Un inutile polverone si è creato intorno al secondo lungometraggio di Steve McQueen. Avete letto bene, il regista londinese si chiama proprio "Steve McQueen", ma questa è un'altra storia. Presentato all'ultima Mostra di Venezia, dove il protagonista Michael Fassbender ha vinto la Coppa Volpi come miglior attore, Shame ha scatenato polemiche e fatto molto parlare di sé.
Forse perché parla di un uomo di successo, benestante e di bell'aspetto che ha una marcata dipendenza da sesso?
No. Forse perché ci sono moltissime donne nude che fanno tante cose sconce? No. Forse perché si parla di persone che soffrono per motivi poco comprensibili e che per sopravvivere cedono a diverse forme di dipendenza? Nemmeno. Tutto lo scandalo di Shame è la scena di 20 secondi in cui si vede il pippo di Fassbender. Cose assurde: il regista inquadra di sfuggita il pippo di Fassbender (un po' barzotto effettivamente) e l'attore che fa pipì e la critica si sconvolge. C'era bisogno di questo clamore? Decisamente no. Critici abituati a pippi modesti o disabituati da tempo all'organo in questione non ci interessano. Il film di McQueen infatti non trova il suo punto d'interesse nello scandalo creato dai continui rapporti sessuali del protagonista e dall'uso smodato della pornografia e del sesso a pagamento che viene mostrato: Brandon (Fassbender) è una persona che in qualche punto della sua vita si è persa, ha trovato un vuoto enorme dentro di sé e lo ha colmato con la dipendenza da sesso. E da cocaina, come si vede di sfuggita. Il sesso vissuto solo a pagamento o tramite pornografia è un chiaro segno di terrore nei confronti di rapporti con persone e sentimenti reali, manifestazione di una paura enorme di coinvolgimento emotivo. Tanto Brandon è solido e forte all'esterno, così è fragile dentro. A fargli da contraltare c'è la sorella Sissy (Carey Mulligan), vittima dello stesso vuoto di Brandon, vuoto che la ragazza colma cercando disperatamente e ossessivamente l'amore degli altri. Brandon è apparentemente irreprensibile, Sissy è invece un'artista con tendenze suicide, incapace di badare a se stessa. E' chiaro che nella loro infanzia qualcosa è andato decisamente storto. Ma cosa? Madre oppressiva? Padre violento? Sentimenti incestuosi tra fratelli? Il regista non lo dice, ce lo fa forse intuire, ed è qui che vince la scommessa: di film che indagano una sessualità distorta ce ne sono parecchi e ben più illustri - basti pensare all'Eyes Wide Shut di Kubrick - e McQueen non pare interessato a questo aspetto, che gli serve solo come mezzo per mostrare il vuoto interiore, il senso di vergogna, la disperazione e la solitudine di un uomo che ha un suo posto fisico nel mondo ma non affettivo o mentale. La mente di Brandon è sempre altrove: al lavoro, quando fa sesso, per strada. L'atto fisico diventa necessaria valvola di sfogo che però non produce piacere e diventa quasi doloroso. McQueen è molto abile proprio nell'immergerci nella realtà interiore disturbata di questo personaggio, seguito ossessivamente e ritratto immerso in una New York cupa, lontana dalla vitalità di altre pellicole. La regia, aiutata anche dalla splendida fotografia di Sean Bobbitt, fornisce diverse scene di livello, come i numerosi piano-sequenza e la scena di corsa notturna. Le immagini sofisticate, impreziosite da interessanti accostamenti di luce e colori, che rivelano il passato da video-artista di McQueen, si sposano alla perfezione con i suoni, in cui sospiri, gemiti e singhiozzi si fondono con pezzi classici e musica pop. Gli attori sono perfetti: Fassbender alterna sguardi pieni di testosterone a momenti di profondo sconforto e disperazione, con il volto che diventa quasi una maschera scolpita nella roccia, dura e fragile allo stesso tempo; Carey Mulligan si conferma un'attrice complessa, perfetta per le parti in cui deve mostrare il suo sguardo da cucciolo bisognoso d'affetto, e rivela discrete doti canore, grazie alla rivisitazione in chiave jazz di "New York New York". Sessomania, rapporti ambigui tra fratelli, nudità, sangue: certo era facile scandalizzare con questi elementi, ma quello che forse ha destabilizzato di più di Shame, e che poi è l'aspetto più interessante, è la distruzione della narrazione classica, il fatto che il regista ci butti direttamente nella vita e nei pensieri di un uomo, lo segua per un po', e poi sposti il suo sguardo altrove, non dicendoci quale sarà il suo futuro. Uno spaccato della vita di un uomo qualsiasi, che potrebbe essere chiunque e che forse non ha nulla da dire e da insegnarci, se non il mostrare all'occhio privilegiato e un po' voyeur dello spettatore tutta la sua vergognosa fragilità.Carey Mulligan La citazione: "Non siamo persone cattive, è solo che veniamo da un brutto posto". Hearting/Cuorometro: ♥♥♥♥ Titolo originale: Shame Regia: Steve McQueen Anno: 2011 Cast: Michael Fassbender, Carey Mulligan, Nicole Beharie, James Badge Dale