Se è vero che tutte le famiglie felici si assomigliano e che ogni famiglia infelice lo è a modo suo, è altrettanto vero che se tutte le dipendenze sono simili, ogni storia di dipendenza merita un racconto a parte. La famiglia in questo caso è composta da fratello e sorella, uno più disperato dell’altro. Professionista newyorchese apparentemente di successo, Brandon (Michael Fassbender, vincitore per questo ruolo della Coppa Volpi alla mostra di Venezia 2011) è in realtà affetto da una dipendenza dal sesso che si dipana tra incontri occasionali, prostitute, film e riviste pornografiche con cui intasa la sua asettica casa e persino il pc dell’ufficio. Un’intossicazione quotidiana, condotta in una paradossale e lucidamente programmata assenza di reale scambio con alcuno. Questa vita, fatta di un malsano equilibrio nella perversione, subisce un brusco cambiamento quando sua sorella Sissy (Carey Mulligan) si stabilisce a casa sua per qualche giorno.
![19869826.jpg-r_760_x-f_jpg-q_x-20111216_103045 Shame di Steve McQueen](http://m2.paperblog.com/i/83/839151/shame-di-steve-mcqueen-L-abKjrd.jpeg)
Riuscire ad evitare la pornografia in un film dedicato alla dipendenza dal sesso è già di per sé un’impresa. Steve McQueen, assieme alla co-sceneggiatrice Abi Morgan, costruisce una storia fatta di pochi essenziali dialoghi e molte evocazioni, alternate ad una fisicità e sessualità tanto esplicite e naturali, quanto per niente sensuali.
Lasciandoci pochi indizi sul passato del suo protagonista, McQueen permette allo spettatore di immaginare per lui qualunque background, creando un sagace margine d’identificazione. D’altro canto l’interpretazione perfetta di Fassbender è così vera e rabbiosamente toccante, proprio come in Hunger che è valso a McQueen il premio Camera d’Or per la miglior opera prima a Cannes 2008. Lì Fassbender era Bobby Sands, membro dell’IRA che negli anni ’80 condusse, fino alla morte, uno sciopero della fame per protestare contro il trattamento dei militanti dell’IRA nelle carceri di Sua Maestà.
![shame-movie Sissy Shame di Steve McQueen](http://m2.paperblog.com/i/83/839151/shame-di-steve-mcqueen-L-WGsjCZ.jpeg)
McQueen conduce lo spettatore tra picchi di lirismo e sofferenza quasi insopportabile. L’emozione e il sentimento di Brandon infatti, sono staccati dal sesso, ma non mancano. Lo vediamo piangere in un locale, mentre la sorella canta – memorabilmente e disperatamente – “New York New York”. L’emozione dei due fratelli è endogamica e resta tutta in famiglia, o meglio, nella disperazione famigliare. Vedi qui il trailer.
Grazie ad una fotografia accurata ed evocativa e una regia intensa, il video-artista inglese (omonimo del grande attore) riesce a spogliare la violenza insita nelle sue storie – la sessualità esplicita e priva di ogni sentimento di cui è vittima e carnefice Brandon – riducendola a vertici di minimalismo che ne svelano l’inutilità e la crudezza. E’ una denuncia morale così come in Hunger vi era stata la denuncia politica, altrettanto raffinata e claustrofobica nell’analisi umana, ma al tempo stesso volta a illuminare le zone d’ombra della nostra società. La condizione di prigionieri di Bobby Sands e di Brandon è analoga e vive dell’indifferenza del mondo circostante, anche se quest’ultimo quasi non appare nell’orizzonte narrativo di McQueen.
![shame-michael-fassbender-foto-dal-film-1_mid Shame di Steve McQueen](http://m2.paperblog.com/i/83/839151/shame-di-steve-mcqueen-L-iw3sPV.jpeg)