“Politica sportiva e pratica sportiva sarebbe bene stessero a buona distanza, ma nello sport ai più alti livelli convivono da sempre. Nei primi mesi di quest’anno lo statunitense Greg Lemond – due volte iridato, tre volte ‘giallo’ – si fece avanti come candidato per portare via a Patrick McQuaid la sedia più importante. La minaccia elettorale arrivava quindi da oltreoceano. Oggi la musica cambia. A Firenze, come candidato, sarà presente Brian Cookson, sessantadue anni, britannico, architetto paesaggista da poco pensionato, che a vederlo sembra più perfetto come il professore rompiballe di matematica e fisica di una qualche università. E forse rompiballe lo è sul serio. Ma un tizio che si presenta senza essere un personaggio noto, che credenziali metterà sul piatto per diventare il Numero Uno, il Capo, il Presidente? Le credenziali sono quelle di essere l’uomo che negli anni ’90 ha preso in mano la Federazione Ciclistica di Sua Maestà Britannica, di averla rivoltata come un calzino, e di averla portata, in dieci anni, ai vertici mondiali prima su pista e poi anche su strada, facendola diventare una scuola vincente che a suo tempo non si è vergognò d’imparare, copiare, ‘rubare’ dalle vecchie scuole, quelle che – come la nostra – non vogliono cambiare perché un tempo (decenni fa!) hanno scritto la storia e quindi figurati se adesso hanno qualcosa da imparare da quattro saputelli d’oltremanica che da un lustro vincono quasi ovunque. Con una differenza: che adesso tutti guardano come diavolo lavorano e vincono questi dannati saputelli. Wiggins, Cavendish, viene da dire anche Millar ma lì il discorso ha il suo asterisco, poi Froome, indi la caserma ciclistica del Team Sky. Brian Cookson dovrà vedersela con i compari di McQuaid, e con la poca voglia nell’UCI di cambiare, di avere più trasparenza. La sua arma più pericolosa? Una considerazione; “Sappiamo quanto guadagna il Presidente Obama e non si può sapere quanto guadagna il Presidente dell’UCI? Non ci siamo.” Poche parole, semplici, che messe insieme hanno avuto l’effetto di un sistema d’allarme attivato, e scatenato il solito lavoro di accordi sottobanco tra quelli che le poltrone importanti non vogliono perderle. Perché per cambiare le cose devi cambiare le teste, e quindi cambiare i sederi che scaldano le poltrone. Forse venerdì 27 ci sarà da divertirsi. O almeno speriamo“
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“Politica sportiva e pratica sportiva sarebbe bene stessero a buona distanza, ma nello sport ai più alti livelli convivono da sempre. Nei primi mesi di quest’anno lo statunitense Greg Lemond – due volte iridato, tre volte ‘giallo’ – si fece avanti come candidato per portare via a Patrick McQuaid la sedia più importante. La minaccia elettorale arrivava quindi da oltreoceano. Oggi la musica cambia. A Firenze, come candidato, sarà presente Brian Cookson, sessantadue anni, britannico, architetto paesaggista da poco pensionato, che a vederlo sembra più perfetto come il professore rompiballe di matematica e fisica di una qualche università. E forse rompiballe lo è sul serio. Ma un tizio che si presenta senza essere un personaggio noto, che credenziali metterà sul piatto per diventare il Numero Uno, il Capo, il Presidente? Le credenziali sono quelle di essere l’uomo che negli anni ’90 ha preso in mano la Federazione Ciclistica di Sua Maestà Britannica, di averla rivoltata come un calzino, e di averla portata, in dieci anni, ai vertici mondiali prima su pista e poi anche su strada, facendola diventare una scuola vincente che a suo tempo non si è vergognò d’imparare, copiare, ‘rubare’ dalle vecchie scuole, quelle che – come la nostra – non vogliono cambiare perché un tempo (decenni fa!) hanno scritto la storia e quindi figurati se adesso hanno qualcosa da imparare da quattro saputelli d’oltremanica che da un lustro vincono quasi ovunque. Con una differenza: che adesso tutti guardano come diavolo lavorano e vincono questi dannati saputelli. Wiggins, Cavendish, viene da dire anche Millar ma lì il discorso ha il suo asterisco, poi Froome, indi la caserma ciclistica del Team Sky. Brian Cookson dovrà vedersela con i compari di McQuaid, e con la poca voglia nell’UCI di cambiare, di avere più trasparenza. La sua arma più pericolosa? Una considerazione; “Sappiamo quanto guadagna il Presidente Obama e non si può sapere quanto guadagna il Presidente dell’UCI? Non ci siamo.” Poche parole, semplici, che messe insieme hanno avuto l’effetto di un sistema d’allarme attivato, e scatenato il solito lavoro di accordi sottobanco tra quelli che le poltrone importanti non vogliono perderle. Perché per cambiare le cose devi cambiare le teste, e quindi cambiare i sederi che scaldano le poltrone. Forse venerdì 27 ci sarà da divertirsi. O almeno speriamo“
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