MEDITERRANEO: Continua la ricerca per il progetto SHARKLIFE
Sono anni che le associazioni ambientaliste hanno lanciato il grido d’allarme per gli squali nel Mediterraneo e ancora troppo poco è stato fatto. L’importanza di squali e razze nei nostri mari è stata evidenziata dal rapporto IUCN con l’ormai tristemente famosa Lista Rossa 2007 – Valutazione dello stato di conservazione dei pesci cartilaginei (Condritti). Questo studio afferma che sebbene il Mediterraneo sia un mare semi-chiuso, ospita una fauna diversificata di Condritti con circa 80 specie, fra cui 45 specie di squali. L’Italia, grazie alla sua posizione strategica nel cuore del Mediterraneo, ospita 43 specie di squali. Il rapporto IUCN presenta prove del fatto che la regione interessata ha la percentuale più alta di squali e razze minacciate al mondo. Il 42% delle 71 specie valutate sono elencate nella Lista Rossa delle specie minacciate (nelle categorie Criticamente minacciate, in pericolo o vulnerabili) a causa del loro stato di conservazione. La principale minaccia alla loro sopravvivenza è la pesca, sia a livello professionale che a livello sportivo, che diversi paesi che si affacciano sul mare praticano assiduamente e in particolare nei mari italiani. Tutte le attività di pesca, compresa quella sportiva, un’attività diffusa lungo le coste italiane, hanno un forte impatto su molte specie, sia nel numero di animali catturati e sia perché spesso si tratta di catture di giovani esemplari.
Questo lo scenario dove si muove il progetto Life+ dell’Unione Europea, presentato durante la Settimana Europea degli Squali promossa come ogni anno da Shark Alliance, orientato ad azioni urgenti per la conservazione dei pesci cartilaginei nei mari italiani di cui da qui per i prossimi tre anni affidato ad una cordata di associazioni ed enti di cui capofila è CTS (Centro Turistico Studentesco e giovanile), associazione di protezione ambientale specializzata principalmente nella tutela della biodiversità marina.
In linea con il piano d’azione europeo per i pesci cartilaginei approvata nel 2009, questo progetto si propone di contribuire alla conservazione degli squali in generale, con attività mirate in particolare allo squalo elefante e trigone viola, animali che non hanno valore commerciale, ma che molto spesso vengono catturati accidentalmente, per loro sono previste azioni mirate alla riduzione della mortalità causata dalle attività di pesca professionale.
E’ bene ricordare infatti che il ciclo di vita di squali e razze, a differenza della maggior parte delle altre specie di pesci, è molto lenta. Crescono lentamente, raggiungono la maturità sessuale in età avanzata, hanno livelli di fecondità bassi, periodi di gestazione lunghi e di solito producono un basso numero di figli. Queste caratteristiche li rendono particolarmente vulnerabili alla pesca intensiva, che non consente alla specie di ricostituire la popolazione in tempi brevi.
A sinistra ELEONORA DE SABATA e a destra SIMONA CLO
Ma quali sono le cause principali che contribuiscono all’estinzione degli squali? “Due sono le spiegazioni che si possono dare – afferma Simona Clo’ responsabile del Settore Conservazione Natura del CTS e membro dello Shark Specialist Group Mediterraneo della IUNC: da un lato il degrado dell’habitat, dall’altro le catture accidentali effettuate dalle reti fisse e da altri attrezzi da pesca che sono abbondantemente distribuiti lungo le nostre coste. Anche la pesca sportiva contribuisce alla rarefazione di alcune specie e la novità del progetto prevede, in collaborazione con la Fipsas, la modifica del regolamento delle gare di pesca sportiva con il divieto di cattura di tutti i pesci cartilaginei, squali in primis e razze, torpedini e i trigoni. E’ importante introdurre la pratica del tags and release – continua la Clo’ – ovvero la marcatura e il rilascio delle prede che vengono pescate. Questa attività oltre a salvare numerosi esemplari di squalo, permetterà di raccogliere dati importanti, che ancora non abbiamo. Bisogna infatti ricordare che, sempre dal report dell’IUCN, del 26% dei pesci cartilaginei del Mediterraneo non abbiamo dati sufficienti per stabilire il loro stato di conservazione. Grazie a questa attività potremmo raccogliere importanti informazioni per avere un quadro completo sulla popolazione di alcune specie di squali, come la verdesca, lo squalo volpe e lo spinarolo.
Altra importante novità è l’introduzione a regime degli ami circolari. L’uso di questo attrezzo da parte dei
Un trigone
pescatori professionisti ridurrebbe del 20% la pesca di trigoni viola (pesce dalle grandi dimensioni con un pungiglione velenoso) che molto spesso vengono catturati durante la pesca del pesce spada.. Questa azione prevista nel progetto è garantita da Agci Agrital, l’associazione del settore agro-ittico-alimentare dell’AGCI che associa, rappresenta e tutela gli Enti Cooperativi distribuiti sull’intero territorio nazionale operanti anche nella pesca.
Un cetorino conosciuto anche come squalo elefante
Altro grande protagonista dello SharkLife è lo squalo elefante, il pesce più grande del Mediterraneo con esemplari che possono raggiungere dimensioni notevoli: 11.5 metri di lunghezza per 4,500 kg il più grande mai avvistato. “Capita troppo spesso che inseguendo le correnti dove abbonda plancton – sostiene la Clo’ – gli squali elefante si imbattano nelle reti da posta dove restano imprigionati e dove purtroppo muoiono. Accade soprattutto nei mesi di febbraio e marzo, periodo in cui si concentrano numerosi avvistamenti nel nord della Sardegna. In soccorso degli squali elefante arriverà un nuovo dispositivo elettronico applicato alle reti da posta che trasmetterà un segnale radio al personale del Parco della Maddalena ogni qualvolta un animale rimarrà intrappolato. Il prototipo di questo dispositivo sarà progettato proprio in questi tre anni di studio e ricerca.
“Il progetto è il più grande progetto di conservazione che l’Europa abbia mai dedicato agli squali nel Mediterraneo negli ultimi anni – afferma Stefano Di Marco Vice Presidente Nazionale di CTS. Pensare alla tutela di questi splendidi animali è importante ma lo è altrettanto sfatare il luogo comune che gli squali siano mangiatori di uomini. Sono predatori ed è normale che aggrediscano le prede, e ovviamente l’uomo non rientra in questa categoria, ma nel Mediterraneo è rarissimo che uno squalo attacchi l’uomo. In Europa e in Mediterraneo parliamo di 36 attacchi fino al 1989 dopodiché nessun’altra segnalazione. Lo squalo è all’apice della catena alimentare e svolge da sempre un ruolo regolatore nell’ ecosistema marino. Il fatto che il loro aspetto sia minaccioso e poco rassicurante non deve indurre nell’errore che non merita la giusta protezione. Tutti dovremmo avere lo stesso atteggiamento sia nei confronti di un delfino che di uno squalo – conclude Di Marco.