Shame, vergogna: il titolo è vocativo proprio dell'elemento che manca a questo film, o meglio ai suoi personaggi. Steve Mc Queen (ovviamente nessuna parentela), artista - scultore, fotografo e cineasta - inglese costruisce una pellicola dove ogni inquadratura è una piccola opera d'arte di grande potenza visuale. All'uscita dalla sala ho visto spettatori piuttosto angustiati, segno che McQueen sa dove colpire. Del resto, ed è bene dirlo subito a chi volesse intraprendere la visione di questo film, nulla viene nascosto nè lasciato all'immaginazion: Shame mostra proprio tutto e sa colpire i punti scoperti. Non è per tutti, sia detto senza reticenze.
Fassbender e McQueen sul set
La trama del film, ambientato in una simbolica New York, è incentrata su Brandon, giovane uomo d'affari affetto da dipendenza da sesso. Brandon è giovane, benestante, bello ed ha molto successo con le donne. Apparentemente ha tutto ciò che serve per vivere una vita serena ed appagante. Apparentemente, potrebbe essere solo un giovane in carriera che non ha ancora "messo la testa a posto". Scopriamo poi che Brandon ha una sorella che fa la cantante, Sissy; è subito evidente che i rapporti fra i due sono piuttosto tesi, tuttavia Sissy, in città per delle esibizioni, si installa a casa del fratello rompendo la ossessiva routine di Brandon.
Il film segue l'evolversi di questo rapporto, che si estremizza sempre di più fino a giungere ad un punto di rottura oltre il quale le cose non potranno mai più essere le stesse. Forse.
Il "rito" del rimorchio al bar
Shame è un film che ci mostra eventi legati ad un uomo qualsiasi per parlarci di come siamo. Nelle sequenze in metropolitana all'inizio del film lo sguardo è impietoso: Brandon siamo noi, le facce sul metrò sono le nostre facce, tutti concentrati sul tentativo di entrare in relazione il meno possibile l'uno con l'altro. Il Brandon di Michael Fassbender (un anno di grazia in cui è comparso anche in X-Men L'inizio, A dangerous method e Knockout-Resa dei conti, lo attendiamo in autunno in Prometheus di Ridley Scott, il prequel del mitico Alien) è un uomo ossessionato dal sesso, che è una immagine potente, immediatamente comprensibile e offre l'occasione di mostrare immagini di grande impatto emotivo. Ma la rappresentazione sarebbe stata efficace anche attraverso la droga, o - chessò - la playstation. Nelle disfunzioni della sessualità il comportamento è quasi sempre un sintomo, mentre la causa si trova più in profondità e qui ci si occupa, appunto, delle cause.Il concetto è che Brandon è disperatamente solo e che la solitudine l'ha reso del tutto insensibile; le figure umane sono oggetti fra gli oggetti, non persone. Il sesso diventa per il protagonista l'unico modo di avere una prova del proprio essere in vita. Brandon spesso vede panorami spettacolari, si muove in luoghi ammirevoli, ma non riesce realmente a vedere, ad apprezzare nulla di ciò che lo circonda. Il film mostra la incapacità di comunicare, la nostra incapacità ed i mostri che genera, e ce li mostra senza pietà alcuna e senza vergogna: anche di fronte, infine, a qualcosa che riesce a toccare Brandon nel profondo nessuno può essere sicuro che la lezione sia stata appresa. Come McQueen fa dire ad una disperata Sissy "non siamo cattive persone, veniamo solo da un brutto posto". Il posto da cui veniamo, però, è il mondo e finchè non ci decideremo a renderlo migliore di com'è sarà difficile per Brandon e Sissy riuscire a cacciare i fantasmi che li tengono prigionieri.Di Fassbender si è detto, molto brava anche Carey Mulligan (OK in An education, alle lettrici interessate al vintage consiglio di leggere questo post scritto dalla mia amica Rosaspina, KO in Wall Street Il denaro non dorme mai, di nuovo OK nel pur sopravvalutatissimo Drive), che offre un delicatissimo ritratto della fragile Sissy. Sorprendente per intensità l'interpretazione di New York New York, che strappa una lacrima persino a Brandon!
Brava anche Nicole Beharie, nel ruolo di Marianne, la collega di Brandon che gli offre l'unica opportunità di costruire un rapporto umano vero, il message in a bottle su cui tornerò dopo.
Per chi se lo chiedesse la sexy sconosciuta sul metrò è Lucy Walters, io non mi ricordo dove l'ho già vista. Qualcuno ha suggerimenti?
Bellissima la scenografia, in particolare la casa minimal, ordinatissima e ossessivamente pulita di Brandon che si fa caotica quando vi entra Sissy.
Le riprese della città sono efficacemente caratterizzate dai toni freddi e da luce bianca (o grigia?).
L'insensibilità di Brandon è la nostra insensibilità, e la sua ossessione è immagine delle nostre. McQueen ci mostra un mondo dove non c'è mai gioia, dove ognuno pensa per sè, dove gli amici servono per uscire la sera e non per uscire da un problema. Ci ammonisce, McQueen, siamo diventati una civiltà dove il benessere non manca eppure non riusciamo ad apprezzarlo. Trenta anni fa Sting con i Police cantava di un mondo in cui per tentare di uscire dalla solitudine lanciava un messaggio in una bottiglia, per poi scoprire milioni di altre bottiglie come la propria; oggi forse abbiamo smesso di mandare messaggi e - forse - non siamo più neppure capaci di vedere quelli mandati dagli altri. Ed è un dubbio che, come a me, ha lasciato un certo sgomento anche sulle facce degli altri silenziosi spettatori all'uscita dalla sala.
All those moments will be lost in time...like tears in rain