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Shining

Creato il 12 luglio 2011 da Paultemplar

Shining

Nel periodo compreso tra il 1971, data d’uscita di Arancia meccanica (A clocKwork orange) e il 1980 in cui esce l’ennesimo capolavoro di Kubrick, questo Shining (di cui parlerò fra poco), il grande regista di New York  naturalizzato inglese gira solo Barry Lindon (1975); in tutti e tre i casi si tratta di trasposizioni di opere letterarie, visto che A clockwork orange è tratto dall’omonimo romanzo di Anthony Burgess, Barry Lindon dal romanzo di William Makepeace Thackeray Le memorie di Barry Lyndon mentre Shining  dal romanzo omonimo di Stephen King.
La leggendaria pigrizia e l’altrettanto leggendario perfezionismo del regista trovano in Shining un’applicazione letterale di quelli che possono sembrare difetti ma che in realtà sono il grande valore aggiunto dell’intera opera di KubriCk.
Che non amava improvvisare, che voleva assolutamente sperimentare e che quando girava una scena era capacissimo di ripeterla all’infinito, fin quando non era moderatamente soddisfatto del risultato.

Shining

Ho scritto moderatamente perchè Kubrick in realtà sembrava eternamente scontento, anche quando la scena girata era praticamente perfetta.
In Shining il perfezionismo di Kubrick trova la sua massima applicazione principalmente nell’ossessivo rifacimento di scene girate con protagonista l’attrice  Shelley Duvall che nel film interpreta Wendy Torrance;l’attrice di Houston alla fine rischiò un esaurimento nervoso ma consegnò alla storia un ritratto femminile ingenuo e terrorizzato che è da considerare come una delle vette più altre della storia della recitazione femminile nel cinema.
Kubrick quindi gira Shining (letteralmente “luccichio”) nel 1980, usando il romanzo di Stephen King come base per la sua riduzione cinematografica e allontanandosene quel tanto da costringere il romanziere di Portland a dichiarare sprezzantemente che Kubrick aveva snaturato il romanzo, attirandosi la controrisposta critica del regista che dichiarò che il romanzo in fondo “non era un granchè”

Shining
Wendy, Danny e Jack Torrance in viaggio verso l’Overlook hotel

Kubrick quindi modifica la struttura narrativa del romanzo, aggiungendo scene e tagliandone altre, modificando l’età dei protagonisti e variando il finale, pur rispettando in fondo l’impianto narrativo; consegnando però alla storia del cinema un film difficilmente inquadrabile in un genere predefinito e proiettando in esso una serie di strane disattenzioni e contraddizioni temporali che appaiono fatte a bella posta, quasi a voler rimarcare la scelta del regista di creare un’opera che mescolasse casualmente elementi horror, thriller e metafisici, in un cocktail che barcolla più volte ma che alla fine consegna alla storia un film memorabile e degno di entrare tra i primi dieci della storia del cinema stesso.
Cercare di raccontare la trama in maniera organica è davvero impresa improba; chiunque non abbia visto il film rischia di rimanere spiazzato davanti alla descrizione di quelle che sembrano in prima apparenza una sequenza di scene poco allacciate l’una all’altra. In realtà quello che va preventivata è la necessità di liberarsi dell’impressione ricavata dalla lettura del romanzo di King, in quanto Kubrick realizza qualcosa di completamente diverso, un’opera in puro stile metafisico.

Fantasmi all’Overlook hotel

Il film inizia con il colloquio tra Jack Torrance, uno scrittore in profonda crisi con problemi di alcolismo e di disoccupazione e un uomo che gli prospetta la possibilità di trasferirsi in un hotel del Colorado, sperduto tra le montagne con l’incarico di diventarne il guardiano.
L’Overlook hotel è infatti chiuso per l’arrivo della stagione invernale, essendo in pratica irraggiungibile per neve durante i cinque mesi più duri dell’anno, quando le tempeste di neve e il freddo lo rendono in definitiva un eremo isolato.
Con molta onestà, Stuart Ullman direttore dell’hotel informa Jack delle difficoltà psicologiche e di adattamento al lavoro legate al lungo periodo d’isolamento che in passato hanno causato una tragedia all’interno dell’Overlook. Il precedente guardiano, Delbert Grady, in preda ad un raptus di follia aveva sterminato la propria famiglia con un’ascia.
Per nulla intimorito dal racconto, Jack accetta il lavoro e caricata l’auto e la sua famiglia, ovvero la moglie Wendy e il figlio Danny, parte alla volta del Colorado.
L’arrivo della famiglia sembra tranquillo, e il piccolo Danny lega subito con Mr. Halloran, cuoco dell’albergo; l’uomo intuisce immediatamente che il piccolo Danny è un bambino speciale. Possiede, come lui del resto, il dono della “lucciccanza”, lo shining, cioè la capacità di vedere passato e futuro, di poter anche interagire con le ombre e i fantasmi che inevitabilmente compongono questo mondo parallelo legato però in maniera fortissima al mondo reale.

