Sfruttate

Creato il 12 agosto 2014 da Simone D'Angelo @SimonDangel

Turni massacranti e liberatorie in caso di morte sul lavoro: il calvario delle lavoratrici straniere in Giappone

Con l’economia che torna a crescere e la popolazione che invecchia il Giappone si trova a fronteggiare carenze di forza lavoro. Nel settore dell’assistenza sanitaria negli ultimi 5 anni sono aumentate le assunzioni di infermiere straniere, provenienti principalmente dal SudEst asiatico.

Il caso della Juju Corp., un’azienda di Osaka che fornisce personale sanitario a una decina di strutture nel Kansai, ha svelato una zona grigia di sfruttamento e mancanza di diritti. Secondo un documento che la Juju Corp. ha presentato ad alcune sue dipendenti filippine, in caso di morte naturale il dipendente rinuncia ad avvalersi di azioni legali o a chiedere risarcimenti all’azienda.

Inoltre l’azienda tratteneva fondi dagli stipendi come garanzia sui prestiti con cui aiutava le lavoratrici ad ottenere il visto per il Giappone. Alcune hanno denunciato condizioni di lavoro estreme e turni massacranti: una di loro sarebbe stata costretta a fare 13 turni notturni in un mese.

Un sondaggio del 2008 dimostra che almeno 1 addetto su 23 lavora ad un livello che può condurre al “karoshi”, “morte da superlavoro”. Del resto i lavoratori giapponesi sono troppo pochi e continuano a diminuire, conseguenza di un invecchiamento della popolazione a ritmi sostenuti: oltre un quarto della popolazione ha 65 anni ed è in età pensionabile.

A patire di più della carenza di forza lavoro è proprio la sanità. Secondo il ministero il comparto infermieristico è sotto organico di oltre 40mila unità. Tuttavia per rimanere in Giappone bisogna superare un esame di abilitazione professionale, per la preparazione del quale occorrono soldi e tempo. Di possibilità, dunque, ne rimangono poche: tornare in patria o rimanere illegalmente.

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