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Sfogliando i giornali stamattina, ascoltando ieri in tv la "piena" di parole sul ricordo di Francesco Cossiga, mi ha colpito una frase scritta dal presidente picconatore nella lettera inviata al presidente del Senato: "confermo la mia fede civile nella Repubblica, comunità di liberi e uguali e nella nazione italiana che in essa ha realizzato la sua libertà e la sua unità". Così come è tornato a galla un termine che sembrava desueto "servitore della Repubblica".
Cossiga è stato un personaggio contestato, con idee spesso non condivisibili, di quelli, però, che sapevano dimettersi al momento giusto, di quelli che sapevano cosa è il senso del ridicolo ("Se Berlusconi è il nuovo De Gasperi io sono il nuovo Carlo Magno") e il senso dello Stato (talvolta padre, altre manganellatore). Mi chiedo quanti oggi, in uno scenario politico tutto sommato desolante, possano fregiarsi senza cadere nel ridicolo del titolo di "servitore dell'Italia".
Un titolo che Cossiga ha interpretato nel bene e nel male, ma mi chiedo cosa sia meglio: un servitore della Repubblica" o "un servitore del proprio portafoglio, della propria cricca, dei propri interessi"?
Il dibattito è aperto... commentate, gente, commentate.
Un'intervista