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Jack Nicholson, Jack Torrance

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Shelley Duvall, Wendy Torrance

Contemporaneamente però Halloran invita il bambino a non aver paura di quello che vedrà, in quanto le immagini e le visioni non sono in grado di potergli fare del male.Nel corso del colloquio  l’uomo raccomanda al ragazzino di non entrare mai e per nessun motivo nella camera 237, lasciando sospesa qualsiasi spiegazione in merito al consiglio dato.
Nei giorni successivi danny si dedica a lunghe esplorazioni dell’albergo con il suo inseparabile triciclo, mentre sua madre Wendy passa il tempo svolgendo facende domestiche e suo padre Jack sembra aver ripreso di buona lena la stesura del romanzo a cui stava lavorando.
Poco alla volta però l’atmosfera cambia e il piccolo Danny è il primo a notare la strana e opprimente atmosfera che aleggia nell’Overlook hotel; minacciose e inspiegabili visioni iniziano a perseguitarlo, come l’incontro con le figlie di Delbert Grady uccise anni prima, accompagnate da orribili scene in cui si vede un’ascensore spalancare le porte e far uscire un mare di sangue. Per fortuna il ragazzino, memore degli insegnamenti di Halloran, riesce a dominare la paura, evitando contemporaneamente di raccontare l’accaduto ai genitori.
L’atmosfera vira decisamente verso l’ossessivo e il claustrofobico e a farne le spese è proprio Jack, che inizia a mostrare evidenti segni di squilibrio; lo vediamo infatti dialogare con un immaginario barman dell’hotel al quale inizia a confidare i problemi personali con l’alcolismo e con la violenza che in precedenza, dapprima latitante, era esplosa un giorno nei confronti del figlio Danny al quale aveva finito per rompere un braccio.

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La visione di Danny

Intanto Danny scopre cosa c’è nella camera 237; quando esce dalla stessa, il ragazzino è scosso e sua madre Wendy scopre che lo stesso presenta vistosi lividi sul collo. Se la donna dapprima pensa che la causa sia suo marito, ben presto deve ricredersi e inizare a pensare che nell’hotel stia accadendo qualcosa di grave.Anche Jack entra nella stanza “proibita” e si ritrova davanti una splendida donna nuda che però ben presto si trasforma in un’orribile megera.
La situazione precipita; Jack parla con quella che è evidentemente una proiezione metafisica di Grady che lo invita a fare la stessa cosa che fece lui alla sua famiglia, mentre Wendy scopre un con terrore che il romanzo che suo marito sta scrivendo in realtà non è mai stato nemmeno inziato. nella macchina per scrivere infatti la donna scopre un foglio sul quale è ripetuta ossessivamente la stessa frase, “Il mattino ha l’oro in bocca”, così come su tutti i fogli che giacciono sulla scrivania.

Shining

Ormai convinta che il marito sia fuori di testa, Wendy affronta Jack ma deve fuggire terrorizzata perchè Jack ormai completamente impazzito emulo di Grady la insegue con un’ascia tra le mani.
Danny riesce a sottrarsi al pazzo Jack e si infila nel labirinto dell’hotel che conosce alla perfezione e riesce a mimetizzarsi grazie anche all’astuto espediente di cancellare le proprie impronte.
Jack, che nel frattempo ha ucciso a colpi di scure Halloran tornato all’hotel insegue il figlio, ma persosi nel labirinto, muore assiderato….
Shining è sostanzialmente un film con più metodi di lettura; chiunque può riconoscere nella riduzione di Kubrick un’allegoria della follia che alberga negli individui di età adulta, oppure una semplice allucinazione portata oltre i confini della razionalità oppure una qualsiasi chiave di lettura che la sensibilità dello spettatore può suggerire.

