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Servizio Pubblico berlusconico: considerazioni e riflessioni

Creato il 12 gennaio 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

corrieredi Guido Mattioni. La sola cosa che mi ha francamente irritato, al termine della puntata storica di Servizio pubblico in cui Silvio Berlusconi è sceso nell’arena televisiva del matador  Michele Santoro – coadiuvato dal picador  MarcoTravaglio e dalle due banderilleras Luisella Costamagna e Giulia Innocenzi (ma perché “indossano” sempre entrambe quel piglio arcigno e saccente da maestrine?) – è stata la considerazione che proprio quella stessa mattina avevo versato lo sgradevole obolo di euro113.50 per il canone Rai. Questo per dire che da utilizzatore omeopatico della televisione (la tv la preferisco spenta, anche perché il nero va bene su tutto), io quei 113.50 euro li avrei versati volentieri a La7 per assistere una tantum, pagando on demand, anche al solo grande spettacolo andato in scena ieri sera.

Sì, mi sono davvero divertito come si può divertire uno che, non tifando per nessun atleta nemmeno nello sport, ha potuto seguire il confronto con il sereno e lucido distacco di chi parte sempre e comunque dalla premessa che “vinca il migliore”. Per godersela e basta, insomma. Per assaporare il cosiddetto “gesto sportivo”, nel senso della prestazione fine a se stessa, che sia la plasticità di un salto in alto o l’armonia di una stoccata di fioretto. E a mio avviso ieri sera è stato pareggio. Un gran bel pareggio, però, nulla a che vedere con quello che invece, nell’orrido e sub-culturale gergo del pallone (dove conta solo la vittoria o la sconfitta, a seconda dell’occhio di chi guarda) viene liquidato con disprezzo come “risultato a occhiali”.

Certo, sia Berlusconi sia Santoro hanno di tanto in tanto un po’ strafatto, hanno ceduto qua e là alle loro rispettive debolezze umane e/o fissazioni personali: il vittimismo giudiziario il primo e il monumentale e cotonato Ego il secondo; l’ormai ridicolo accenno a un comunismo scomparso perfino in Cina dell’uno e il compiacimento giustizialista dell’altro; l’auto-piacioneria ostentata e “lampadata” il cavaliere e l’arroccamento rabbiosamente corporativo di categoria il presentatore. Al di là di tutto questo, quella andata in onda ieri sera è stata comunque, senza alcun dubbio, grande televisione. E unicamente grazie a due autentici “mostri” dello spettacolo televisivo, a due pezzi da novanta dello schermo che hanno tenuto sempre elevata la tensione e l’attenzione grazie anche a una fisicità che, seppure in due modi e con due “linguaggi” differenti, li accomuna. Al punto da aver fatto sparire, ieri sera, lo stesso Travaglio, apparso in questa occasione eccessivamente rigido in quanto legato in modo ormai indissolubile al suo compitino da leggere. In altre serate quei suoi j’accuse funzionano, perché a prescindere da come uno la pensi sono sempre ben scritti e letti con altrettanta incalzante e ritmata abilità.

Considerati i due nomi in cartellone, ieri sera mi ero ritrovato a essere forse uno dei pochi italiani che avrebbero vinto la scommessa sul fatto che il Cavaliere non avrebbe mai e poi mai abbandonato stizzito la trasmissione così come ci aveva abituato a fare in altre occasioni come coup de theatre. Intorno a me sentivo dare quasi per certa questa ipotesi. Invece ero sicuro che no, perché sarebbe stato troppo facile, troppo banale, troppo scontato. Sapevo che Santoro avrebbe fatto di tutto per evitare questa conclusione in quanto lo spettacolo dal suo punto di vista doveva essere il “nemico pubblico numero uno” inchiodato lì, a friggere su quella sedia scomoda fino alla fine. Mentre ero altrettanto certo che dal canto suo Berlusconi ieri sera non se ne sarebbe mai andato, qualsiasi cosa fosse successa.

Su questo punto ci avrei giurato fin dall’inizio. Perché era stato il Cavaliere stesso a chiedere ospitalità in quell’arena – la più seguita perché di norma quella dove corre più sangue grazie alla indiscutibile bravura e professionalità del matador Santoro – ma forse ancor più sicuramente in quanto essendo anch’egli, tanto quanto Santoro, un autentico “animale” della comunicazione (sono entrambi creature impastate di comunicazione) non si sarebbe mai perso l’occasione ghiotta di essere lui “la” Notizia. Che, come si dice in gergo giornalistico, si ha quando “l’uomo morde il cane” e mai viceversa, in quanto consiste appunto nell’eccezionalità dell’avvenimento, nella sua non prevedibilità. E la Notizia, ieri sera, per il Cavaliere, doveva essere appunto la sua permanenza fino all’ultimo nello studio di Santoro proprio in quanto tutti si aspettavano il contrario.

Altra considerazione. Se Berlusconi seguisse sempre e soltanto il proprio istinto e non desse invece retta (come invece spesso fa) ai consigli pavidi di certi suoi consiglieri intimamente “schiavi”, dovrebbe evitare come la peste di frequentare nel futuro quei salottini televisivi compiacenti nei quali gli consentono di esibirsi in monologhi ripetitivi in cui lui può snocciolare la sua sbobba propagandistica – ripetitiva, sempre la stessa – senza correre il rischio di essere interrotto. I voti li perde proprio in quelle circostanze tediose, fatte di sorrisi a 32 denti suoi e di salivatissime slinguate da parte di chi finge – per piaggeria – di intervistarlo. I voti li guadagna invece nelle arene come quella di ieri, dove è costretto a caricare e a incornare a testa bassa per difendersi.

Il suo pubblico di fedelissimi “a prescendere”, quelli del “per fortuna che Silvio c’è”, quelli che qualunque stupidata lui dica o qualsiasi porcata possa aver fatto lo voteranno sempre e comunque, non si sposta nemmeno di un’unità. Quelli sono e quelli votano, il problema di decidere o di scegliere non se lo pongono nemmeno. Mentre lui, specie in questa stagione nella quale a voltargli le spalle sono anche quegli stessi piccoli imprenditori che lui ritiene invece erroneamente di rappresentare per investitura divina, deve conquistare gli incerti di sempre e soprattutto ri-conquistare quelli che incerti lo sono diventati (in un Paese di famiglie con figli laureati precari o senza lavoro non puoi vantarti pubblicamente di mantenere a 2500 euro al mese 40 squinziette prive di ogni abilità, se non una sola).

Così ieri, sera, paradossalmente, Santoro ha fatto in questo senso un gran regalo al cavaliere perché sono certo che pur continuando a fargli la tara per mille e un motivo, e tutti più che validi, saranno stati molti gli italiani di orientamento moderato e conservatore che avranno spento a notte fonda il televisore riscoprendosi meno incerti di prima. Dicendo alla moglie, o anche soltanto a se stessi: “Beh, sai che c’è? Meglio lui di Monti”.

Featured image, homepage del Corriere della Sera la sera del 10 Gennaio 2013.

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