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Creato il 25 novembre 2011 da Spaceoddity
Capita spesso che io non sia d'accordo con gli altri.
E, che ci si creda o no, non me ne faccio un vanto. (Difficilmente, a dire il vero, mi vanto di qualcosa.)
Una cosa, però, mi preme. Mi preme che io non debba essere uguale a un mio amico per ritenerlo amico.
Mi preme non essere costretto a condividere credo e scelte esistenziali, preferenze letterarie, ascolti e frequentazioni per stare con le persone che amo. Mi preme uscire con un'amica o un amico perché mi va, e non prendere un gelato se non mi va, ma sono felice di vedere chi sta con me a mangiarne uno perché ne aveva proprio voglia, senza sentirmi asociale. Mi preme continuare a ragionare sulla mia vita, sulla vita secondo l'esperienza che accumulo e che faccio, plastico, troppo plastico come sono, senza essere costretto a concordare per forza sulle cose, al limite anche su nessuna. Mi preme dirci che le cose che ci si dice, costruire qualcosa insieme a partire da quel che siamo, senza presupporre che tutto il resto degli aspetti ci accomuni, ma lasciando tutto lo spazio perché il mondo intero, la vita ci renda complici di un cammino che si fa e perché si arrivi a capirci. Mi importa l'ascolto, la disponibilità ad accoglierci.
E certo, ci devono essere le basi perché ciò avvenga. Oltre all'empatia, dico. Una ragione perché il dialogo cominci. Se guardo ai miei amici, alle persone che ho attorno, mi accorgo che in altri momenti e con altre vicende non ci saremmo potuti incontrare; con alcuni, oggi, forse a incontrarci oggi non saremmo neanche amici. Ma questo non sta a me dirlo: grazie a Dio, ci sono persone che amo, per un motivo o per un altro. Il punto è che non capisco, proprio non capisco, cosa possa portare di buono concordare su qualcosa, a meno che non si tratti di qualcosa di operativo. E meno che mai capisco per quale ragione ci siano persone che si tirano indietro proprio sugli aspetti pratici (dall'educare i figli all'arrivare sistematicamente e programmaticamente in ritardo sulle consegne o agli appuntamenti, con le scuse più inaccettabili e gli alibi sociofilosofici più balordi), che invece richiedono un'esattezza che conosce solo chi vive e lavora in gruppo.
E certo, anche elasticità e intelligenza. Ma sono proprio l'elasticità e l'intelligenza di chi si apre all'altro.

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