Servizio pubblico: pronto, presidente?

Creato il 07 dicembre 2012 da Funicelli
L'esito della primarie che ha “incoronato” Bersani leader della coalizione del centrosinistra (e ora le elezioni le può solo perdere).
La decisione della Corte Costituzionale sul conflitto tra Quirinale e Procura di Palermo.
La ridiscesa in campo del cavaliere e la probabile crisi del governo tecnico (ieri il PDL non ha votato a due votazioni con la fiducia). I mercati che ritornano ad agitarsi. E, in fondo è quello che dovrebbe importare più di tutti, un paese che non gode della fiducia dei suoi amministratori. Studenti, pensionati, metalmeccanici che sono scesi in piazza a reclamare equità, rispetto, diritti.
Nell'anteprima della puntata, che aveva a tema la trattativa stato mafia (con due ospiti di eccezione Ingroia e Mannino), Santoro ha commentato l'editoriale di Scalfari dopo la decisione della Corte.

Le ragioni del diritto erano evidenti”, ha scritto il giornalista, secondo cui i giornalisti, i politici, i giuristi che hanno sollevato critiche per il comportamento del presidente sono eversivi, quasi “fascisti di sinistra”. 

Loro, non Berlusconi che fa traballare Monti e i mercati. Torna l'idea che senza Grillo, Travaglio e altri, ci sarebbe un futuro radioso. Senza di loro, ci sarebbe qualcuno che si chiede se in una repubblica democratica e seria, è consentito ad un ex politico potente di telefonare al presidente della repubblica per mettere in riga i magistrati? Se questo è il futuro, togliamo la scritta “la legge è uguale per tutti” dai tribunali.
Intanto nel paese .. I tagli a scuola e sanità: per cui entri in un Pronto Soccorso e trovi gente sulle barelle da giorni. E i privilegi della casta: come le scorte e le auto blu. 560 scortati, 700 auto, 2000 uomini impegnati. Un costo, mai dichiarato ufficialmente dal ministero, di più di 250 ml l'anno. Il ministro Severino con la scorta in vacanza. La Finocchiaro con la scorta nell'Ikea. Taormina che non è più sottosegretario, pure lui con la scorta, come anche Bertinotti. Lo consente la legge, non lo decido io … Da ieri so che la scorta l'ha anche Vespa, ma solo a Roma. Berlusconi ha un furgone e due auto: i membri della protezione arrivano, per chiamata diretta, dai servizi. Un costo di 2 ml l'anno. Solo Mastella, l'ex ministro, gira la città in taxi.
Oggi, diceva un agente a Dina Lauricella, girano più scorte che volanti a Roma. E di scorta, ne avrebbe bisogno più Grillo che altri ..
La situazione politica.

A discutere di queste ultime settimane di governo tecnico, Paolo Mieli, Calogero Mannino, il sindaco De Magistris: le parole di Passera, la polemica in aula di Cicchitto (che l'ha chiamato “torello”), Berlusconi che si ricandiderà (e i mercati che non l'hanno presa bene).
Paolo Mieli ha spiegato come obiettivo del PDL (che non ha gradito nemmeno la legge sull'incandidabilità) sia il mantenimento del porcellum: per far saltare l'approvazione della legge, serve creare una crisi di governo. In questo modo, si riuscirebbe a votare assieme regionali e nazionali a febbraio. 
Ci saranno 4 protagonisti alle elezioni: Bersani, Grillo e il M5S, PDL e Lega assieme e questo “essere misterioso” che è il centro.
L'ex ministro Mannino ha fatto i complimenti a Bersani che con le primarie ha fatto un'operazione più allargata, arrivando a costruire un partito social-democratico. Un passo avanti, rispetto al 1994 di Occhetto e Berlusconi. 
Luigi De Magistris ha voluto ricordare che in realtà, lo spazio è più ampio, specie se Bersani andrà con Casini. Scalfari scrive che sono eversivi quelli che difendono la Costituzione: a sinistra c'è spazio per chi vuole difendere la legge, la Costituzione dalle cricche.
Le intercettazioni Mancino-Napolitano.

Comunque la si pensi, ascoltando il testo delle telefonate tra Mancino e Loris D'Ambrosio, rimane una sensazione strana. C'è qualcosa che non torna: ci si è soffermati solo sulle prerogative del Colle, ma quando l'ex ministro dice al consigliere che vorrebbe “evitare che fosse accolta l'istanza di un confronto con Martelli”, passa l'idea che c'è un ex potente, che intende scavalcare leggi e procedure. Quando il PG della Cassazione dice “io sono a sua disposizione”, sta andando oltre il suo mandato.
Ingroia, lei sente eversore? - la domanda al procuratore oggi in Guatemala.
“Io mi sento un magistrato che ha applicato la legge e si è attenuto al rispetto delle regole e della Costituzione”. Noi, ha continuato Ingroia, ci siamo fatti carico di una responsabilità in più istituzionale: abbiamo messo in atto tutte le cautele per evitare che le intercettazioni con Napolitano venissero fuori. Se avessimo invece messo in atto il procedimento di distruzione c'era il rischio che trapelassero.
Perché ha parlato di decisione politica? Perché se davvero la Corte avesse afforntato la questione giuridica, che c'è, perché c'è oggi un vuoto legislativo, la corte avrebbe dovuto intervenire sulla legge. Sembra invece che avesse l'obiettivo di bacchettare la procura di Palermo. Dove oggi Gip e pm sono in una situazione di stallo: come a dire che la Corte non ha fatto chiarezza.
Anche il vicedirettore de Il fatto, Marco Travaglio ha commentato la sentenza ricordando che anche un costituzionalista come Cordero ha spiegato che non esiste legge che vieta quella che han fatto a Palermo. D'altronde basta leggere il comunicato all'Ansa, che ricalca quello scritto dall'avvocatura: “non poteva non omettere di chiedere ...”. Che è diverso dal dire “la procura dove chiedere di distruggere”. E se poi il Gip avesse deciso di non distruggere? Parliamo di intercettazioni legittime, in un c'è stato un ascolto casuale del Presidente della Repubblica.
Non è la prima volta che un capo della stato viene ascoltato: è successo nel 1993 con Scalfaro, intercettato dal pool di Milano. Intercettazioni pubblicate da Il giornale. È successo nel 2009, con Bertolaso che dopo il terremoto all'Aquila chiamava Napolitano. Intercettazioni depositate al processo di Perugia. Ora invece scoppia il casino: forse perché l'inchiesta parla di mafia e politica? Cosa si dicono in quelle intercettazioni?
La trattativa c'è stata. Che ci sia stata una trattativa, non presunta, lo dice una sentenza passata in giudicata (quella contro il boss Tagliavia). Ma lo dicevano già le parole dell'ex generale Mori, chiamato a Processo. Quando incontrò don Vito Ciancimino, dopo le bombe di Capaci, per dire “ma cos'è questa storia .. non si può parlare con questa gente?”.

