Magazine Cinema
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Remake dell'omonimo film di Fukasaku ne ricalca la trama in maniera piuttosto precisa... D'altra parte vedendo nell'opera capostipite un protagonista che da di matto, ammazzando anche i suoi e si mangia le ossa dell'amata, chiunque avrebbe subito pensato a Miike.
Le differenze sono però tra le pieghe della storia. Esattamente come nel precedente il protagonista violenta una ragazza che poi si innamorerà di lui, attaccabrighe arriva ad eliminare i suoi protettori, viene messo in prigione, si da alla droga, muore suicida (lo posso dire con tranquillità, c'è nella scena d'apertura). Ma se il protagonista del film di Fukasaku era un coglioncello, che rimaneva bloccato in situazioni pericolose e ne usciva senza pensare compiendo ogni sorta di idiozia (la ragazza non progetta di violentarla fin dall'inizio, la droga era solo un modo per far soldi, lui inizialmente reagisce in maniera violenta per proteggere il suo clan); il protagonista di Miike invece è un pazzo senza una regola (chiede alla ragazza di andare con lui al karaoke solo per poterla violentare, attacca chi lo sta proteggendo dal boss che lo cerca solo perché si annoia, si da alla droga per lo stesso motivo), assolutamente senza pudore e morale, quello che ci si aspetterebbe da un personaggio miikiano. La differenza fra i due è di sostanza, ma forse riesce anche a dire qualcosa sullo zeitgeist; il film di Fukasaku fu u involontario manifesto della generazione post-bellica, quella cresciuta con un Giappone ex imperiale, ora ridotto a provincia degli USA, senza un esercito, senza un leader, senza più la famiglia reale-divinità, cresce indipendente ed insofferente nei confronti di ogni autorità (l'unica a cui si obbedisce è una potenza esterna) e senza più quei concetti di lealtà e obbedienza bruciati dalla guerra. Il film di Miike potrebbe essere letto come un involontario manifesto post esplosione (esplosione della bolla economica degli anni '90, "esplosione" della città di Kobe a causa di un terremoto [eventop enorme per un Giappone che si scopriva debole nei confronti dei terremoti e nei confronti dell'illegalità visto che molte strutture "anti-sismiche" erano stata costruite con materiali scadenti], "esplosione" della metropolitana di Tokyo ad opera di Shoko Asahara), il Giappone (ormai senza valori tradizionali fatti fuori negli anni '70) si scopre vulnerabile a tutto, senza più un appoggio solido, una speranza concreta; se tanto si rischia costantemente di morire, chissenefrega delle autorità, le istituzioni (come la yakuza) o delle altre persone.
La regia di Miike è sempre lei, decisamente agli antipodi rispetto a quella di Fukasaku, predilige la precisione nelle inquadrature, alcuni piani sequenza, la bellezza delle immagini, un copioso uso del sangue (ok, questo c'era pure in Fukasaku) e una violenza esposta. Bellissimo il finale, una versione moderna ed esagerata dello spargimento di sangue del film capostipite, come se il protagonista fosse un otre pieno di tutto il sangue versato durante la vita.
Seppure la sceneggiatura risulti molto più solida del precedente muore dello stesso male, la ripetitività, qui spalleggiata anche da qualche momento di noia in più.
In definitiva, pregi simili e stessi difetti per quella che è una delle migliori operazioni di attualizzazione di un film mantenendone la spirito che abbia visto finora.
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