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Alcune considerazioni sulla 7 edizione del festival di Roma terminato ieri sono necessarie a chiunque si occupi di cinema con passione ed obiettività. La prima riguarda il palmares che ha premiato due dei film meno amati dal pubblico e dagli addetti ai lavori. Così se “Marfa Girl” è una sorpresa assoluta per l’anonimato con cui il film di Clark aveva attraversato il festival, desta scalpore almeno tra chi era presente alle proiezioni per la stampa (ma anche quelle del pubblico non sono state da meno), l’affermazione di “E la chiamano estate” di Paolo Franchi, oggetto di contestazioni durante e dopo la proiezione, con risa e battute di scherno che hanno acceso una rissa dialettica tra il regista ed i giornalisti. Meno sorprendenti il premio speciale della giuria a Giovannesi con “Ali ha gli occhi azzurri” tra i papabili per un premio importante ancor prima di iniziare, e quello a “Motel Life”, premio del pubblico che aveva commosso un po’ tutti con l’odissea "on the road" di due sfortunati fratelli. La seconda riguarda il cinema italiano uscito trionfante dagli esiti del verdetto (ricordiamo anche la menzione speciale a “Razza Bastarda” di Alessandro Gasmann) ed improvvisamente diventato “internazionale” dopo le accuse di provincialismo provenienti da Venezia. Sul fatto che iFranchi ed i Giovannesi del festival romano siano meglio del Bellocchio Veneziano ho molti dubbi, ma è indiscutibile che le dichiarazioni di Nichols e Modine, presidenti delle giurie che hanno determinato i premi indicano che i loro film sono riusciti a farsi comprendere meglio, abbattendo il muro dell’incomunicabilità in cui si era infilato il nostro cinema, quest’anno vincitore anche a Berlino con i Traviani (Cesare non deve morire) ed a Cannes (Reality) e quindi forse troppo penalizzato nelle considerazione e nei dibattiti. Infine Marco Muller. La sua prima volta è stata indubbiamente condizionata dalla mancanza di tempo. Troppo poco quello a sua disposizione per essere decisivo. Qualcosa però è successo perché questa settima edizione ha cambiato pelle alla manifestazione capitolina investandola di un cotè autoriale che ha messo in secondo piano lo spettacolo ed il divismo. Poco cinema mainstream, ed a parte Stallone con il suo ottimo “Bullet to The Head”, nessuna star. Muller dice che il prossimo anno sarà diverso e le star ritorneranno. Vogliamo credergli. Per adesso ci accontentiamo.
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