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Sessualità dei disabili: l’assistente sessuale arriva in italia?

Da Postpopuli @PostPopuli

 

di Claudia Boddi

La sessualità dei disabili è argomento che di recente è salito alla ribalta per la notizia apparsa sul web della richiesta di una formalizzazione della figura dell’assistente sessuale per disabili da parte di Max Ulivieri, fondatore di un comitato che si occupa della promozione anche in Italia di questo profilo professionale.

Nell’articolo veniva riportata anche la voce di una donna di 31 anni, Debora De Angelis, che aspira a diventare la prima assistente del piacere per persone con disabilità in Italia. I commenti che si susseguivano sul blog, che ha dato spazio a questa idea innovativa, erano, come spesso succede, di segno opposto. Alcuni sostenevano totalmente il diritto di tutti a vivere la sfera intima, altri lo condannavano a priori portando argomentazioni di vario tipo, tra le quali la più quotata era che, visti i problemi che ci sono nel nostro paese in questo periodo, il tema in oggetto non era certo di prioritaria importanza. Sul sito c’erano anche richiami espliciti alla prostituzione e al valore della dignità con dei distinguo incomprensibili.

Un argomento delicatissimo, quello cui vogliamo accennare oggi. Difficile da trattare da qualsiasi punto di vista si abbia intenzione di approcciarlo. Qualcuno potrebbe osservare che su questo di delicato non ci sia niente, dal momento che la sessualità – come l’affettività e tutta la vasta gamma degli altri sentimenti umani – è uno degli aspetti fondanti dell’esistenza, senza distinzione di genere, etnia, condizioni fisiche o altro. Una posizione sicuramente corretta. Ma la questione ha bisogno di essere circumnavigata maggiormente per poterne avere una lettura  più specifica. Parlare di sessualità in connessione con la disabilità suscita sempre dubbi, paure, ansie e aspettative, perché l’argomento resta comunque un tabù. Se non altro, il dibattito sull’istituzione del ruolo dell’assistente sessuale lo riporta alla luce, contestualizzandolo in un ambito dialettico dotato di senso.

L’assistente del piacere è riconosciuto giuridicamente in Svizzera (francofona e tedesca), Austria, Olanda, Danimarca e Germania. In questi paesi accompagna la persona disabile nella scoperta della sessualità in senso ampio, attraverso la conoscenza del proprio corpo, con massaggi, carezze ed esplorazioni non solo e non strettamente a livello genitale. In queste nazioni, per accedere al ruolo sono necessari corsi di formazione e di specializzazione che garantiscono professionalità, garanzie sindacali e tutele personali. Il tema rimane discusso e criticato tant’è che ovunque si cercano ancora di approntare correttivi utili per una fruizione del servizio che sia il più possibile democratica e liberale. Il sostentamento pubblico o statale per questo tipo di erogazione continua a essere molto raro, il che significa che il suo utilizzo da parte dei cittadini va in base a una selezione importante secondo il reddito dei richiedenti. In alcuni Stati, le persone più abbienti hanno costituito una sorta di cassa comune, dalla quale possono attingere anche i più poveri che ne fanno richiesta. Ma rimangono pur sempre iniziative sporadiche e di natura privata.

C’è poi il problema di genere. Le statistiche rivelano che la maggior parte dei fruitori sono uomini e che, di conseguenza, le assistenti sessuali sono per lo più donne, anche se si registra un’esigua compagine di assistenti maschi che lavorano con persone disabili di sesso maschile. Pochissime, invece, risultano le donne che richiedono questo servizio e che ne usufruiscono.

È chiaro che il fattore discriminante della questione è di carattere culturale: se l’introduzione dell’assistente sessuale non va di pari passo al superamento di certe barriere, connesse al pensiero più che a livelli esteriori o materiali, il rischio è di costruire un edificio urbanisticamente all’avanguardia su un terreno ancora impreparato a sostenerlo.

 

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