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Quando una storia ha la possibilità di esordire con una scena d'apertura potentissima, fatta esclusivamente di immagini e musica in crescendo, come quella in metropolitana presente in "Shame", allora è il segnale che il tocco di chi la sta raccontando è sicuramente di un livello superiore alla media. Se più avanti poi ti ritrovi ipnotizzato tra gli elegantissimi primi piani di una Carey Mulligan straripante in versione cantante, impegnata a reinterpretare in modo molto personale e commovente la canzone “New York, New York”, allora è veramente il momento di iniziare a pensare che la classe non sia per niente acqua. Ma la ciliegina sulla torta arriva quando Steve McQueen decide di deliziarci ancora di più mettendo sul piatto la tecnica cinematografica divenuta oramai una sua caratteristica per eccellenza: il piano sequenza. Dopo quello della durata di ben quindici minuti presente in "Hunger" anche stavolta il regista inglese propone nuovamente lunghe e numerosissime scene sfruttando intelligentemente la stessa tecnica ma lo fa sempre in modo incantevole e uniformandola al servizio delle scene e delle forti emozioni.
Le stesse che arrivano attraverso l'evoluzione violenta e impetuosa del rapporto tra il Brandon di Michael Fassbender e la “sorellina” Sissy (interpretata da Carey Mulligan), appena stabilitasi a tempo indeterminato in casa del fratello. Una tegola enorme per un uomo sessualmente malato e abituato a soddisfare i propri impulsi abordando continuamente donne sconosciute o chiamando in casa le sue amiche prostitute. La complicata convivenza forzata tra i due diventa in poco tempo insostenibile, scatenando una serie di turbamenti destinati ad esplodere durante l'intensa e devastante tempesta emotiva finale. La fragilità che accomuna le vite di Brandon e Sissy sarà responsabile del loro costante allontanamento e proprio nella fase in cui i due avrebbero dovuto provare a riconciliarsi, questa li trascinerà ancor più velocemente verso una dolorosissima autodistruzione che vedrà passarli per inferno e ritorno. Una estenuante discesa agli inferi, tra peccati e sensi di colpa, che solamente l'incessante pioggia battente pre-conclusiva sarà in grado di poter lavar via, regalando un momento fortissimamente liberatorio e indispensabile a donare nuovamente giusta serenità e nuova voglia di vivere.
Presentato in concorso alla 68esima edizione del Festival di Venezia, “Shame” sorprende in primis per le eccezionali doti registiche manifestate dal suo regista Steve McQueen, un talento da tenere assolutamente d’occhio, se "Hunger" lo aveva sussurrato, questo suo secondo lavoro lo grida a squarciagola. Una pellicola sconvolgente, splendida e ottimamente interpretata, a tal proposito, da ricordare la vittoria della Coppa Volpi attribuita meritatamente a Michael Fassbender. In chiusura, visto che se ne parla sempre pochissimo, diventa obbligatorio spendere alcune parole anche nei confronti di una "eterna dimenticata" Carey Mulligan, che ad ogni nuova interpretazione si dimostra sempre più talentuosa e sublime, insomma, un attrice meravigliosa.
In attesa del Trailer ufficiale, una Clip del film:
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