Sguardo contemporaneo

Creato il 26 ottobre 2010 da Vilipendio



“C'è qualcosa di diabolico in me. Di vecchio e giovane. Il mio passato non c'è.
Io ho lo sguardo contemporaneo. Io ho lo sguardo per le cose lontane.”

L'altra sera si chiacchierava in modi che squacciavano le tenebrae. Molto soddisfacenti, non solo i modi, ma anche i temi. Ci si potrebbero fare 1 sacco di post, devo respingere la tentaz. di farne 1 solo lunghissimo che sarebbe troppo faticoso. Non tanto per te (ci manca solo l'empatia per l'indigestore di pappa pronta), quanto per me.

Well. Fra le varie attività della serata c'è stata la re-visione dell'episodio centrale di Quelle strane occasioni, e cioè Il cavalluccio svedese.
Una cosa del tutto Superiore, tanto superiore da esserlo su più livelli. Gli interni, le tappezzerie e le piastrelle da malditesta geometrico. I dolcevita sgargianti, le pubblicità occulte sfacciate.
Ma soprattutto, forme di arte ancora più pura. La prova d'attore di Manfredi. Sia che parlasse, sia che tacesse. Le sue espressioni. Il fatto che Ninomanfredi mi ricordi tantissimo mio padre. I dialoghi. La storia. Il concetto, ancora pienamente attuale dopo 34 anni – 34 (ho controllato Mangimà: è del '76).
Magistraceo.
Dovrei aggiungere un vibrante xlamadonna, ma non lo faccio perché tale magistraggine è sistita non x ma nonostante il noising delLamadonna e della religione tutta.
Sarebbero tante le cose da dire, tante le luminosità da riflettere, assorbire, diffondere.
Però ce n'è una in particolare, che adesso m'imp(r)egna la mente. Anche perché stavo leggendo un catalogo di una vecchia mostra di Enzo Mari, sai le cose che mi compro il mercoledì nella pausa pranzo, quando mi dirigo colla piadina in mano a spendermi la paga del giorno in libreria. E mentre leggevo, m'è venuta in mente la refraignaggine di Millennia di Bugo, uno di quei geni che ricercando se stessi dimostrano che il senso risiede solo nell'originalità. Di questi sì, bisognerebbe adorare le statue, per i chiarori illuministi che emanano.
Cavalluccisvedesi, Enzimari & BughiBughi. Gli eccipienti di questa nuova epifania te li voglio dichiarare così, come le mani di una partita a Whist, quel bel gioco di carte.
Voglio dire questo.

La senti questa voce? non distrarti, la vedi questa foto? Insomma, diceva Enzinho (e naufragar m'è dolce in questo Mari, ahr ahr) che le macchinine che vedi al centro (clicca, clicca pure che s'ingrandisce, per mangiarti meglio) siamo noialtro bestiame sempre più allevato in batteria. Mentre le lapidi a cui tendiamo il pargoletto volano rappresentano: a sinistra il paradiso terrestre ricercato dal Communismo, a destra il paradiso celeste delle Religgioni, ma al centro siamo tutti incolonnati verso l'infernal Spastica, l'incarnazione del Male.
Forte, eh? arf arf, io da solo mica ci sarei mai arrivato. Anche perché mi manca completamente l'elemento culturale del Communismo quale territorio paradisiaco. Voglio solo darti un altro indizio, prima di esporre il mio costrutto poliziesco.
In quegli anni, il dibattito è stato traboccante. Ci si interrogava su come essere, come migliorarsi, su dove fosse il giusto, e dove lo sbagliato. Se ci fossero, poi, cose spiritose come i concetti di “Giusto” e “Sbagliato”. Specie così manikey.
Era come se l'attenzione fosse tutta lì. Sotto i riflettori chi avevamo? uno stuolo di studentelli del Dams, che giustamente parlavano come tanti studentelli del Dams. “Il Segno”, “il Linguaggio”, “nella misura in cui”, eccetera. Pensa a tutti quei bei Nannimorettismi dei primi film, di quando cioè, come dice sagace Il Riccioletto, “Nannimoretti aveva ancora delle idee”.

