Sulle note della canzone del Piave, Santoro nella scorsa puntata, ha risposto a tutti "i patrioti" che dopo l'ultima puntata di Servizio Pubblico con Santoro l'hanno accusato ai ver aiutato Berlusconi, di aver abbandonato l'antiberlusconismo, di essere scappati dal nemico.
Di aver tradito il buon giornalismo in favore dello share, per guadagnare di più.
I titoli dei giornali di sinistra uguali a quelli di destra (così anche Saviano si accorgerà del fango di sinistra).
Alla fine, si scopre che è tutto falso. Ma bisogna aspettare Pagnoncelli, a Ballarò, che afferma che solo il 13% degli intervistati al suo sondaggio afferma che B. ha recuperato credibilità politica.
E allora, come mai se Santoro è così fondamentale per spostare voti, per la politica, è stato cacciato dalla Rai?
Agli arditi dalla penna blu, con la penna in bocca, Santoro ha risposto che la sua puntata è stata un trionfo della democrazia, perché al suo ingresso B. non ha ricevuto insulti.
“Il generale Bersani dice che noi dovevamo dire di no a Berlusconi, così certificavamo che non siamo giornalisti né servizio pubblico, ma suoi addetti stampa”.
Sulle regole concordate: “Erano di comportamento: qui si parla di tutto senza conoscere niente, ma non si entra nelle dinamiche processuali. Questi colleghi la conosco la par condicio? Le regole non sono patti segreti. Ma per Repubblica c'è stato un compromesso. E così Roberto Saviano saprà che c'è il fango di destra e di sinistra”.
Sullo share: “Abbiamo un contratto che ci premia per il nostro prodotto, non me, ma l'intero prodotto sino al 12% di share e il 12 è la media esatta delle nostre puntate. Piove, Santoro ladro”.
Il conduttore ha pure ricordato l'articolo del Guardian che ha scritto "B. ha perso su molti fronti ed è stato messo sulla difensiva". Bisogna andare all'estero per trovare articoli obiettivi?
Cosa bisognava fare? Chiamare un Rambo per farlo fuori giornalisticamente?
Alla fine, dalle domande dei giornalisti in studio è emerso che il complotto delle banche tedesche non è esistito. Ma i giornali non l'hanno scritto.
Ancora questa volta per queste elezioni, i generali Bersani e Grillo rimarranno al riparo e non si sporcheranno col fango delle trincee: "La guerra è scoppiata ma loro la vinceranno lo stesso anche questa volta".
Ospiti della trasmissione, il segretario della Fiom Landini, l'eurodeputato della Lega Salvini e il presidente della camera Gianfranco Fini, che ha spiegato la storia della sua cacciata dal PDL, nella primavera del 2010 ("cosa fai, mi cacci?").
Le ragioni della sua cacciata erano legate ad una diversa visione politica del PDL: la democrazia interna, la condizione reale del paese ("i ristoranti pieni"), la totale insensibilità del PDL sul tema della legalità.
Io non ho mai tramato contro Berlusconi - ha detto Fini - e certe cose gliele ho dette in faccia.
E B. mi ha contestato il diritto di avere delle opinioni contrastanti: è un personaggio contrastante, a 2 facce. Per raggiungere i suoi obiettivi è capace di tutto.
Col mio gesto - è sempre Fini a dirlo - ho dimostrato che il re è nudo.
E' grazie a Fini che non si è arrivato a completare la riforma della giustizia secondo il modello "sartoriale" di Berlusconi. La legge bavaglio sulle intercettazioni. Se non si è arrivati ad un modello istituzionale più simile alla Bielorussia che ad una democrazia.
Dove il capo ha il consenso del 99% della popolazione.
Fini si è tolto un peso sulla coscienza, e anche grazie alla sua fuoriuscita che il governo del cavaliere è andato a casa. Meglio tardi che mai, come gli ha ricordato anche Travaglio nel suo intervento.
Dopo i due lodi anticostituzionali, i condoni, le leggi vergogna.
E sulle sue non dimissioni da presidente della Camera? “Non mi sono dimesso perché ci sarebbe stato un ulteriore colpo alle istituzioni”.
E' toccato poi a Salvini rispondere, l'esponente della Lega ha messo le mani avanti: a lui non interessa parlare di Ruby e dei processi di B. Alla Lega interessa del nord, dei lavoratori del San Raffaele, del 75% delle tasse al nord.
Certo, sarebbero più credibili se fossero arrivati dalla luna , i padani. Anche loro hanno votato per Ruby nipote di Mubarak. Loro governavano la Lombardia mentre succedevano gli scandali nella sanità (che ora sono i lavoratori a pagare).
Sul progetto del federalismo, si sono scontrate le due visioni: quella della Lega (che si ispira al modello Svizzero e tedesco) e quella di Fini e di parte della destra.
I soldi ci sono dice Salvini: la tassazione sulla prostituzione e sulle slot machine.
Col federalismo si darebbero maggiori responsabilità di spesa alle regioni, come la Lombardia che prende dallo stato meno di quello che da.
Certo, se poi i responsabili spendono i soldi pubblici per giochi elettronici e matrimoni, è un altro discorso...
Il modello Pomigliano e Monti: con Landini siamo tornati coi piedi per terra, sul tema del lavoro. Partendo dal video con l'intervento di Monti a Pomigliano, con a fianco Marchionne.
“La Fiat è lo specchio dell’Italia.” ha chiesto Santoro al sindacalista.
Speriamo di no - la risposta. A Pomigliano scatteranno altri due anni di cassa integrazione, si produranno i Suv (che si venderanno in Italia?) mentre le nuove tecnologie vanno in america. A Pomigliano si è firmato un accordo che lascia fuori dall'azienda 2300 lavoratori. E ci sono ancora le aziende chiuse di Termini, dell'Iris bus. Marchionne ha già chiuso stabilimenti, anche grazie alla debolezza della politica.
L'Italia rischia di diventare una succursale della Chrysler.
Landini ha anche voluto ricordare le sentenze che condannano la Fiat per comportamenti antisindacali: incompatibili per un presidente del Consiglio che ha giurato sulla Costituzione.
Travaglio: “Fini e lo Stato Montificio”
Qui gli altri interventi della puntata.
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