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Servizio Pubblico – Straordinario Travaglio sulle orme della Christie: dall’analisi semantica del “pirla” al processo brevissimo. E sulla “terza via” di Di Pietro.

Creato il 23 marzo 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Servizio Pubblico – Straordinario Travaglio sulle orme della Christie: dall’analisi semantica del “pirla” al processo brevissimo. E sulla “terza via” di Di Pietro.di Rina Brundu. Bellissima puntata di Servizio Pubblico dedicata ad un amarcord dell’operazione Mani Pulite. In studio Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo, Clemente Mastella, Marco Travaglio e un ruspante Antonio Di Pietro fresco di nuove critiche a Monti. Ma anche un Antonio Di Pietro che, commentando quella storica operazione giudiziaria e i suoi moderni strascichi, lacrime agli occhi, ha subito confidato: “Se voi venite in Parlamento metà hanno problemi di giustizia metà sono i loro avvocati!”.

Risate in studio. Meno, molto meno, rideva Clemente Mastella pure lui parte dell’eccezionale cenacolo capitanato da Santoro. Di fatto, Mastella, già Ministro della Giustizia e del Lavoro dei vari governi Prodi, si guardava intorno incerto e ancora apparentemente incapace di credere alla “storiella” della disillusione del popolo-sovrano nei confronti dei partiti politici storici, disillusione che, per inciso, avrebbe portato alla caduta della Prima Repubblica. Secondo Mastella la “colpa” è stata dei magistrati del team Mani Pulite, i quali non avrebbero imbroccato, o compreso, la loro specialissima mission… E se invece l’avessero compresa perfettamente?

Schermaglie dipietriche e mastelliane a parte, il programma è stata una vera carrellata sui principali scandali politico-imprenditoriali che hanno costellato la storia repubblicana da Mani Pulite in poi, con particolare riferimento alle ultimissime in casa-Italia: dalle questioni che hanno coinvolto la dirigenza leghista, ai casi Lusi e Bisignani e via così… indagando. Del resto, guardando la scena socio-politica italiana da quella prospettiva, il messaggio che se ne ricavava era uno e uno solo: la piovra del malaffare che ha sedotto la Seconda Repubblica è senz’altro figlia della piovra del malaffare che a suo tempo aveva imbrogliato la Prima. Stessa farina dello stesso sacco. Italico.

Secondo Gherardo Colombo questo avviene perché nel nostro Paese vi è un problema culturale da correggere. La sua benemerita visione ideale recita dunque che non-ci-si-dovrebbe far “corrompere” perché si potrebbe incorrere in una azione penale ma perché farsi corrompere non è una “bella cosa”. L’establishment dovrebbe dunque “lavorare sugli italiani” per far passare questo messaggio. Buon lavoro! Promuovendo un approccio diverso, Piercamillo Davigo ha spiegato che gli italiani non sono diversi dagli altri popoli. Il problema, secondo lui, sarebbe un mero problema di regole. Di regole che… mancano o che comunque non sono degne di una nazione moderna e civile. Vedi, per esempio, la corrente normativa sulla prescrizione dei processi. In nessun luogo d’Europa, infatti, tranne in Italia e in Grecia, una volta che è iniziata “l’azione penale” i termini di prescrizione continuerebbero a restare in vigore. L’Italia e la Grecia dunque: certo che ne è passato di tempo dai giorni di Pericle!

Antonio Di Pietro, fedele al suo personaggio, lo ha invece ribadito chiaro et filosofico: il conflitto non è tra magistratura e partiti! Non sono i partiti che commettono reati ma gli uomini! Il leader dell’IDV si è quindi spinto fino ad ipotizzare che qualora si facesse anche in Italia – come già avviene in America – quel “test di integrità” in virtù del quale, appena eletto, un politico viene messo “alla prova sul campo” grazie all’ausilio di stratagemmi corruttivi vari e pilotati - le eventuali mazzette destinate al “politico” nel mirino se le involerebbero i promotori del test. Infine è stato ancor più lapidario: una volta – ha chiosato – un manigoldo ricercato aveva due vie da seguire: o consegnarsi alla Polizia o latitare. Da un dato tempo in poi le “vie” sono diventate tre. La terza? Farsi eleggere in Parlamento!

Come spesso avviene la ciliegina sulla torta del programma l’ha offerta Marco Travaglio. Una rassegna, la sua, spiritosa e quanto mai edificante, sui migliori “alibi” proposti, negli anni, da politici, imprenditori, uomini e donne delle più svariate “cricche” quando colti con le mani nel sacco e chiamati a risponderne. Dal mitico “mariuolo” di Craxi, riferito a Mario Chiesa, al “Così fan tutti” dello stesso Mastella, nulla, ma proprio nulla, è sfuggito all’acuta analisi travaglica. Il giornalista de “Il Fatto” ha preso tempo persino a spiegare le diverse declinazioni semantiche del termine “pirla” che se ai tempi del bossismo più rampante era sinonimo di “Pirla, ti sei fatto prendere!”, adesso sarebbe sinonimo di “Pirla, perché non rubi?”.

Una domanda – quest’ultima – amletica nella sua natura e che forse potrebbe pure essere responsabile per l’avere mosso a compassione l’animo dei corrotti e dei corruttori più impenitenti. Sarebbero infatti questi morsi-e-rimorsi della “coscienza” (ce l’hanno ancora?) che avrebbero infine portato al current-status-quo… ovvero, ai tempi della auto-certificazione dell’innocenza senza processo-ferire, senza se e senza ma. Della serie: sono innocente, Vostro Onore: punto e basta! Insomma, dal processo breve al processo brevissimo….

Featured image, collage fotografico dalla puntata di Servizio Pubblico “Le mani pulite”.


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