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Che Succede a Sherlock? Col suo tono leggero e umoristico, il secondo episodio della terza serie The Sign of Three ha senza dubbio spiazzato molti fan preoccupati dalla prospettiva di un imperdonabile crollo qualitativo in relazione allo sviluppo della trama e dei personaggi, ma noi non siamo dello stesso parere.
Sherlock Holmes è un fine osservatore e conoscitore dei segreti che si nascondono nel labirinto della mente, ma c'è una materia che è sempre stata al di là delle sue competenze: il sentimento, quel calore umano che intreccia i fili delle nostre vite a quelle degli altri e che minaccia la nostra capacità di giudizio è qualcosa che Holmes aveva sempre respinto con decisione, ma l'amicizia costruita con John Watson nel corso degli anni e sopravvissuta persino a due lunghi anni di bugie, è riuscita a realizzare l'impossibile.
Vedere un personaggio tradizionalmente granitico paralizzato dalla richiesta di essere il testimone di John ma soprattutto dalla realizzazione di poter essere il migliore amico di qualcuno sembra molto out of character, ma forse ci eravamo dimenticati che il Detective annoiato disposto ad uccidersi pur di affermare la propria intelligenza è morto da tempo: con l'ingenuità e la inesperienza di un bambino, Sherlock azzarda i primi passi nella "normalità" per contribuire in ogni modo possibile alla felicità dell'amico, finendo per combinare disastri e creare imbarazzo in situazioni a dir poco esilaranti, ma riuscendo anche a pronunciare parole toccanti e commoventi durante un discorso-fiume per le nozze del Dottore che ribadisce come l'intero episodio sia una sincera e tenerissima dichiarazione d'amore alla storica amicizia fra i due.
Anche Watson, preoccupato di lasciare solo l'amico da poco ritrovato, non deve dimenticare la lezione: con la sua valigia piena di abiti ordinari e scoloriti, il Maggiore Sholto(suo ex superiore)è il riflesso dell'ombra senza speranza che sarebbe probabilmente diventato se Sherlock non si fosse messo sul suo cammino.
Con un caso da risolvere proprio nel bel mezzo del ricevimento Sherlock non dimentica di essere prima di tutto un Detective, ma il cambiamento inizia a farsi strada dentro di lui in modo sempre più insistente: nel corso del lunghissimo monologo che regge l'intera puntata a colpi di flashback e aneddoti( sostenuto magnificamente da Benedict Cumberbatch) il nostro Testimone svolge la sua indagine combattendo contro sé stesso in un inedito e formidabile duello interiore, dove la ragione fredda e calcolatrice incarnata dall'immagine del fratello Mycroft viene in fine messa da parte per lasciare che sia l'umanità insegnatagli da John, la stessa che preferisce salvare una vita piuttosto che attendere che il crimine si consumi, a vincere la partita.
Mycroft ci aveva però avvertiti che farsi coinvolgere non è un vantaggio e per quanto Mary ci appaia come la donna perfetta sappiamo che il matrimonio cambia le persone: non tutti i telegrammi di congratulazioni sono forieri di buone notizie, non tutte le promesse possono essere mantenute e l'amara sensazione è che la piacevolezza gustata finora sia solo fumo negli occhi, per distrarci dal disastro che si consumerà nel prossimo episodio per mano di Steven Moffat.
Leggi su cinefilos/serietv: Sherlock 3×02 recensione dell’episodio con Benedict Cumberbatch
Note:
1)I personaggi di Jonathan Small e del Maggiore Sholto provengono entrambi ( se pur usati in un contesto completamente diverso), da Il Segno dei Quattro ( The Sign of Four) di Arthur Conan Doyle, a cui si ricollega blandamente l'episodio in virtù del matrimonio di John Watson e Mary Morstan.
2)Anche The Sign of Four si concludeva in modo abbastanza malinconico per il nostro Detective:
-“The division seems rather unfair,” I remarked. “You have done all the work in this business. I get a wife out of it, Jones gets the credit, pray what remains for you?”
“For me,” said Sherlock Holmes, “there still remains the cocaine-bottle.” And he stretched his long white hand up for it.-
3) CAM is coming and he's going to destroy us ALL.
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