Da bambino i miei genitori mi avevano sempre detto che i mostri non esistevano. Qualunque cosa io vedessi nel buio della mia camera non era altro che un’invenzione della mia fantasia. Ma ora mi domando se mentissero per proteggermi o solo perchè non conoscevano la verità.
Non ricordo quando successe la prima volta, ma ricordo benissimo il terrore che mi bloccò a letto, non riuscivo nemmeno ad urlare, c’era qualcosa di strano, un’ombra, ai piedi del mio letto, si confondeva con l’armadio che aveva alle spalle. L’ombra aveva un volto, ma non riuscivo a vederlo. Vedevo solo due occhi azzurri che mi fissavano. Sentii un rumore provenire da fuori la porta chiusa, ma avevo troppa paura per smettere di guardare la figura. Con la coda dell’occhio vidi mio padre entrare di corsa nella stanza.
-Che c’è?! Perchè urlavi?!
Mio padre attraversò l’ombra come se nulla fosse e si avvicinò al letto. Ero confuso, non capivo, perchè non era terrorizzato?
-E’ qui! Aiuto!
Sono le uniche cose che riuscii a dire. Mio padre non capiva, non vedeva.
-Chi è qui?! Non c’è nessuno qui, ci siamo solo io e te.
Indicai con il dito proprio davanti a me.
-Mandalo via ti prego, ho paura.
Mi nascosi il volto nel suo pigiama, ricordo ancora l’odore del suo dopobarba, era l’unico uomo che si faceva la barba prima di andare a letto, ricordo di essermi sentito al sicuro e ricordo anche di esser stato svegliato dalla luce della finestra che entrava nella stanza, ricordo di aver aperto gli occhi e di essermi spaventato perchè mi sentivo bagnato. La mamma si arrabbiava quando facevo la pipì a letto. Mi sono guardato le mani e ho urlato! C’era sangue ovunque nella mia stanza.
-Jean! Jean! Svegliati!
Duncan mi stava strattonando
-Che c’è?! Cosa Vuoi?! Dissi con la bocca ancora impastata dal sonno.
-Lo stavi sognando ancora?
-Mi stavo agitando?!
-Bah, non so, te lo diranno i lividi sulla gamba.
Disse Duncan in tono particolarmente irritato.
L’ho sognato un sacco di volte quel momento, Settimana dopo settimana, anno dopo anno, e ogni volta in quel sogno si aggiungeva qualche dettaglio che prima non ricordavo. Alcuni erano dettagli insignificanti, il colore delle lenzuola, i peluche della mia cameretta, i colori delle pareti. Altri invece erano dettagli più dolorosi, il vetro della finestra rotto, l’anta dell’armadio aperta, quel bracciale stretto tra le mani di mio padre; Fino a qualche anno fa non ricordavo da dove provenisse quel bracciale eppure l’ho mai tolto, credevo fosse nato con me. E’ stata strana quella mattina, la ricordo perfettamente, mi svegliai fradicio di sudore, guardai il polso e rividi davanti a me quegli occhi.
-Scusa.
Lo bofonchiai, odio svegliarlo così e mi sento sempre in tremendo imbarazzo.
-Aspetto il caffè!
E si girò dall’altro lato. Approfittava sempre in questi momenti del mio senso di colpa.
La stanza era in penombra, uscii dalle coperte e mi sedetti sul letto, infilai le pantofole e presi il cellulare dal comodino. La sveglia segnava la 7.30, ma la mia voglia di rimanere a letto segnava ancora mezzanotte. Mi diressi lungo il corridoio che portava alla cucina, il nostro appartamento in Oxford Street era piuttosto piccolo, e quindi con soli 5 passi attraversai il piccolo salotto e fui davanti al bancone dove il bollitore aspettava di compiere il suo lavoro. Appoggia il telefono poco vicino e fu ora di una capatina in bagno.
Al mio ritorno lo schermo era illuminato, l’anteprima del messaggio diceva già tutto:
MITTENTE: Ally
TESTO: Risveglio di merda lo so, dolce o salato?
