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Sette consigli per scrivere un racconto sui vampiri

Creato il 27 febbraio 2013 da Mcnab75

fright night

Oramai ci provo gusto a scrivere questi articoletti in forma di top 5, 7, 10. E se a qualcuno le dot-list non piacciono, beh, posso soltanto dolermene e inviatarli a ripassare domani.
Questo articolo, in particolare, nasce come sequel ideale di Dieci cose da evitare in un racconto sugli zombie, post dedicato a un concorso che naufragò proprio per una serie di storture riscontrate nei racconti arrivati ai giurati. Se scrivere di zombie è ben più complicato di quanto si pensi, scrivere di vampiri è un vero e proprio grattacapo.
Perché sui vampiri è stato detto di tutto. Li hanno resi buoni, cattivi, cattivissimi, innamorati, omosessuali, bisessuali, eleganti, bestiali, extraterrestri, mortali, immortali, etc etc etc. La lista potrebbe continuare all’infinito e anche più in là.
Senza dimenticare (è impossibile farlo) l’orrenda moda degli ultimi anni, quel paranormal romance che ha trasformato i nostri cari succhiasagnue in liceali sbrilluccicanti dal cuore tenero. Francamente non se ne può più.
Però il vampiro continua a tirare, a vendere. Affascina e si ricicla all’infinito. Quindi è probabile che anche a voi prima o poi venga la tentazione di scrivere un romanzo con qualche lungo canino come protagonista, o antagonista.
Ecco qualche indicazione per ottenere un buon risultato.

  • Come l’affetto che il padrone prova per il suo cane.

Se proprio volete scrivere una storia che contempli un vampiro “buono”, cercate almeno di non cadere nel ridicolo. Se ci pensate bene, pare proprio complicato immaginare che una creatura non-morta, emofaga e notturna possa innamorarsi di un normale essere umano. Specialmente se il vampiro del vostro racconto ha un’età secolare, o millenaria. In tal caso vi sugggerisco quest’altro tipo di rapporto, altrettanto interessante da sviluppare: l’affetto di un vampiro per un particolare mortale è simile a quello che una persona normale prova per il suo cucciolo di cane. Che può essere profondo, ma che non è paragonabile all’amore tra due esseri umani. Provate a sviluppare un rapporto psicologico del genere. Potreste trovarvi tra le mani qualcosa di bello.

  • L’esperienza conta.

Molti vampiri esistono da decenni, se non da secoli. Sopravvivere per loro non è mai stato facile. Devono nascondersi di giorno, nutrirsi di sangue e celare la loro reale identità alla comunità in cui vivono e agiscono. Questo cosa ci fa dedurre? Che i vampiri più anziani sono degli astuti figli di puttana. Non è facile incastrarli o braccarli. Hanno risorse enormi, tane di riserva, soldi, amici, alleati, vie di fuga. Anche il cacciatore più esperto dovrebbe sudare sette camicie per avere la meglio su creature così esperte e abituate all’autoconservazione.

salem's lot

  • Introducete una variante.

Del vampiro classico si è scritto e visto di tutto. Il vecchio conte transilvano che va a caccia ostentando un accento marcato fa forse più ridere, che non paura. Ma il mondo dei vampiri è vastissimo. Praticamente ogni etnia, ogni paese, ogni regione ha la sua versione di questi temibili mostri. Quindi valutate l’idea di introdurre un succhiasangue atipico. Fatevi per esempio un giro sulla pagina Wikipedia dedicata alle sottorazze vampiresche, catalogate per folklore. L’elenco è lungo e intrigante. Fatene buon uso, ricordando però di documentarvi bene sul vampiro che scegliete, perché una buona dose di aderenza storica è sempre gradita, specialmente agli appassionati.

  • State sul classico.

Come, mi contraddico nel giro di poche righe? Magari anche sì. Visto che sul vampiro sono state tentate tutte le varianti possibili e immaginabili, fino ad arrivare ai fessa-succhiotti di Twilight, potreste decidere di tornare al mito stokeriano. Notti nebbiose, lupi, contadini spaventati che si raccolgono davanti al focolare. E ancora: trecce d’aglio, pipistrelli, acqua santa. La Notte di Valpurga!
Certo, scrivere qualcosa di così rétro senza risultare noiosi è terribilmente difficile. Eppure potrebbe essere molto interessante, magari mischiando vecchio e nuovo, oppure miscelando più elementi, fino a ottenere qualcosa di esplosivo. Un esempio? La trilogia Anno Dracula, di Kim Newman.

  • La giovinetta che ricorda il primo amore.

Uno dei cliché più abusati della narrativa vampiresca: il succhiasangue di turno, solitamente il super-cattivo della situazione, che rivede in una delle sue potenziali vittime la donna che secoli prima ha amato per davvero. Un escamotage visto e rivisto (partendo da Dracula), che di solito arriva a giustificare la sconfitta del villain tramite il sacrificio (estremo o parziale) della giovinetta in questione.
Evitate questo stereotipo, per carità. Perfino i non appassionati lo conoscono a memoria.

Peter Vincent

  • More power to the hunters!

Oramai va di moda raccontare di vampiri attraverso il punto di vista dei non-morti, che siano essi buoni o cattivi. Gli umani fanno da contorno, oppure servono per sublimare stucchevoli storie d’amore. E se tornassimo a un bell’intreccio in cui a farla da padroni sono i cacciatori di vampiri, e non i mostri? Del resto una volta un tal Abraham Van Helsing era un signor personaggio. Carismatico, colto, lucido, umano. Sì, ecco, sto pensando a Peter Cushing, non alla versione interpretata da Hugh Jackman. Quindi uno dei miei suggerimenti è questo: lasciate perdere i POV vampireschi e concentratevi su quelli umani. Anche qui, è possibile fare esperimenti, magari col post apocalittico. Vedi la recente trilogia di Chuck Hogan e Guillermo del Toro, The Strain. Su Plutonia trovate la recensione del terzo capitolo della saga.

  • Vampiri versus Licantropi.

Ecco, direi semplicemente NO.
NO e basta.

Angelina Jolie vampire

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