Sfrattati e senza lavoro

Creato il 07 maggio 2014 da Cremonademocratica @paolozignani

Parla Abdul Mars, marocchino che vive e lavora in Italia da 13 anni, quasi sempre con contratti a tempo determinato. Ecco le sue parole deluse, cariche di ansia e agitazione perché sa che lui e sua moglie Francesca verranno cacciati di casa presto. Nella mattinata di ieri infatti, giorno dello sfratto e del video, Abdul e Francesca si sono sentiti proporre tre giorni di proroga dalla proprietaria dell’appartamento al primo piano di via Roma 125 a Spinadesco. La proroga non è stata firmata: la volontà della padrona di casa è stata tutelata dalla legge, il diritto alla casa no. L’emergenza abitativa si risolve in questo caso a carico del Comune di Cremona, cioè dei contribuenti onesti: a Cremona l’amministrazione pagherà 15 giorni di vitto e alloggio presso la casa dell’accoglienza, dove il costo cadauno minori compresi è 20 euro al mese.

Perché Adbul non è riuscito a pagare l’affitto, pur lavorando?

Perché lavorava a Gabbioneta come operaio, con notevoli spese di carburante per il viaggio in automobile per 90 km al giorno fra andata e ritorno. Non c’è trasporto pubblico. La vita per tre persone costa. Dallo stipendio va detratto l’affitto e il mantenimento di moglie e figlio di tre anni. Il minore vive in questo periodo dai parenti.

Il problema è spostato: paga il Comune. Il lavoro non ha reso quel che doveva rendere. Dopo 13 anni nessun contratto a tempo indeterminato ma le tasse sono state regolarmente pagate. Le spese con il tempo hanno superato le entrate e l’indebitamento è aumentato, fino al pignoramento della busta paga.

Carburante, pignoramento e affitto hanno fatto sì che in tre vivessero forse con 600 euro al mese.

La soluzione, come sostiene il Comitato Antisfratto, è politica. L’emergenza abitativa non si risolve così.

A Spinadesco una casa popolare vuota esiste proprio vicino al Comune, ieri “chiuso per motivi istituzionali”, come diceva un cartello esposto all’ingresso del municipio.

Abdul l’avrebbe resa agibile personalmente, se avesse potuto.

La coppia ha accettato di rendere pubblico il proprio caso perché non è singolare. Molti sono sulla soglia di povertà o reggono il costo della vita solo grazie all’aiuto dei familiari o con lavori occasionali, stando sull’orlo del baratro. E’ il risultato di tanti anni di malgoverno e leggi sbagliate, di flessibilità e comportamenti inaccettabili.

Una famiglia dovrà ripartire da questo disastro economico pur avendo un figlio di tre anni.

Quanti possono riconoscere se stessi o alcuni propri amici o conoscenti in questo dramma?


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