Shame

Da Lacrespa @kiarastra

  Chi porta su di sé il fardello della vergogna?
Questa è la domanda che mi sono fatta, quando ieri sera sono uscita dal cinema Apollo, dopo la visone del fil Shame, di Steve McQueen, pellicola scandalo, presentata all’ultimo festival del cinema di Venezia.
Il protagonista, Brandon (M. Fassbender) è un trentenne affascinante e in carriera, che ha un problema di dipendenza dal sesso, declinato in tutto le sue forme: rapporti occasionali, prostitute, film porno, orge, dark room, hot line. Insomma dalla sega del buongiorno a quella della pausa pranzo fino alla scopata/e della buonanotte, Brandon non si fa mancare nulla.
La sua vita viene all’improvviso scombussalata dall’arrivo della sorella Sissy, arrivata a New York, forse per avere la sua occasione, forse per sfondare come cantante: con il fratello ha un rapporto strano, un po’ morboso. Anche lei ha dei problemi: la paura della solitudine e una tendenza all’autolesionismo.
Brandon, nonostante gli amici e il lavoro, è un uomo profondamente solo, nudo, spoglio di relazioni affettive, che non riesce a coltivare: il solo pensiero di fidanzamento o matrimonio gli causano proprio un ammosciamento fisico e morale.
Ma, per tornare alla domanda iniziale, chi si deve vergognare in questo film? Brandon?
E perchè? In fondo per ottenere ciò che vuole non deve uccidere o stuprare nessuno: è un uomo come tanti il nostro Brandon, un anaffettivo e sessuomane, con cui, nonostante le sue particolarità, volentieri ti faresti una chiaccherata al bar o andresti a mangiare la pizza.
Vergogna invece lo direi al  capo di Brandon, un cosiddetto normale, che è un uomo affermato, marito e padre devoto, agli occhi della società. In realtà è un uomo meschino, che non si fa problemi a tradire la moglie, seducendo la sorella di Brandon, ad inseguire il sogno di una vita da scapolo che in realtà non potrebbe permettersi. Eppure ammonisce il suo amico collaboratore Brandon “per la fogna di film porno” che è stata trovata nel suo pc dell’ufficio.
Vergogna lo direi alla società, che dietro ad una maschera di ipocrisia è pronta a giudicare chi si allontana da un modello di vita secondo il quale la felicità di un individuo possa costruirsi solo all’interno del nucleo familiare.
Brandon non deve aver conosciuto la famiglia perfetta e coraggiosamente ammette di non essere in grado di realizzarla, nemmeno insieme all’unico fragile legame che gli è rimasto, quello con sua sorella Sissy.
Shame è dunque la storia di un uomo solo e  profondamente tormentato: nessuno sa chi sia in realtà, nessuno sospetta cosa si agiti dentro di lui. La vergogna è questa: la cecità di un’intera società, incapace di immergersi nella profondità oscura delle proprie paure, ostinata nel volgere lontano lo sguardo da chi la mette di fronte alla impudica verità .



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