Essi stavano lì, accollati nelle loro Dolcevitae, a discettare e a pales(tr)arsi le cervellae. Però, se ti vedi capolavori anche odierni come Romanzocriminale (brr, che emozione l'appropinquarsi di novembre, senti che parola paperinesca, “appropinquarsi”), potrai notare come costoro avessero dei fisici senza fili di grasso. E sessei 1 tipetto sveglio come me, ti chiedi Ma comèppossibile? ma che, le palestre cerebrali bruciano cosittante calorie? e allora perché, coi miei onanismi mentali pur acrobatici, sto ancora qui a razionarmi i gelati nella misura di “mai ma ogni tanto a decine, ricavandone poi le psychosembianze di verme”, o a logorarmi il corpore nella ricerca dell'Impossibile?
La risposta non penso sia poi molto difficile. La pubblicità spappola coscienze e vende corse all'oro. Corse appresso all'anoressia col fegato scoppiato dalle merendine. Corse ai troni di plastica dei costosi status symbol per tutti. C'era anche prima la pubblicità, certe bellissime pubblicità di scotch whisky, che anche noialtri astemi sapevamo apprezzare. Ma adesso forse funziona meglio, forse ha avuto più tempo, non so.
Non so, ma soprattutto /nonrispondo; m'interessa di più cogliere l'aspetto.

Di questi tempi, se lavori nella cultura, nella ricerca, nell'arte, nella scuola, fai la fame. Troppe interlocutori occasionali me lo confermano, già siamo almeno a 3-4. È la crisi? sarà forse La Crisi? che ridere, prova a vedere che crisi c'è nei centri estetici, negli autosaloni, nelle palestre non di allenamento sportivo ma di tonificazione (“Cultura fisica”, ahah, che ridere).
Nella telefonia. Perdiana, è indubbiamente utilissimo domandarci in continuazione “Chi sei?” “Dove stai?” “Che fai?”, e tutti gli altri Grandi Quesiti della vita.
Non c'è crisi, per chi costruisce l'effimero. Cosa è ffimero, secondo me? Non so, dovresti provare a chiedermelo. Magari è ffimera una cosa che dura di meno di un'altra. Il corpore, con tutte le sue umilianti pretese, dura meno di un pensiero. Per carità, non voglio farne un discorso ultraterreno, a me non gratifica affatto l'idea che un mio pensiero possa continuare oltre me, che me ne frega dell'Oltremé, ciò i sensi e le lucubrazioni troppo appiccicate, difficile che oltre la morte continuino a sollazzarmi.

