioni presenti nella Bibbia, denominata “Rapimento della Chiesa”, secondo cui le persone scomparse sono state scelte da Dio per essere salvati e vivere nella sua grazia. Molti altri non accettano una tale versione dei fatti e cercano un’altra ragione, sebbene nessuno sappia nulla delle persone scomparse, né scienziati, ne capi di governo e neppure capi spirituali delle varie confessioni. L’azione si sposta subito a tre anni dopo la sparizione, mentre lo spettatore viene mitragliato dalle voci dei notiziari che tentano di farci il punto della situazione, pur lasciandoci nella confusione e interdizione più totale, e ci ritroviamo a Mapleton, piccola cittadina del New Jersey che pare sia stata particolarmente colpita dal “Rapimento”.
Facciamo così conoscenza di Kevin Garvey (Justin Theroux), capo della Polizia di Mapleton, e della sua famiglia. Sarà proprio la famiglia di Kevin la cartina tornasole con cui immergerci nella vita della cittadina completamente stravolta dall’evento. Quello che non ci aspettiamo è, tuttavia, una confusione visiva che ci trasmette un altrettanto smarrimento emotivo. Scene tra passato e presente si affastellano per presentarci una condizione presente quanto mai disarmante. La moglie di Kevin, Laurie (Amy Brenneman), in seguito a una crisi dovuta al Rapimento, abbandona la famiglia per unirsi ai Guilty Remnant, “I sopravvisuti colpevoli”, che hanno fatto del loro essere rimasti su questo mondo una colpa da espiare attraverso il rifiuto della parola, l’abbandono di ogni abitudine della loro vecchia vita, anche quelle più salutari, sottolineata dall’obbligo che gli adepti hanno di fumare come ciminiere, il vestirsi con tute bianche e tutte uguali, per mettere in evidenza una condizione che accomuna tutti coloro che non sono scomparsi, condizione in cui ogni differenza non ha ormai più alcun significato. Anche il figlio Tom (Chris Zylka) si è avvicinato a una setta, guidata da un misterioso guru, ha abbandonato il college e non parla con suo padre da mesi. L’unica persona rimasta accanto a Kevin è la figlia Jill (Margaret Qualley, la bellissima figlia di Andie MacDowell), la piccola di casa che si ritrova a dover convivere e crescere con una situazione familiare completamente stravolta, al punto che, sebbene nessuno dei suoi cari sia realmente scomparso, anche lei può essere considerata vittima del Rapimento.
Con una tale situazione alle spalle, Kevin cerca di andare avanti come può, sebbene continui a scontrarsi con ciò che è stato, non riuscendone mai a venirne a capo, sia nel suo lavoro – e in tal senso va vista la reazione violenta alla parata nel Giorno degli Eroi quando, al tentativo della popolazione di Mapleton di superare la scomparsa dei loro cari con una giornata a loro dedicata, si contrappone la protesta silenziosa dei Guilty Remnants – sia nella sua vita privata, dove la comparsa dell’uomo senza nome che dà la caccia ai cani dai padroni scomparsi diventa valvola di sfogo ma anche l’ennesimo mistero irrisolto con cui avere a che fare, e forse, grazie al quale non pensare più a tutto il resto.
Accanto a Kevin e la sua famiglia, la figura di Meg Abbott, interpretata da Liv Tyler, il cui ruolo non è ancora del tutto ben chiaro e l’unica cosa che sappiamo con certezza è che i Guilty Remnants cercano di reclutarla tra le loro schiere a tutti i costi.
Ancora Guilty Remnants. Gli inquietanti uomini e donne in tuta bianca, che percorrono silenziosamente le strade della città alla ricerca di nuovi adepti e con il compito di perpetrare la memoria, sono probabilmente la chiave per capire l’intero show e ciò che la rende particolare. The Leftovers, lo si può capire già dal titolo, non indaga sul mistero della scomparsa, non si preoccupa dei “rapiti”, o perlomeno se ne occupa solo in parte, perché i veri protagonisti sono loro, quelli rimasti, amici e parenti degli scomparsi che devono fare i conti con il dolore per l’abbandono, il distacco e l’impossibilità di dare una spiegazione razionale a questa perdita, la quale diventa ingestibile e spinge i superstiti a reagire nei modi più diversi, dall’accanimento religioso all’incapacità di darsi pace. Ma accanto al dolore, il sentimento più forte che emerge è quello della rabbia, una rabbia sorda e cieca, dettata dall’insensatezza di ciò che è avvenuto, che rende imperscrutabile tutto ciò che verrà dopo. Come dice il tagline della serie, lo stato di grazia è finito. E il non sapere cosa ci sarà in questo mondo post-apocalittico non fa che rendere l’atmosfera più angosciante che mai.
The Leftovers, prodotta da HBO, in onda negli Stati Uniti dal 29 giugno e in Italia dal 3 luglio su Sky Atlantic, è una serie che non passa inosservata, dalla scrittura corposa e pesante, tutt’altro che facile da seguire, dai dialoghi secchi, fatti di frasi interrotte, parole non dette, lunghi silenzi, dai personaggi tormentati e straziati dalla mancanza di speranza, ormai tramutata in rabbia e dolore. L’effetto prodotto è quello di generare una profonda inquietudine nello spettatore, a cui è impossibile rimanere indifferenti, ma anche di intrigarlo con un ventaglio di possibilità decisamente ampio. Ormai tutto può succedere.
Chi ama il mistero e le situazioni ai confini della realtà con The Leftovers potrebbe aver trovato pane per i suoi denti, ma la serie può essere seguita anche da tutti gli altri, per quel sondare nell’animo umano che porta a galla ataviche paure, ma anche turbamenti, timori e sentimenti con cui tutti prima o poi avremo a che fare, per quella comunanza di emozioni con cui ci ritroviamo a pensare che, un giorno, anche noi potremo essere “quelli lasciati indietro”.