Mi strappò un sorriso, Allison sapeva sempre quando mi succedeva. Non so come facesse, ma lei lo sapeva sempre quando mi svegliavo urlando e sapeva molto bene come tirarmi su il morale. Allison, la mia sorellastra, è l’unica a parte Duncan a conoscere dei miei sogni, è l’unica ad essermi stata veramente vicino nei momenti peggiori ed è l’unica che riesce a cambiarmi la giornata in meglio. Mia madre, dopo la scomparsa di mio padre ebbe un periodo di depressione dal quale riuscì ad uscirne solo grazie a Mike, il mio patrigno e padre di Allison che conobbe 2 anni dopo ad una riunione degli alcolisti. Mike fu un buon padre e fu sempre presente, ma non capiva la mia paura per il buio e per le ombre, non sopportava che mi svegliassi nella notte urlando e questo fu motivo di diverse liti con mia madre. Fu così che imparai a controllarmi, a non dare a vedere quando mi bloccavo in preda al terrore, imparai ad urlare dentro, un urlo lancinante che però non usciva mai dalle mie labbra. Fu allora che le cose migliorarono. Fu allora che la piccola Ally, che all’epoca aveva solo 4 anni, mi abbraccio e disse:
-Jean, non avere paura! Io sono con te e i mostri non ti toccheranno.
Come facesse a sapere dei mostri non me lo sono mai spiegato, a casa nostra era proibito parlare di certe cose, era proibito persino immaginarle.
Il rumore dell’acqua che bolliva mi distrasse dai ricordi. Afferrai il cellulare scrissi veloce senza guardare lo schermo DOLCE e preparai le 3 tazze per la colazione.
-Quindi non siamo soli stamattina.
Duncan era dietro di me, ho sempre odiato quando mi compariva alle spalle.
-Ally sta arrivando, porta il dolce.
-Ottimo, non vedo l’ora!
-Bene, non ti sembra il caso di andare a vestirti?!
Duncan fece l’occhiolino e si girò su se stesso. Dio quanto gli donavano quei boxer neri.
Nel frattempo io mi ero già infilato la mia vestaglia e avevo acceso il computer per scaricare la posta. Era meglio portarsi avanti, quando Ally compariva in una stanza il tempo tendeva a scorrere diversamente, la sua allegria era contagiosa e le lancette sembrava procedere al doppio della velocità.
Sentii le chiavi nella serratura, Ally aveva le chiavi del mio appartamento, Duncan si era trasferito qui da qualche mese, avevamo dovuto riarredare l’intero appartamento e buttare via tante di quelle cianfrusaglie che nel tempo avevo raccolto.
Ally si affaccia alla porta, una mano stretta su una busta di cartone di Starbucks e l’altra sugli occhi.
-Siete vestiti?! Ragazzi non voglio vedere cose che mi bloccheranno la crescita! Ho solo 24 anni, sono troppo giovane per certe cose!
-Cogliona!
Fu il mio saluto, ero seduto esattamente difronte alla porta d’ingresso e avevo assistito a tutta la scena.
-Buon giorno anche a te Mr. Burberino! Ho portato muffin e ciambelle! Non dovete ringraziarmi, basterà darmi 7sterline e 80 e saremo pari!
Sorrise.
-Ok ok, dopo avrai i tuoi averi fattorino. Ora siediti altrimenti il the si raffredda.
Fu velocissima, non feci in tempo ad alzarmi dal tavolo che mi fu addosso e mi strinse.
-Ci sono qui io e non devi aver paura di nulla.
-Lo so, lo so. Grazie e le sorrisi.
-Allora devo iniziare ad essere geloso anche dei parenti?! Non bastavano i vecchi marpioni che gli entrano in negozio ogni tanto?!
Duncan era comparso all’orizzonte e ci guardava divertito.
-Forza dai che si raffredda, muoviamoci!