Intendiamoci però: il corpore è senz'altro molto divertente, eh. Credo fra l'altro che l'edonismo non fosse del tutto alieno in quelle età uree lì, come si vede nella Paziente vignetta riprodotta quiaffianco. Forse non era sfacciato come quello di oggi, l'edonismo, e te ne vergognavi un po', e questo penso sia sbagliato. A me piace ricavare piacere attraverso il corpore, attraverso il mio ma soprattutto attraverso quello di altre.
Però mi chiedo: per quanto ancora il corpore potrà darmi facoltà di produrre ad esempio una serie di montanti&ganci soddisfacente per velocità & destrezza? fino ai sessanta, nella più candida delle previsioni? Se avessi iniziato a quindicianni, diciamo, potrei aver giovato di una buona potenzialità di pugilato per un totale di 45 anni, o giù di lì.
Mentre un pensiero magari ti dura di più. Ma soprattutto, lo sfrutti di più, ti ci sollazzi con una frequenza maggiore di un bel corpo e di tutto il suo indotto. Forse, addirittura più dello stesso stare in una bella macchina, a fare delle belle domande in un bel cellulare. Se sei proprio bravo, di bei pensieri poi ce ne puoi avere molti, ma di corpore sano solo uno (dico, escludendoti da quello di altre).
Io ti volevo qui presente, no? a costringermi a portare a compimento uno di quei soliti tuoi calcoli che tanto ti piacciono, cioè il bilancio delle mie attività settimanali. Su 168 h settimanali, dopo stime empiriche varie, io più o meno ne impiego
 41   per lavorare (comprensive di pranzo e spostamenti)
 9   per allenarmi (comprensivi di docce, stretching, saune)
12   per curarmilcorpore (lavaggi, sbarbaggi)
 2   per cose varie (spesa, bollette, banche ecc.)
45   per dormire
14   per cucinarmi e mangiare e lavare
<1   per un'appropriata vita sociale.
Siamo se non erro a 123. Senza neanche contare le ore che destino a essere pigro, ogni settimana mi rimangono appena 45h per coltivarmi i pensieri, ore che vorrei destinare magari a leggere o a strimpellare, o a registrarmi le canzoncine con cui mi canzono per dilettarmi.
Porkojuda, ti rendi conto che 123 ore le butto nel foraggiarmi la sussistenza? sussistenza che prima o poi, ahité, finirà, e allora ti troverai del tutto privo di Vilipendi di sorta. Vale la pena investire tutte queste risorse nell'effimero? Ma soprattutto, più che un contrasto di monti-ore, io che odio i monti e prediligo i Mari (ahr-ahr) vorrei dichiararmi sbigottito per l'ineluttabilità delle prime 123 e la caducità delle altre 45. Io, crolli il mondo, non arrivo neanche a immaginare di ntaccare quel 1° monte ore. Ne ho “bisogno” x vivere. Mentre il 2° costituisce l'esauribile miniera d'oro delle mie pigrizie. Ma diamine, non è un controsenso?
Boh, che vuoi che ne sappia, io, così jovine & bello, ma senza + un'anima.
L'unica cosa certa è che non so se valga la pena, di spenderci tutte quelle ore lì. Ma quando mi metto a vedere e a sentire cosa dicono o cosa cantano o cosa scrivono o cosa recitano tutti quei Cavalluccisvedesi, tutti quegli Enzimàri, ti ci metto pure tutti quei BughiBughi va', così magari vedi che non ne faccio una questione di periodi ma di ricerche; ebbene, solo allora io godo veramente.
Quei giochi artistici mi permeano. Mi sollazzano l'ars(ura) ludica, anche quando mi mancano gli strumenti per godermeli pienamente. Io non li capisco fino in fondo. Non comprendo tutte le parole (“gestalt”?).
Sto lì a spiarli, come un bambino origlia dietro la porta della sala dove i grandi parlano, e quello che dicono ha il fascino oscuro del futuro. Era bello, se il mio futuro era quello lì delle cervellae, invece che questo qua del corpore. Sicuramente mi veniva più spontaneo.
Quindi ecco, non so se mi sono spiegato, ma il punto è proprio questo. Non era bello quando i film cercavano di suscitare tensioni intellettuali? non era meglio quando i designer ideavano provocazioni filosofiche? Non ti senti spiazzato, quando ti spingono a ricercarti l'unicità nella serialità degli stessi costosissimi status symbol? non ti senti confuso, quando a ingozzarti delle merendine più grasse sono le anoressie più palestrate?
A me le merendine oramai piacciono, e mi piace palestrarmi le anoressie. Quindi ci sono cascato. Però mi accorgo che mi piace di più giocare. E allora giochiamo.
Le bambine giocano a Mamma&figlia, a DolciforniHarbert, a MaglierieMagiche. I bambini giocano colle macchinine, le prendono tra tre dita e si allenano a portarle un giorno in visita alla lapide che ha su la svastica Marina (nel senso Marittimo del termine, intEnzo, ahr ahr).
Paiono morte tuttettré, le tre croci. Quella che celebra la trascendenza della morte, quella che inverte malignamente la semiotica del simbolo indiano dello “Stare bene” (come mi ha insegnato l'altra sera Mangimato), e quella formata da attrezzi da lavoro terrestre. Ma avevi fatto caso a com'è attuale quella nazista? Guarda com'è nitido l'intaglio, poi guarda invece com'è antico o quantomeno incerto quello delle altre. Sarà morto di fresco, quer bulletto Svastico? oppure è solo scritto più forte, come a sottolinearne i maggiori richiami? È morte vera, o solo cattivo augurio?
Io origlio e non capisco, neanche dopo spiegazione. Consolato dal fatto che neanche l'autore dice di saperlo, sostenendo che tante volte uno si sciamana fuori delle verità inspiegabili.
Ma sto lì ebbro, anche più che dopo un allenamento di quelli belli, ebbro del gioco che mi ha invitato a fare. A me, che neanche mi conosce; a me ha chiesto di venire a condividere il suo gioco. Sono commosso. Suggellandolo con le sue parole, consolatorie come poche altre.
“La creatività è un atto di guerra”.
Ora scappo però, che mi chiude la lampada settimanale.


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