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Sesso e ragione

Creato il 11 luglio 2011 da Marinobuzzi

Leggo l’interessante articolo di Erica Mann Jong su Repubblica e, come mi accade spesso quando si parla di rapporti fra generi e sessualità, mi abbandono a qualche riflessione. La Jong sostiene che le ragazze di oggi hanno un rapporto con il sesso più simile a quello delle donne pre rivoluzioni femministe che a quello delle madri sessantottine. In loro, secondo l’autrice, c’è una ricerca di stabilità sentimentale, un desiderio di monogamia e di maternità. La libido e il desiderio, quindi, verrebbero sacrificate in nome di un vecchio ideale tanto caro ai maschi, quello della moglie succube, inibita, sessualmente frustrata.
Invidio molte cose alle donne. In particolare invidio la capacità di crescita, l’evoluzione, culturale, psicologica, morale che molte donne hanno raggiunto. Al contrario di quel che sostiene la Jong io credo che la rinuncia, se di rinuncia si può parlare, al sesso da parte delle giovani d’oggi rappresenti una nuova maturità. Una maturità che i maschi non hanno e non raggiungeranno mai.
Prima di proseguire credo sia fondamentale mettere in chiaro alcune cose. Rinunciare al sesso o ricercare un sesso “maturo” non significa per niente rinunciare alla propria sessualità, non necessariamente non fare sesso significa rinunciare al piacere. Ciò che contesto alla Jong è che il piacere fisico non è l’unico modo di godere. Può sembrare un discorso masochista e anche contorto ma noi esseri umani siamo così fissati con i nostri genitali che non contempliamo minimamente un piacere “diverso”. Il sesso è bello e piacevole, ci fa stare bene. Ma quello che conosciamo è un sesso meccanico, per godere devo portare i miei organi sessuali dentro (o a contatto) con i tuoi organi sessuali. Il sesso quindi è lo strumento per provare piacere non la finalità, non il compiacimento dell’altro/a, non un completarsi. Semplicemente il sesso è il modo che abbiamo per appagare il nostro desiderio di godere.
È un ragionamento estremamente maschile. Io ho il pene, il mio pene ha bisogno di godere, per godere il mio pene ha bisogno di un contatto fisico, di un atto meccanico.
Ma a ricercare il piacere non è un organo sessuale, è il cervello.
È una cosa che molte donne hanno compreso da tempo e che il maschio è ben lontano anche solo dall’immaginare. Perché noi maschi siamo così ossessionati dal nostro desiderio di godere e dal nostro organo sessuale che non possiamo immaginare di avere una sessualità diversa. Per questo il problema della prostituzione, un problema che ha come oggetto la mercificazione del corpo (femminile, maschile, trans), è prettamente un problema del maschio. E non perché le donne non abbiano desideri o perché, in quanto donne, siano obbligate a non avere una sessualità “meccanica”, al contrario, ma perché il maschio è, diciamocelo senza ipocrisie, succube del proprio pene tanto che esso diviene troppo spesso uno strumento di potere e viene usato come simbolo della virilità o brandito come arma. Il pene non è solo una parte del corpo maschile, è LA parte del corpo maschile attorno a cui ruota tutto l’essere maschio.
Non a caso la Jong ha riscontrato il “problema” dell’assenza di sesso nelle nuove generazioni solo nelle donne, perché, si sa, il sesso e la sessualità sono un problema che riguarda il femminile e che invece i maschi non si sono mai posti. Per questo non c’è stata nessuna crescita da parte del maschio, per questo il maschio, che pone il proprio organo sessuale a emblema di un Dio (non a caso le diverse religioni sono espressioni completamente maschili in cui le donne trovano solo spazi marginali di eroine “pure” o vergini immacolate o prostitute redenti che, in ogni caso, rinunciano alla propria sessualità). Forse è a questo a cui pensa la Jong quando sostiene che la rinuncia della libertà dei rapporti erotici significa cedere al potere del maschio.
Io invece credo il contrario.
Le donne contrappongono un proprio rigore (rigore non rigidità) sessuale anche per contrastare una società ossessionata dal sesso e, allo stesso modo, sessuofoba. Fare sesso non significa essere persone libere. Basta guardare la dipendenza sessuale di cui soffrono tanti maschi completamente incapaci di gestire le proprie pulsioni e di contrapporre la ragione al sesso.
La grande ondata di libertà sessuale che le donne hanno rivendicato orgogliosamente per alcuni decenni è sacrosanta e necessaria, è stato un momento di crescita e di scoperta, è stato un modo per dire ai maschi che con i propri corpi le donne fanno ciò che vogliono, che il piacere e il desiderio non sono una prerogativa maschile. Ora stanno invece dicendo che l’ossessione del sesso, quella si, è una prerogativa del maschio.
