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Come da bambini, mi perdo e mi dono nelle fantasie che l’Altro mi evoca e mi per-dono il fatto di giocare a non essere ciò che sono e, forse, proprio per questo, esserlo più profondamente che mai.
Fare sesso, allora, è indossare la nostra maschera più vera, in cui l’essere nudi non dovrebbe esplicitare solo un fatto oggettivo, ma un vero e proprio spogliarsi di tutte le sovrastrutture per indossare un travestimento che, lungi dall'avere il significato spregiativo di inganno cui ci hanno abituati, restituisce, invece, la scena della creatività e della rappresentazione, quell'io così intimo che alberga dentro di noi e che raramente siamo disposti a mostrare, poiché la sua nuda fragilità ci mette in pericolo e, allora, solo alcuni tra molti possono avere il privilegio di condividere con noi la persona che siamo e che spesso nemmeno noi stessi conosciamo veramente. Non a caso i latini, per indicare la maschera teatrale, usavano il vocabolo: personam, ossia per-sona: lo strumento attraverso cui risuonava (per-suona) la voce dell'attore: una maschera che, mentre aiuta a sentirsi nel personaggio, al contempo aiuta a farsi sentire.
Ma quale è, allora, la maschera della sessualità, se non quell'Altro di cui, anche figurativamente parlando, mi vesto; l’Altro che indosso penetrandolo e facendomi penetrare e che mi permette di risuonare diventando davvero persona, perso nel suono della mia melodia più vera?
Ogni rapporto sessuale dovrebbe essere gioco, in quel suo senso più vero e profondo che rimanda ad un agire gratuito e inutile, non utile, senza finalità, se non quella dell’abbandonarsi, proprio come quando si gioca, liberi da ansie e preoccupazioni, sprigionando le nostre esigenze più intime e nascoste, senza pudori e reticenze, alla ricerca di quel suono del nostro godimento che risuoni col godimento dell’Altro.
Purtroppo, questo gioco se raramente si riscontra nell'amore di coppia, come abbiamo più volte sostenuto in questo blog (vedi post), ancor più raramente trova nel sesso il suo compimento e paure, tabù, prescrizioni culturali, desideri antinomici al dono gratuito di sé, hanno la meglio, trasformando il sesso in qualcosa che tanto di più assomiglia a un pos-sesso.
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Massimo Silvano Galli
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