Nei Shardana di Porrino, hutalabì è il grido di guerra di Gonnario e dei guerrieri e cavalieri sardi; e Hutalabì è anche in titolo originario del suo dramma musicale, modificato in I Shardana soltanto alcuni mesi prima della rappresentazione partenopea. Il disegno di copertina della prima edizione della raccolta sattiana Canti barbaricini è di Francesco Ciusa e raffigura un giovane che «avanza con la bocca spalancata in groppa a un cavallo lanciato verso l’avvenire» con in basso a destra l’ultima strofa della poesia del Satta: O cavallo di gloria, hutalabì!
Maria Elvira Ciusa ribadisce che si «è parlato spesso dell’influsso che la poesia del Satta avrebbe esercitato sulla prima fase della creatività del Ciusa». A questo punto ci sembra di poter dire che la poesia del Satta, e in modo particolare quella dei suoi Canti barbaricini, ha sicuramente esercitato un certo influsso anche nella creatività letteraria del Porrino, soprattutto per quanto riguarda il carattere epico-drammatico del testo letterario de I Shardana. Durante le mie ricerche nell’archivio privato di Màlgari Porrino a Roma, ho ritrovato la raccolta poetica del Satta nella biblioteca personale di Ennio Porrino; ecco la copertina del volume.
Non che Porrino non conoscesse la restante produzione poetica sattiana, tutt’altro, visto che, come ho accennato inizialmente, la lirica Traccas (il titolo è di Porrino, non di Satta) è tratta dal volume di Sebastiano Satta, Canti del salto e della tanca, Cagliari 1924, utilizzando versi di alcune poesie dei Muttos del Satta: vedi le poesie Primavera, Cuori lontani, La luna nera, Cuori lontani.
Tra l’altro Porrino conobbe il Ciusa anche personalmente, il quale regalò, come confermatoci da Màlgari Onnis Porrino, alcune sue incisioni al compositore cagliaritano, e conosceva profondamente anche le opere dei grandi pittori sardi Giuseppe Biasi e Filippo Figari; di quest’ultimo fu anche amico e frequentatore.
Potrei anche osare di più se volessi rilevare delle analogie (sicuramente non casuali) tra la muta disperazione della scultura di Ciusa la Madre dell’ucciso e la figura drammaticamente tragica di Nibatta nell’opera porriniana. Porrino conosceva benissimo la statua del Ciusa: infatti, la prima versione in bronzo della stessa si può ammirare dal 1907 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. E anche Nibatta, verso la fine de I Shardana, canta – dando voce così alla Madre di Ciusa – la sua disperazione dopo l’uccisione del figlio: NIBATTA, con espressione assente, come di persona che ha perduto la ragione: La ninna nanna, figlio mio adorato, / la ninna nanna della madre tua! / Cento stelle rilucono nel cielo, / ma la più bella dorme nella culla. / Cento steli sorridono nel campo, / ma il più fiorito cresce nella casa. / Cento porti difendono le navi, / ma più sicuro è il cuore della mamma. Come non riconoscere in Nibatta e nella sua «espressione assente, come di persona che ha perduto la ragione» l’influsso e il riferimento a La Madre dell’ucciso del Ciusa alla quale Porrino, si ispirò per il suo poema sinfonico Sardegna? Ed effettivamente Porrino conferma senza il minimo dubbio questa impressione, poiché nella didascalia riportata dalla partitura del suo poema sinfonico Sardegna, stampata da Ricordi (Milano 1934), leggiamo: Notte nei pascoli sardi: canti d’amore, accordi di chitarra, un ballo fatto a viso chiuso e cupo… Nello stazzo hanno portato il figlio ucciso… La madre è irrigidita nel suo dolore, il lamento delle attittadoras (prefiche) è come una lugubre ninna-nanna… Nella mistica serenità dell’alba il dolore si fa preghiera, ogni cosa rivive nella gioia del sole, nella pace della Natura… (Sardegna: Poema sinfonico per orchestra di Ennio Porrino; partitura, Milano 1934, Ricordi). La madre dell’ucciso (in bronzo) di Francesco Ciusa è esposta alla Galleria d’Arte Moderna di Roma.
M. E. Ciusa, «Il luogo, il tempo, la forma: nota biografica su Francesco Ciusa», in: Francesco Ciusa, Nuoro 1990, pag. Non che Porrino non conoscesse la restante produzione poetica sattiana, tutt’altro, visto che, come ho accennato inizialmente, la lirica Traccas (il titolo è di Porrino, non di Satta) è tratta dal volume di Sebastiano Satta, Canti del salto e della tanca, Cagliari 1924, utilizzando versi di alcune poesie dei Muttos del Satta: vedi le poesie Primavera, Cuori lontani, La luna nera, Cuori lontani.
Giovanni (Giuanne) Masala
Gli uomini dei nuraghi: dramma musicale in 3 atti, Stoccarda
2009 (www.sardinnia.it), volume contenente il libretto
’opera in tre atti a firma dell’autore, nonché le critiche all’indomani della
appresentazione al Teatro San Carlo di Napoli (1959) e al Teatro Massimo di
Cagliari (1960).