Anno: 2012
Durata: 100’
Genere: Thriller
Nazione: UK / Irlanda
Regia: James Marsh
Dopo The Lords of Salem, la seconda grande delusione del Torino Film Festival, almeno per chi scrive, è Shadow Dancer (2012). L’attesissima nuova regia di James Marsh, dopo due documentari memorabili come Man on Wire e Project Nim (da recuperare il prima possibile, insieme al suo debutto Wisconsin Death Trip, nel caso qualcuno se li fosse persi) ritorna al film di finzione.
1973, Irlanda del Nord. Un bambino viene ucciso durante una manifestazione. Vent’anni dopo, la sorella di quel bambino è entrata a far parte dell’IRA e ha l’incarico di depositare una bomba nella metropolitana di Londra. Viene però catturata e affidata ad un agente dei servizi segreti inglesi. In cambio di protezione per lei e suo figlio, è disposta a tradire i suoi ideali e la sua famiglia, ma gli eventi prenderanno una strada propria.
Shadow Dancer è il secondo film di finzione (non il primo, come riportato erroneamente nel programma del Festival), dopo l’altrettanto poco convincente The King (2005). La capacità che Marsh ha nel raccontare una storia in forma di documentario, di avvicinare lo spettatore ai suoi protagonisti, di appassionarli, qui purtroppo viene frenata da una sceneggiatura banale e prevedibile. In secondo luogo, a Marsh, l’argomento sta chiaramente a cuore e questo sembra un po’ annebbiare la sua visione d’insieme. Questo si riversa sul tono del film in generale, che dopo i discreti primi 20 minuti, prosegue con poca tensione e senza troppe sorprese. Shadow Dancer, nonostante le buone interpretazioni dei due protagonisti, Clive Owen e Andrea Riseborough, si distingue poco dalla maggior parte dei film incentrati sull’IRA usciti in passato. Un peccato.
Meglio riguardarsi il capolavoro di Steve McQueen, Hunger (2009).
Paolo Gilli