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Servizio Pubblico – La “piazza” Fincantieri (810 Euro al mese) non la manda a dire, Travaglio contro le lacrime di “coccodrillo” della Fornero-Rottermeier e tutto sull’accordo Bindi-Bersani…

Creato il 30 marzo 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Servizio Pubblico – La “piazza” Fincantieri (810 Euro al mese) non la manda a dire, Travaglio contro le lacrime di “coccodrillo” della Fornero-Rottermeier e tutto sull’accordo Bindi-Bersani…di Rina Brundu. Se otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorare, e sentirete la differenza, di lavorar e di comandar”.  Forse ispirata da questa gloriosa canzone delle mondine in protesta, canzone che ha fatto da sigla iniziale al programma, è fuor di dubbio che ieri sera la “piazza” Fincantieri (810 Euro al mese + famiglia a carico + conto del dentista per la prole) si sia fatta sentire nel Servizio Pubblico di Michele Santoro. “Siete tutti delle m….! Ci state uccidendo!” ha gridato l’esacerbato lavoratore di turno. E per tutti pareva intendesse proprio tutti: politici, giornalisti, finanche il mero passante più incauto. Di converso, l’atmosfera nello studio era greve quando non grave, e si faceva rimpiangere il fantasma del ruspante Antonio Di Pietro che solo una settimana prima aveva illuminato la puntata da par suo.

Che forse l’argomento, “Lo stato sociale”, era sicuramente di quelli che inducono maggior cautela, ma forse forse anche gli interventi degli ospiti di turno mancavano della solita brillantezza e incisività. Così, ad una pasionaria Rosy Bindi che non perdeva occasione per rimarcare come le “colpe” dello sconquasso presente fossero tutte del dimissionario governo Berlusconi, faceva da contrappunto un Luigi De Magistris retorico, arroccato sulle sue posizioni, a volte marxista-gramsciano a volte desaussuriano, impegnato a far le pulci alle scelte di linguaggio del Ministro del Lavoro (per inciso, il linguaggio forneriano è stato definito crudo in quanto la Fornero non userebbe mai i termini lavoratore o lavoratrice) e battezzato there-and-then da Michele Santoro il “vero” leader dell’opposizione a Monti.

A ben guardare due sono state le tematiche davvero importanti emerse durante la lunga discussione. Prima di tutto la denuncia “politica” della crescente insofferenza alle ambizioni del montismo più decisionistico e manageriale – vedi le ultime dichiarazioni del Premier in quel d’oriente all’insegna del “Meglio noi dei Partiti!” – evidentemente non troppo gradite all’establishment istituzionale (in senso lato) tradizionale e a Rosy Bindi in particolare. Per la sinistra prove tecniche di elezioni politiche senz’altro, ma prove tecniche pur sempre inficiate dagli eterni conflitti et dubbi amletici interni: continuiamo ad andare al traino della CGIL o decidiamo di appoggiare Monti con convinzione varcando il fatale spartiacque una volta per tutte? E che cos’è sinistra oggidì? Che leggendola così ti verrebbe prue da scrivere che sinistra-oggidì è un apostrofo rosso (o quasi) tra le parole t’amavo pio Gramsci. Che questo l’ha capito pure la Bindi è infatti per imbrogliare il dubbio (e lo spettatore, futuro elettore, indeciso et ancor meditabondo) si è affrettata ad ammonire in maniera pressoché chiara: “Non pensi Monti di fare senza il PD perché non andrebbe troppo lontano!”. E così dicendo ha pure specificato che Bersani è d’accordo, come a dire che i miracoli qualche volta accadono e non tutto è conflitto neppure all’ombra delle querce perenni.

Il secondo tema degno di nota è stato, a mio avviso, proprio la difesa ad oltranza et appassionata del famigerato Articolo 18 fatta dal sindacato e dagli operai imbestialiti e preoccupati per il loro status occupazionale corrente e futuro. In particolare l’accento che è stato messo sulla possibile miscela esplosiva che si andrebbe a generare con la modifica o cancellazione di quell’articolo, la contestuale riforma delle pensioni e il taglio degli amortizzatori sociali. Parafrasando il George Clooney più “impegnato” la lezione che se ne traeva era più o meno sulla falsa linea del no Articolo 18, no Party… pardon, no Articolo 18 no democrazia in fabbrica! Sarà forse pure per questo che comparate a quelle italiche le leggi di tutela del lavoro della Crante Cermania hanno brillato di luce propria per tutta la serata, che però il dubbio a volte ti prendeva comunque e ti veniva da chiederti se anche negli anni ’30 fossero risultate un modello così vincente da imitare…

Che poi è stato il turno di Travaglio e per la Fornero, deus-ex-machina di tanto sconquasso sociale, no way out! Con il solito ritmo implacabile il giornalista de Il Fatto ha infatti proceduto a sciorinare tutti i “capi d’accusa” contro l’incauto servitore-tecnico dello Stato, la quale in tempi non sospetti si sarebbe presentata da Vespa (sarà stata la location?) ad affermare: “Non ho mai visto quell’Articolo!”. Insomma, nulla sacciu, nun c’ero e se c’ero dormivo! Bugia! Prova ne sarebbe stata la successiva e sistematica smentita del Premier, sempre da Vespa, sulle reali mire del montismo in merito al fatale articolo. Così, tra una white-lie e l’altra, le lacrime della Fornero sono diventate lacrime di coccodrillo e la stessa ministra una sorta di signorina Rottermeier ante-litteram: “Noi (i.e. i salvatori “tecnici” della Patria) siamo stati chiamati qui perché c’era un lavoro da fare non per distribuire caramelle…”. Insomma, dai faticosi canti delle mondine alle sempreverdi strofe di Heidi riadattate per la grande occasione e da ri-leggersi all’incirca così: “Elsa, Elsa, ti sorridono i Monti….”. Almeno quelli! Pardon, SOLO quelli!

Featured image, collage da Servizio Pubblico.


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