25 SETTEMBRE – Solamente sette minuti. Sette semplici giri di lancette, tanto è bastato per mandare all’aria un piano quasi perfetto. Oddio, sicuramente l’incontro dello Juventus Stadium non era certo la partita da vincere a tutti costi, tuttavia va riconosciuto giusto merito ai gialloblù che hanno dato filo da torcere ai bianconeri, riuscendo a tenere vivo il match sino al novantesimo più recupero. Per cercare di affrontare al meglio la sfida proibitiva contro i campioni d’Italia, Mandorlini si è affidato ad un “arroccato” 3-5-1-1 con Cacia unica punta e con Jorginho destinato alla marcatura di Andrea Pirlo, ispiratore principale del gioco bianconero. Come ha detto anche Conte nelle interviste post – gara, il Verona ha fatto la partita che doveva fare. Del resto, vista l’evidente disparità delle forze in campo, la chiave tattica dell’incontro – almeno per quanto riguarda i gialloblù – era sicuramente quella di puntare tutto su una fase difensiva molto attenta e scrupolosa, con l’intento di sfruttare le eventuali occasioni offerte dalle ripartenze. Le scelte tattiche operate da Mandorlini mi trovano tuttavia d’accordo fino ad un certo punto. L’atteggiamento di Rafael & compagni è stato a tratti troppo rinunciatario, con spesso nove giocatori a difendere dietro la linea della palla. L’inevitabile conseguenza è stata quella di una squadra con il baricentro del gioco troppo basso, incapace di rilanciare l’azione di rimessa e dare respiro ad una linea difensiva messa a dura prova dall’incessante pressing offensivo degli uomini di Conte. Senza dimenticare il fatto che aver sacrificato Jorginho su Pirlo ha permesso di annullare la mente del gioco bianconero, ma ha anche privato il centrocampo gialloblù del suo regista naturale. Da qui l’eterno dilemma se vale o meno la pena rinunciare ad un proprio giocatore per bloccare un giocatore avversario, anche a scapito della propria idea di gioco. Dubbio credo mai risolto e di difficile risoluzione futura. Ciò nonostante, correndo dei rischi accettabili – impensabile sarebbe stato il contrario – gli scaligeri sono riusciti ad limitare le folate offensive bianconere, andando imprevedibilmente in vantaggio con un tocco sottomisura di Cacciatore, rete che ha letteralmente scatenato l’euforia dei quasi duemila sostenitori gialloblù presenti allo Juventus Stadium. Euforia durata ahimè lo spazio di soli sette minuti. Ed è purtroppo in questo fatale frangente di cui si è già detto, complici gli errori in fase difensiva di Bianchetti prima e di Moras poi, che i campioni d’Italia hanno riportato l’incontro a loro favore con due reti di pregevole fattura di Tevez e Llorente. Nel secondo tempo poi, bene ha fatto invece Mandorlini a mantenere invariata la fisionomia della propria squadra con il chiaro intento di rimanere comunque in partita, evitando di subire una terza rete che avrebbe di fatto chiuso anzitempo l’incontro. L’innesto nei 25 minuti finali di Gomez e di Iturbe con conseguente passaggio ad un più aggressivo 4-3-3 non ha purtroppo dato gli effetti sperati, se non quello – comunque apprezzabile – di essere riusciti a tenere vivo l’incontro fino al triplice fischio finale. Difficile dire se un atteggiamento differente avrebbe portato ad un esito finale diverso – nel calcio la controprova purtroppo non esiste – tuttavia sono convinto che certe partite, con tutti i limiti del caso ma sicuramente con maggior convinzione nei propri mezzi, valga la pena di provare a giocarsele.
Un ultimo cenno lo riservo ancora una volta ai tifosi gialloblù che hanno gremito il settore ospiti dello stadio torinese. Un tifo incessante a sostegno della propria squadra e “rumoroso” a tal punto che tra i supporters bianconeri circolava la voce che quasi mai allo Juventus Stadium si sentono i cori dei tifosi avversari. Questa volta la palma del migliore in campo spetta senza dubbio a loro…
Enrico Brigi
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