Stavo ancora cercando di divincolarmi dalla morsa che mi stava stritolando.
-Duncan! Come sta il mio cognatino preferito?!
Ally ora aveva un nuovo bersaglio: Duncan. Lo adorava, o meglio, si adoravano. Devo dire che sono stato fortunato, non so come avrei fatto se i due si odiassero, erano le persone più importanti della mia vita e vederle così affiatate mi faceva una delle persone più fortunate della Terra. La storia con Duncan era da circa 5 anni che andava avanti, all’inizio con qualche difficoltà visto che viveva a Cardiff e potevamo vederci solo nei week end, ma ora che era qui, che lavorava qui a Londra e ogni sera dormiva accanto a me non c’era la minima ombra sul nostro futuro… o almeno così credevo.
Quella che doveva essere una semplice colazione si trasformò in una merenda. L’orologio sul forno segnava le 10:50. Come ho già detto, il tempo scorrevano in modo strano quando c’era Ally in quella stanza. Ci raccontò le ultime sue avventure, come proseguivano o meglio come riuscivano a rimanere fermi i suoi studi di antropologia, di Mike, il ragazzo che avrebbe voluto frequentare… ma non troppo. L’attenzione nostra era completamente rapita da lei. Era bravissima in questo.
-Bene, ovviamente è già tardi per colpa vostra, io devo uscire a comprare il Times così vi lascio confabulare sui soliti magheggi! Serve qualcosa? Ally ti fermi a pranzo?
Fece Duncan alzandosi a sistemare il tavolo.
-Ovvio che rimando a pranzo, che domenica sarebbe se non scroccassi almeno un pasto?!
Disse facendogli la linguaccia.
-Quindi la nostra principessa cosa vorrebbe mangiare?
-Pizza!
Riuscii a intervenire ancora prima che Allison aprisse bocca.
-… Perchè?! Non stavi parlando con me?
Continuai.
-In realtà parlavo con l’altra principessina, ma… Che pizza sia, la passo a prendere tornando indietro. Mi cambio ed esco!
-E se io non avessi voluto mangiare la pizza?
Allison si girò a guardarmi in cagnesco.
-Tu vuoi sempre mangiare la pizza!
Le risposi con un sorriso
-“YEAH I KNOW”
Mi rispose imitando la voce di Andy Pipkin, il disabile di Little Britain.
In pochi minuti Duncan fu pronto per uscire. Vi ho già detto quanto fosse bello e fantastico?! Bene, lo era anche quella mattina avvolto dal suo cappotto.
Un bacio veloce, un sospiro di Ally per deriderci e fu già fuori dalla porta.
Era arrivato il nostro momento.
-Bene non perdere tempo, allora? Cosa hai sognato? Racconta veloce!
Ally era impaziente e curiosa come sempre, adorava il momento del racconto e lo sapevo benissimo, amavo farla rimanere sulle spine. Anche se aveva cercato di non darlo a vedere per tutta la mattina, c’erano dei piccoli gesti che me lo facevano notare: il suo tamburellare con le dita, la luce negli occhi quando Duncan disse che doveva uscire, il nanosecondo che passò dal rumore della porta che si chiudeva alla sua richiesta.
Allison era corsa qui per me questa mattina e il meno che potessi fare per ringraziarla di avermi risollevato il morale era darle quello che voleva: il resoconto completo.
Non avevo avuto ancora nemmeno il tempo di pensarci pure io.
-Era buio, mi sono svegliato di soprassalto, come tutte le volte, l’ombra era lì, mi guardava, non vedevo il suo volto, ma sentivo il suo sguardo addosso. Finchè non apre gli occhi, quell’azzurro intenso mi blocca, Non riesco a muovermi, sono completamente spaventato, ma all’improvviso sento dei passi in corridoio, è papà, lo sento arrivare, entra nella stanza e si siede sul letto per farmi calmare, mi prende le mani e…
-Aspetta! Ally! Il sogno questa volta è stato diverso, è una di quelle volte!
