Ma che questa sia la campagna-elettorale più comica di sempre non lo dice solo la presenza nella stessa di un comico quale leader di “movimento”, o la ritrovata verve d’avanspettacolo di Silvio Berlusconi. Udite, udite, adesso ci si è messo pure Eugenio Scalfari che – tra una lettura di Leopardi la mattina e una di Schopenhauer la sera – a forza di condannare l’Effetto-Santoro (vale a dire quella colossale balla mediatica – sbugiardata e ad un tempo propugnata dalla troupe di Servizio Pubblico – in virtù della quale la sola partecipazione a quel programma sarebbe stata la causa della rinascita politica del signore di Arcore), avrebbe ingenuamente trasformato Silvio Berlusconi e lo stesso Santoro in Totò e Peppino. Così almeno ha sostenuto il conduttore di Servizio Pubblico prima di mandare il grande vecchio del giornalismo italico… al cinema. O meglio, prima di rifirargli una seconda sonora stoccata invitando in studio il leader di Rivoluzione Civile Antonio Ingroia e dandolo in pasto alle pdielliche Mara Carfagna e Lara Comi in forma-politica smagliante, soprattutto la prima.
Usando una metafora calcistica, si potrebbe infatti dire che le due “donne del Cav” hanno marcato Ingroia a uomo, buttandosi su ogni occasione offerta su piatto d’argento e non perdonandogliene una. La Carfagna in particolare, dopo averlo ironicamente ribattezzato novello-Pericle, lo ha messo all’angolo con una serrata arringa che andava a giocare proprio in casa del magistrato, toccando l’importantissimo tema del “conflitto d’interessi” procurato dall’essere quella di Ingroia presenza ancora importante nel sistema giudiziario e ad un tempo probabile futura figura di spicco nel sistema politico-legislativo; e poi facendo le pulci alla sua lista del “rinnovamento” che in barba alla sua ragion d’essere vedrebbe i suoi rappresentanti emblematici in alcuni personaggi piuttosto “noti” quali Ferrero (ministro del Lavoro), Diliberto, Di Pietro e De Magistris. Il problema è che laddove non riuscivano le avversarie, Antonio Ingroia ci ha messo molto del suo per cadere nel pantano, mostrando ancora una volta una notevole mancanza di dimestichezza con date strategie dialettiche che restano comunque molto importanti per chiunque voglia fare politica. Imperdonabile, mediaticamente e politicamente parlando, anche il suo descrivere l’esperienza lavorativa in Guatemala come una posizione-ottima perché con gli incarichi delle Nazioni Unite si guadagna molto di più e perché colà si stava comunque lontani dalle beghe italiche….
Che a sentire parlare un Ingroia così ti viene pure da dare ragione a Bersani e la cosa è preoccupante in sé! Del resto Bersani meglio non menzionarlo a Servizio Pubblico dato che non si sarebbe neppure preso la briga di mandare una cartolina per declinare l’invito ricevuto! Sarà “la frittata” dello scandalo Montepaschi di Siena, sarà “il pasticcio” del fiato montiano sul collo, sarà il già citato Effetto-Santoro, sta di fatto che i falchi di sinistra sembrerebbero avere abbandonato in-massa il mitico Michele al suo “triste” destino mediatico. E ai suoi soliloqui. Fortuna che gli resta sempre il fido Travaglio, il quale tra una scudisciata alla “sporca trentina” pidiellica e una frustata ai candidati centristi e sinistrici in odore di “impresentabilità”, ha trovato anche lui tutto il tempo per punzecchiare la “campagna-elettorale” dell’Eugenio Scalfari inneggiante alle Liste Pulite del PD sul sacro suolo de L’Unità. O degli incerti del radicalchichismo a-tutti-i-costi in tempi di meri ecchisenefrega digitali!
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