Shining
L’ombra della follia nello sguardo di Jack

In fondo quello che Kubrick fa è esattamente questo, offrire allo spettatore un modo alternativo di vivere una vicenda in cui la follia e l’invisibile, le proiezioni metali e le malattie stesse della mente, la nemesi di un destino che si riprone oppure semplicemente una maledizione che stagna nell’Overlook Hotel come una malattia virale sono parte integrante di una storia ai limiti del credibile eppure così semplice nella sua linearità da rendere quasi banale l’effetto male/ follia che si scatenano nell’angoscioso hotel.
Un film molto bello e kafkiano, in cui la mano di Kubrick è evidentissima in ogni dettaglio e in cui però va citato l’altro elemento fondamentale che ha contribuito allo straordinario successo di critica e di pubblico del film, la recitazione di uno straordinario o superlativo Jack Nicholson, capace di rendere demoniaco in maniera eccelsa il personaggio folle e drammatico di Jack Torrence.
Accanto a lui, assolutamente inimitabile, uno dei più grandi attori della storia del cinema, va citata Shelley Duvall, che probabilmente arrivò ad odiare Kubrick ma che ottenne grazie a questo film una notorietà che altrimenti avrebbe faticato per avere.

Le visioni di morte di Danny

L’edizione italiana del film ha anche un punto di forza, ovvero lo splendido doppiaggio fatto dalla coppia Giannini-Giampalmo, coppia anche nella vita, che prestano la voce ai conosciutissimi e ormai inconfondibili Jack e Wendy.
Da segnalare anche l’uso della camera a mano, che da ancor più drammaticità all’immagine, una soluzione tecnica che diverrà in seguito uno dei cardini della cinematografia moderna.
Shining può quindi essere definito un capolavoro, in un genere che non ha mai avuto il favore della critica, quello dell’horror/thriller; tocca proprio a Kubrick quindi arrivare per primo all’olimpo dei registi più apprezzati, anche se per una sola opera di un genere da sempre poco considerato.
Il vero genio è questo, ovvero l’uomo che innova e modifica, crea e taglia per montare, smontare e rimontare ossessivamente, mai pago del risultato finale; fatte le ovvie e debite proporzioni, Kubrick assomiglia ad un altro genio che aveva le stesse caratteristiche, Leonardo Da Vinci.
Il grande toscano non era mai soddisfatto di quello che creava, così come Kubrick.
E’ questo probabilmente il confine tra la normalità e il genio assoluto.

Annotazioni sul film

Stanley Kubrick, come già detto in fase di recensione, apportò varie modifiche alla stesura originale del romanzo di Stephen King.
Le più importanti riguardano l’età dei protagonisti; gli attori Nicholson e Duvall sono di almeno dieci anni più anziani dei loro omologhi nel romanzo, La Duvall è bruna mentre nel romanzo la protagonista è bionda, il direttore dell’hotel appare come un personaggio cordiale, nel film, mentre nel romanzo è assolutamente l’opposto,nel film Jack impugna un’ascia mentre nel romanzo una mazza da baseball e infine completamente diverso è il finale, almeno nella parte che riguarda la morte di Jack che nel romanzo di King avviene per lo scoppio di una caldaia.Infine nel libro la camera misteriosa porta il numero 217.
Kubrick tagliò quasi 25 minuti di pellicola, che nell’edizione definitiva italiana è di poco meno di 119 minuti contro i 143 originali.
La frase che Jack scrive ossessivamente scoperta da sua moglie Wendy in origine era” All work and no play makes Jack a dull boy” ovvero ”     Solo lavoro e niente divertimento rendono Jack un ragazzo svogliato”, modificata nella versione italiana in  Il mattino ha l’oro in bocca e che varia ancora a seconda delle nazioni in cui venne distribuito il film (in Germania “Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi”, in Spagna “Anche se ti alzi più presto, non farà giorno prima” e in Francia “Un «Tieni» vale più di due «Avrai»”)

Jack muore assiderato

Shining,un film di Stanley Kubrick. Con Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers, Barry Nelson,Philip Stone, Joe Turkel, Anne Jackson, Tony Burton, Lia Beldam, Billie Gibson, Barry Dennen, Lisa Burns, Louise Burns, David Baxt, Manning Redwood, Lia Beldman, Alison Coleridge
Titolo originale The Shining. Horror, durata 119 min. – USA 1980.

