Al mercato le mele renette leggermente appassite la guardavano imploranti dalla cesta di legno in cui giacevano compostamente disordinate. Volevano essere acquistate da Lei, la sola e unica aguzzina che sapeva farle godere come in un gioco sadomaso. Non vedevano l’ora di essere trasportate a casa nel sacchetto di carta marroncina leggermente umido e molle e fatte rotolare sul piano della cucina bianco, erano pronte alle sevizie - vibravano di sapore al pensiero del coltello che le avrebbe divise in spicchi e spelate, piano, facendole rabbrividire sotto la buccia, e intanto pensavano succose al momento in cui una lamata decisa le avrebbe private del torsolo e dei semi che portavano in grembo, e al momento in cui sarebbero state ridotte a tocchetti da un coltello affilato, ancora piu’ affilato, sempre più affilato, affilatissimo.. e gettate dolcemente nell’impasto che le aspettava morbido, farina zucchero latte e uova e un pizzico di lievito, pronto ad avvolgerle come un mantello di virile mohair appassionato.
Una dopo l’altra si gettarono nella ciotola e vennero impastate senza pieta’ da una frusta elettrica che le fece danzare roteando veloce. Tutto era pronto, la teglia unta da un tocco di burro spalmato da dita esperte di panettiere attendeva l’impasto di mele per portarlo in un luogo caldo e ventilato, lì avrebbe potuto lievitare in silenzio e trasformarsi in una orgia di sapore.
anna wood