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Sessualità, ideologia e tradizione nel cinema di Federico Fellini

Creato il 05 giugno 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Tra il carnevale di Bachtin e la società dei consumi, tra la morale cattolica e la società del benessere: riflessioni sullo scarto tra cultura secolare e contemporaneità nel cinema felliniano

Bersagli culturali ricorrenti della temperie grottesca del cinema di Federico Fellini sono la società di massa, i dispositivi scopici e perversi della società dello spettacolo (è soprattutto il caso della produzione filmica successiva a 8 ½, quella che più esemplarmente espone e tematizza il processo di metamorfosi della cultura popolare in consumismo, optando per un lavoro di appiattimento ideologico e di connotazione apertamente voyeuristica e feticistica di tanti materiali “bassi” consegnateci dalla tradizione comica popolare: avanspettacolo, estetica femminile grottesca e terrigna, concezione carnevalesca della piazza e dello spettacolo di strada etc.), ma anche elementi e cliché di tradizioni culturali più istituzionali e “serie”, parimenti vive e operative nel Novecento italiano, che affondano però le proprie radici in epoche precedenti: su tutte, il cattolicesimo e l’estetica e la morale borghese di matrice ottocentesca (qui il grottesco ha gioco agevole nel registrare l’inattualità di certi universi antropologici imbalsamati e nello sconfessare il volto caricaturale di un’autorità arcigna e bacchettona, segnata vistosamente da una repressione sessuale).

In ambo i casi, sempre in riferimento ai motivi della dimensione “carnale” e “sessuale” del soggetto e della figura umani, è riscontrabile a livello tematico un collegamento tra passato e presente (tra cultura secolare e mondo contemporaneo), che opera nello specifico in due sensi tendenzialmente diversi:

1) nel primo caso, è il presente (le logiche “prostituenti” del consumismo e della società dello spettacolo) che appiattisce il passato (i codici della cultura popolare che conservavano fino a poco tempo prima tutto un loro senso e valore ideologico); l’antico viene colonizzato dal moderno che ammette come unica weltanschauung quella della società dei consumi tardo-capitalistica: il consumo stordente del femminile e di immagini sempre più mercificate e simulacrali, il consumo di stimoli sensoriali sempre più a tematica sessuale, sadica e orrifica, un consumo narcotizzante che alimenta se stesso e che non ammette null’altro oltre se stesso (come un gorgo, motivo iconografico, metaforico e concettuale ricorrente in Casanova che è, in questo senso, uno dei film più rappresentativi dell’autore riminese);

2) nel secondo caso, è il passato (troppo austero, compromesso con un’autorità sessuofobica, oltre che vacua) che viene sconfessato dal presente (dalla liberalizzazione dei costumi sessuali dei tempi moderni); anche in questo caso, però, non sono affatto infrequenti contaminazioni di codici dell’universo culturale “tradizionalista” di volta in volta tematizzato con quelli della società dello spettacolo: è il caso della nota sequenza della sfilata di moda ecclesiastica di Roma, dove le logiche metamorfiche e deformanti del grottesco funzionano sia come abbassamento e degradazione del ruolo simbolico e sociale del “dispositivo-funzione liturgica” nel culto cattolico, sia come parodia funerea del “glamour”, nella cultura mediatica novecentesca.

Nel caso 1) come nel caso 2), allo spettatore contemporaneo si spalanca l’abisso irrecuperabile di una perdita simbolica.

Francesco Di Benedetto

 

Bibliografia

Per quanto concerne i materiali e i codici della cultura comica popolare cui si è fatto riferimento, cfr. la trattazione ad essi dedicata da Michail Bachtin in L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Einaudi, Torino, 1979 (1965).


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