Sguardi: Francesco Macciò

Da Narcyso

Francesco Macciò, ABITARE L’ATTESA, La Vita Felice 2011
Collana Sguardi
Direzione: Gabriela Fantato
Comitato: Sebastiano Aglieco, Corrado Bagnoli, Luigi Cannillo

“La poesia di Macciò è particolarmente interessante e originale nel panorama letterario italiano, non ravvicinabile facilmente ad alcuna corrente letteraria diffusa, ma capace di stagliarsi al suo interno, sia per acutezza di visione, sia per precisione linguistica, e finire così per chiedere a noi lettori un vero ascolto, in quanto questa poesia sa svelare il degrado, ma senza alcun gusto dell’orrido, né alcuna resa al minimalismo, e sa anche dirci che dietro e dentro le cose c’è “qualcosa” che pare perduto tra le pieghe della vita quotidiana, ma che pure… perduto non è e va evocato, nominato, ricordato in poesia.” (Dalla prefazione di Gabriela Fantato)

dalla sezione (INK TABLETS, biglietti lignei da Vindolandia sul finire del secondo secolo)

*

Cominciano da una terra senza vento,
salgono dal mare sull’erba ghiacciata
come lingue nella nebbia.
*
Dovrà durare fino alla stagione
di Cerere il raccolto, se il mare
non ti afferra all’improvviso
nell’umido senza radici…il mare,
un fruscio di parole rasoterra
che avvolge questi massi muschiosi
ininterrottamente.


Mi raggiunge in fondo alla via Pretoria
oltre lo stabbio per pochi denari,
non vecchia ancora, si vende …
Sono miele le sue mani avvizzite
se riesco a pensarti.
*
Chiodi infissi in una tavola di piombo,
forse qualche rivale in amore
mi ha esiliato per sempre in una terra
ostile al confine del mondo.

Dall’avamposto romano un commercio
di voci, un luccicare di uncini
oltre la radura…Da questi spalti
sulla mia lama sguarnita il riflesso
di un volto che non mi somiglia,
io qui sul confine custode
senza un nome di uomini
e di cose.
*
Le cose … concrezioni di materia
incagliate nella memoria…
Scrutare il buio, la luce – una specie
di balbuzie nella veglia boreale -
la radura, il sonno della foresta.

Sono caschi bruniti, cimieri
di legioni schierate a difesa?
Sono orde nemiche che ghiacciano
le pupille, le piste luminose
dei daini, delle stelle?
*
Eppure un nemico invisibile esiste,
se lo guardo si posa sulle cose
e si spegne…Palude la sostanza,
voce inconsistente, grumo
di nebbia in fondo al cuore.

(sottovoce)

…la poesia muove da una persistenza di immagini e di voci nella memoria. Sono percezioni che si dispongono in una concentrazione di forze nell’attesa di essere liberate e di trovar casa in una costruzione di parole …più che di una nuova nascita si tratta di una procedura di espropriazione, tanto che ciò che preesiste e insiste nella memoria, quando prende forma di scrittura in versi, anche attraverso stratificazioni successive (le cose non dette sono destinate a un vuoto che le attende), stabilisce un rapporto di estraneità con chi involontariamente lo ha portato alla luce
… ogni poesia, nella sua corrosiva epifania, si consegna a una memorabilità che estromette la memoria, ed esilia il poeta nell’inappartenenza, in uno sraricamento che lo espone ogni volta a un’attesa di esistenza.


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