-Cosa è successo? Cosa era diverso?
-Papà! Era vestito come lo ricordavo, i pantaloni del pigiama e la maglietta bianca, ma non ha al polso nessun bracciale… il mio bracciale… il suo bracciale… ma… da dove viene questo allora?
Fissai il bracciale, me lo tolsi e inizia ad girarmelo tra le mani, l’osservai con fare indagatore.
-Papà, ma se non era tuo, perchè era lì? Da dove veniva?
In quel momento non riuscivo a darmi nessuna spiegazione
-Honey, non torturarti con domande alle quali non possiamo dare risposta. Arriverà un altro sogno a spiegartelo, anche perchè al momento la spiegazione più ovvia è che appartenga all’Ombra.
Disse allungando le mani verso le mie, mi prese il bracciale e iniziò a guardarlo.
-Beh sembra vecchio, forse antico, cioè… per quello che ne capisco io!
-Io non ho nessun ricordo precedente a quella notte di questo bracciale, ero troppo piccolo e mi sono sempre aggrappato all’idea e alla convinzione che fosse suo, ricordo che mamma una volta mi chiese dove l’avessi preso e io nominai papà e lei scoppiò a piangere.
-Poi il sogno? E’ successo qualcos’altro di diverso?
-No, non mi sembra… non ricordo.
Tergiversai.
-Ally, ma tu credi possa appartenere all’Ombra?
-Jean non lo so. Le nostre sono solo supposizioni. Ma non devi preoccuparti, una risposta arriverà, te lo prometto!
La pendola nella sala stava suonando mezzogiorno, Duncan sarebbe tornato tra poco, presi il bracciale dalle mani di Ally e me lo infilai nuovamente al polso sinistro.
-Duncan dovrebbe essere di ritorno, che dici? Prepariamo la tavola?
-Va bene, ho capito… ora preparo..
Rispose Ally in tono rassegnato
-…Ma non facciamoci l’abitudine!
Continuò
-Intanto vado a cambiarmi. Giusto per non rimanere tutta la domenica in vestaglia.
-Era ora!
Mi rimproverò Ally.
Entrai in camera da letto, aprii le persiane per fare entrare un po’ di luce. Il cielo fuori non era dei migliori, ma almeno non pioveva. Frugai nell’armadio ed estrassi un paio di pantaloni neri e una maglietta. Mi tolsi la mia e notai una cosa strana, un livido sul petto, dalla parte del cuore, un cerchio. Era un livido strano, sembrava la macchia di una tazzina da caffè. Mi diressi verso la cucina.
-Ally guarda che stra…..
-Non posso lasciarvi soli un attimo! Cosa state combinando?
Duncan era appena rientrato e aveva ancora le buste in mano.
-Io proprio niente, sono l’unica che sta lavorando.
Disse Allison mostrando i piatti che stava posizionando in tavola.
-Guarda!
-Cosa dovrei vedere? Che giri mezzo nudo per casa?
-No, ma non lo vedi? Non vedi questo livido?
-Io non vedo niente, Ally?!
-Ragazzi io non voglio saperne, se vi piace vestirvi di pelle e picchiarvi non sono affari miei!
Sorrideva mentre lo diceva, non riusciva mai a fare la persona seria.
-Non fare la cretina, lo vedi questo livido?
-Jean, io non vedo nulla, non hai nulla!
-Ma come è possibile?!
Mi diressi verso il bagno, non capivo perchè non lo vedessero, eppure Duncan mi aveva fissato il punto esatto per qualche secondo, non capivo.
Mi guardai allo specchio del bagno, il livido, era lì, bello violaceo sulla mia carnagione chiara. Cosa stava succedendo?!
-La pizza è in tavola! Quando avrai finito di fare lo psicopatico mezzo nudo sarà ormai fredda.
Duncan sdrammatizzava ancora, ma io ero piuttosto turbato. Andai in camera, presi la maglietta che avevo posato sul letto e me la infilai, nessuno fa aspettare una pizza.