Sono queste le persone che dovrebbero sovraintendere alla nostra sicurezza?

La contraddizione di Ingroia. La giornalista Luisella Costamagna ha domandato conto, al pm in collegamento, del suo commento. Quando ha parlato di “sentenza politica”. Può un magistrato usare le stesse formule di Berlusconi, quando anche lui attaccò nel passato la Corte Costituzionale?

Il magistrato di Palermo ha risposto spiegando che le sentenze vanno rispettate tutte, anche quelle che non si condividono. Ma il diritto di critica è diverso da quello di invettiva.

Ingroia ha letto, a suo tempo, le motivazioni di Zagrebelsky, quando criticò la decisione di sollevare il conflitto: perché avrebbe indebolito la stessa corte. Se avesse dato torto al presidente ci sarebbe stato un caso istituzionale, se gli avesse dato ragione, sarebbe stata accusata di cortigianeria. Ingroia ha detto che la sentenza risente del clima politico attorno. Non colma un vuoto giuridico, ma sembra voler difendere il capo dello Stato e bacchettare la procura di Palermo.
Attorno a questa indagine c'è stato di tutto: Ingroia ha ricordato il pentimento di Gaspare Spatuzza che con le sue rivelazioni, di pochi anni fa, ha permesso di scoperchiare il depistaggio istituzionale sulla strage di via D'Amelio. Il falso pentito Scarantino, le persone condannate da sentenze passate in giudicato. Ed è venuta fuori anche la storia della trattativa: dietro le stragi c'erano uomini dello stato che cercavano una tregua con la mafia. Il movente della strage di via D'Amelio (dove morì Borsellino e la sua scorta) era che il giudice era percepito dalla mafia come un ostacolo alla stessa trattativa. Nel paese, dichiarazioni di principio a parte, l'inchiesta è stata accolta con molta ostilità. Si dice che i pm vogliono riscrivere la storia: il conflitto è stato usato per attaccare la procura di Palermo, rea di voler riaprire una ferita del paese (le bombe del 1992-93, la fine della prima Repubblica). Una ferita che non è stata ancora “pulita”.
Santoro ha trasmesso l'audio di una dichiarazione di Agnese Borsellino: in queste ha espresso “il diritto di manifestare il mio disdegno per un ex ministro che a più riprese non ha avuto scrupoli nel telefonare al capo della stato”. Si tratta di Nicola Mancino: “protagonista della triste storia è il signor Mancino abile a distogliere l'attenzione dalla sua persona”. La signora Borsellino chiudeva la dichiarazione con due domande pesanti: che ruolo investiva l'allora ministro Mancino? Perché Paolo disse, la sera dell'incontro al Viminale con Mancino (e Contrada), che aveva respirato aria di morte?
È toccato poi all'ex ministro Mannino raccontare la sua versione sulla trattativa (anche alla luce di quanto ha raccontato Ingroia nel libro “Io so”). “Non c'è un aspetto della trattativa che mi riguarda”. Non ha incontrato né Mori né altri del Ros: solo il maresciallo Guazzelli, che gli confidò di un possibile attentato sotto un tunnel.

Guazzelli fu poi ucciso dopo il voto, nella primavera del 1992. Mannino nega dunque il suo mettersi in moto, dopo l'omicidio Lima, per cercare di salvare la pelle.

Però il figlio del maresciallo dell'arma ha ricordato le parole del padre, quando diceva che dopo Lima sarebbe toccato a Mannino. Mannino che ha ricordato un incontro con Falcone, dei suoi timori dopo la conclusione del Maxi (che però avvenne nel gennaio 1992, mentre l'incontro è del settembre 91).
L'unico modo, per mettere fine a polemiche, dietrologie, conflitti, sarebbe quello di andare avanti col processo, per chiarire una volta per tutte cosa è successo tra il 1992 e il 1993. La fine della prima repubblica, le spinte secessioniste, l'ala golpista nello stato e nella massoneria. La mafia alla ricerca di una vendetta ma anche di nuovi referenti politici (“facciamo la guerra per fare la pace”). E forse è proprio per questo che, questo processo non si deve celebrare. Ci sono ancora troppe persone che hanno qualche scheletro nell'armadio?

L'intervento di Travaglio.
Le vignette di Vauro

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