Chiariamo anche che fra sesso ed erotismo ci sono enormi differenze. Basti guardare alla letteratura erotica. Alcuni dei libri più sensuali sono stati scritti da donne che hanno avuto la capacità di descrivere il desiderio senza necessariamente dover parlare di sesso. Le descrizioni “anatomiche” con tanto di “bocche languide” e “desiderio bagnato” sono tipiche del maschio completamente incapace di concepire l’elemento erotico e passionale senza, per forza, dover arrivare o dover descrivere una penetrazione.
E c’è da aggiungere un’altra cosa che la scrittrice sembra non prendere in considerazione. Non siamo più negli anni settanta in cui c’erano intere generazioni figlie dell’ipocrisia degli anni cinquanta, succubi dell’immagine di donna/madre/casalinga dedita alle faccende domestiche e al marito, viste come donne su un piedistallo alle quali non solo il sesso ma persino il desiderio era proibito. Al contrario molte donne di oggi, quella fascia sfortunata che nel 2011 si ritrova ad avere sui 35 anni, hanno avuto madri che hanno vissuto la rivoluzione sessuale e quindi non hanno avuto bisogno di “emanciparsi” da una figura femminile oppressa. E, al contrario di ciò che dice la Jong, a mio parere, non dover dimostrare a tutti i costi di avere una sessualità libera non è segno di arretratezza. Le ragazze di oggi possono scegliere come vivere la propria sessualità (e con questo non voglio dire che ci sia stata una totale emancipazione femminile, se ci fosse il mondo non sarebbe ridotto così male). Soprattutto l’autrice sembra non tenere in considerazione quello che credo si possa tranquillamente definire come un assedio sessuale della società in cui viviamo. Non credo che vivere in modo maturo la propria sessualità significhi rinunciare al desiderio o alla libertà, credo invece che l’abuso che il maschio fa del sesso, sia a livello fisico sia a livello simbolico (immagini, televisione, spot, radio, narrativa, internet, ecc…), abbia indotto moltissime donne ad attuare una resistenza passiva nei confronti del sesso.
Mi sembra, anche dalle parole della Jong, che non ci siamo ancora minimamente liberati degli stereotipi contro le donne. Se a una donna piace il sesso allora è una puttana ma se non lo fa, se scegliere di vivere la propria sessualità in modo non conforme al volere comune, allora è una frigida.
Diverso è il ragionamento legato a quello che, in modo spiritoso, qualcuno ha definito come “sesso via e mail”. La tecnologia e la ricerca non si possono fermare ma se fossimo una società matura capiremmo quando è il momento di dire basta.
I bambini che nascono oggi nascono con nozioni che le generazioni precedenti non hanno mai neppure potuto sognare. Sin da piccolissimi (e ancora prima di nascere attraverso le informazioni materne) vengono a contatto con tecnologie di ogni genere. Era inevitabile che internet si sarebbe impossessato anche del “sesso” e della “sessualità” dei nostri figli e delle nostre figlie.
Perché? Perché è più facile, perché il confronto è annullato, perché non si corre il rischio di venire abbandonati o di soffrire, perché, come sostiene la stessa Jong, puoi avere il controllo del tuo “piacere” (se di piacere si può parlare). Ma siamo sicuri che la colpa sia delle nuove generazioni? Siamo sicuri che il desiderio di vivere pienamente la nostra vita, liberi anche dall’oppressione di quei figli che abbiamo comunque voluto mettere al mondo e che poi abbiamo affidato alla TV e alla tecnologia (nuove Mary Poppins prive di intelligenza e sentimenti), non abbia contribuito a “narcotizzare” le nuove generazioni? E, ancora, siamo certi che queste generazioni non troveranno il coraggio di ribellarsi al mondo e alla società che noi abbiamo creato/imposto?
Io credo che molte donne abbiano compreso che il sesso, il sesso vissuto nella società dal maschio, è soprattutto usato come strumento di potere. Togliere il sesso al maschio, far comprendere che il suo pene non ha nessun potere, significa gettare il maschio nel caos e nel terrore.
Il maschio sembra sempre aver bisogno di rassicurazioni sul proprio organo e sulla propria sessualità. Ha bisogno di dimostrare continuamente il suo essere “maschio”, il suo essere “etero” (persino quando è gay ormai), deve sentirsi rassicurato sulle proprie dimensioni e sulla propria “bravura”.
Mi sembra di capire che invece le donne non abbiano bisogno di avere continue conferme sulla propria sessualità. È uno dei motivi per cui la libertà delle donne è decisamente più forte di quella dei maschi.
In definitiva, forse, dovremmo smetterla di considerare il sesso come elemento di ribellione. Oggi non c’è nulla di più omologato del sesso. Forse anche per questo molte donne ( e qualche uomo) non ne possono più.
Marino Buzzi


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