Licia Satirico per il Simplicissimus
Al Cortona Mix Festival Elsa Fornero si sfoga, dando una personalissima versione delle ragioni della sua impopolarità: non aveva previsto tanta cattiveria nei suoi confronti, forse perché donna. La ministra indeterminativa, che ha sempre rifiutato di essere chiamata col “la”, spiega che «c’è una struttura di potere ancora concentrata sull’uomo, sul maschio adulto». Dopo aver discettato sui maschi alfa, la titolare del dicastero del lavoro si è fermata davanti al gruppo nutrito dei suoi contestatori e ha minacciato di invitarsi a cena a casa uno di loro: «parliamo, io, lei e i suoi due bambini. E sono convinta di riuscire a farle capire un po’ delle nostre ragioni».
Mentre immaginiamo una cena forneriana a base di spaghetti al pomodoro, polpette e paccate di caramelle, con lacrime di ringraziamento e una certa flessibilità nella digestione di parole e pietanze, ci interroghiamo sul motivo per cui LaFornero si senta offesa in quanto donna, ma soprattutto sulla sua implacabile convinzione di avere ragione.
Le due questioni, in realtà, non sono pienamente sovrapponibili. La prima è particolare, tipica della fenomenologia di Elsa Fornero, la seconda è universale e accompagna come un mantra tutti i membri dell’esecutivo in carica: è il tentativo di convincerci che il massacro sociale è fatto nel nostro interesse, che il taglio delle nostre pensioni è un modo per garantirci il futuro, che la privazione del lavoro serve per creare lavoro, la negazione della sanità serve per abbattere le malattie e quella della cultura per evitare di pensare.
Ma torniamo al rovello eccellente della presunta discriminazione di genere e proviamo a tralasciare il problema culturale dei maschi dominanti, le dispute delle neuroscienze su intelligenza maschile e femminile o la distorsione dell’immagine della donna tanto cara alla nostra ministra del lavoro. Immaginiamo per un momento un ministro senza sesso, come gli angeli ma molto peggio: di norma, infatti, gli angeli non siedono nei consigli di amministrazione degli istituti bancari, nemmeno nei paradisi fiscali.
Proviamo ad attribuire al ministro asessuato una sanguinosa stangata pensionistica, una riforma che precarizza il lavoro distruggendone le garanzie e il più clamoroso pasticcio della storia previdenziale dall’unità d’Italia in poi. Proviamo infine a pensarlo uomo, fautore testosteronico del binomio austerità-ingiustizia (con o senza lacrime), smentito dall’Inps e ferocemente arroccato nella convinzione di essere nel giusto. L’unica deduzione che si ricava da tutto questo è che l’arroganza è un micidiale fattore di parità tra i sessi, e che il liberismo economico non assume veste più gentile se praticato da una professoressa piemontese che si lamenta della cattiveria del mondo.
Se le donne sono ancora estranee alle strutture di potere è perché è improbabile, ancora oggi e oggi più che mai, pensare a una donna più garantita e più libera, non sacrificabile, non precarizzabile. È difficile pensare che i tagli al welfare consentano alle donne di conciliare lavoro e maternità, eccellenza professionale e assistenza all’infanzia. L’equità forneriana rischia, senza opportune correzioni, di radicalizzare per sempre il binomio sposa/madre versus donna in carriera, limitando ancor più la presenza femminile in politica e nelle istituzioni.
Insopportabile retorica è dunque rifiutare di essere chiamate al femminile e lamentare discriminazioni in quanto donna, seppur donna alfa: è sancire, con la propria presenza e le proprie scelte politiche, le impari opportunità di questo paese. È forse influenzata dai cromosomi la scelta di mortificare i pensionati, di allungare la vita lavorativa rendendola fragile come un giunco, di pontificare sui salari minimi, sui miliardi che generosamente questo governo concede a noi mentecatti, sugli esodati che non sono poi così tanti e si arrangeranno? Non c’è nulla di femminile in tutto questo, e lo rivendichiamo orgogliosamente.