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L’epitaffio di Sherwood Anderson ( scrittore statunitense Camden, 13 settembre 1876 – Panamá, 8 marzo 1941) recita: “La vita, non la morte, è l’avventura più grande”. E proprio della vita parlano queste storie!
Ritorna una grande raccolta di racconti: Sherwood Anderson, Winesburg, Ohio, Einaudi. È la raccolta fondamentale di questo autore. Il libro di un autentico capostipite della narrativa americana del Novecento, di quella riconducibile ad Ernest Hemingway, William Faulkner, Thomas Wolfe, John Steinbeck, e altri. Il ritratto di una comunità (ogni capitolo del libro è dedicato ad uno degli abitanti di Winesburg), scarno ed essenziale, preciso e colmo d’umanità per l’imperfezione dei suoi protagonisti.
Sherwood Anderson, Winesburg, Ohio, Einaudi
Gli abitanti di Winesburg, Ohio, come osservava Alberto Moravia, conducono tutti una doppia vita: una pubblica, noiosa, abitudinaria, rispettabile; una segreta e intima devastata da voglie furiose e da deliri inconfessabili. Anderson con questi suoi personaggi dissociati e doppi ha inteso certo dipingerci l’umanità come egli l’ha conosciuta; in realtà, poi, senza volerlo, ci ha descritto il momento delicato e doloroso della trasformazione degli Stati Uniti da paese agricolo e patriarcale in nazione moderna e industriale.
I ventiquattro capitoli che compongono Winesburg Ohio si possono chiamare novelle soltanto per comodità; in realtà sono composizioni tra poetiche e narrative ciascuna centrata intorno a un singolo personaggio: quasi una serie di ritratti.Basterebbero i tre capitoli in cui è descritta la grandezza e la decadenza della famiglia Bentley; oppure i due sulla crisi religiosa del reverendo Hartman per apprendere sull’America e sullo spirito americano piú che in tanti altri romanzi