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Jack Nicholson: Jack Torrance
Shelley Duvall: Wendy Torrance
Danny Lloyd: Danny Torrance
Scatman Crothers:  Dick Halloran
Barry Nelson: Stuart Ullman
Philip Stone: Delbert Grady
Joe Turkel: Lloyd
Tony Burton: Larry Durkin
Barry Dennen: Bill Watson
Anne Jackson: Dottoressa

Shining

Regia     Stanley Kubrick
Soggetto     Stephen King (romanzo)
Sceneggiatura     Stanley Kubrick, Diane Johnson
Produttore     Stanley Kubrick
Fotografia     John Alcott
Montaggio     Ray Lovejoy
Musiche     Wendy Carlos e Rachel Elkind, Bela Bartok, Krzysztof Penderecki, Gyorgy Ligeti
Scenografia     Roy Walker

Doppiatori:

Livia Giampalmo: Wendy Torrance
Davide Lepore: Danny Torrance
Giancarlo Giannini: Jack Torrance
Marcello Tusco: Dick Halloran
Pietro Biondi: Stuart Ullman
Gianni Bonagura: Delbert Grady
Roberto Herlitzka: Lloyd

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“Sono il lupo cattivo!”
“Wendy dammi la mazza”
“Wendy, forse è bene che tu sappia che… quando passi da queste parti e mi interrompi, mi fai perdere la concentrazione, mi distrai capisci? E mi ci vuole un casino di tempo prima che io riesca a ritrovare il filo! Sono chiaro?”
“Ciao, Danny. Vieni a giocare con noi? Vieni a giocare con noi, Danny? Per sempre… per sempre… per sempre.”
“Wendy, tesoro, luce della mia vita! Non ti farò niente. Solo che devi lasciarmi finire la frase. Ho detto che non ti farò niente. Soltanto, quella testa te la spacco in due, quella tua testolina te la faccio a pezzi!”

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Le recensioni qui sotto appartengono al sito www.davinotti.com

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L’autovettura che sale in montagna, vista dall’alto, fa parte di quelle scene che uno non dimentica. Come non dimentica il film, in cui ciascuno trova i personali momenti di culto: il triciclo, le cadaveriche ragazzine, la cascata di sangue, le inevitabili onnipresenti simmetrìe. Nel cast secondario brilla (anzi: luccica) il grande Scatman Crothers.

Capolavoro del brivido (in senso psicologico) che viene portato a vette inarrivabili grazie alla “spaventosa” immedesimazione del grande Jack Nicholson nei panni dello psicolabile (forse posseduto) Jack Torrance. Atmosfere impressionanti (la scena della vasca con “cadavere putrefatto”) nell’albergo maledetto verranno riciclate in pellicole successive (L’Aldilà, Inferno) anche se -forse- devono molto a The Sentinel (1977). La celebre sequenza della macchina per scrivere ricorda molto il Pistilli de Il Tuo Vizio è Una Stanza Chiusa… Capolavoro.

Scrittore in ritiro creativo in un albergo di montagna fuori stagione: ma il luogo è pervaso da tragiche memorie. Un altro capolavoro di Kubrick, di straordinaria bellezza visionaria e di incredibile perfezione sotto tutti i punti di vista: riprese, montaggio, ritmo, recitazione… Un film sul baratro del conoscibile, che la fredda e cristallina location esalta grazie alla “perfida” regia. Jack Nicholson stratosferico. Echissenefrega del tradimento del romanzo: anche Michelangelo ha tradito l’Apocalisse per creare la Cappella Sistina!

Faccio prima a dire l’unica cosa che mi è sembrata un po’ grossolana (l’onda di sangue che esce dall’ascensore). Il resto sfiora la perfezione. A parte l’Hotel (mostruosamente grande, vuoto e inquietante), persino i monti e le vallate che lo circondano (visibili all’inizio, con musica perfetta) trasmettono già una certa angoscia. Dopodiché subentrano Jack (fenomenale), i fantasmi, la crescente pazzia e la luccicanza. Scene da storia del cinema (le gemelline, le ruote del triciclo sul pavimento, il mattino ha l’oro in bocca, il lupo cattivo).

Un film spaventoso come pochi, sia per la storia in sè che -soprattutto- per la tecnica sopraffina con la quale ci viene raccontata. Musiche, suoni, interpretazioni… tutto mette fortemente a disagio lo spettatore, fin dalle primissime inquadrature. Da sottolineare la recitazione di Nicholson e della Duvall, talmente sopra le righe da risultare quasi disturbante, fastidiosa. Il finale, che tradisce quello originario del romanzo di King, funziona comunque molto molto bene.

Girato come un saggio di calligrafia, pieno di invenzioni visive tuttora sbalorditive, Shining è un viaggio nella follia, una rappresentazione del male e dell’orrore nascosto nel quotidiano. Se il male esiste come forza in sé, Jack è innocente e l’Overlook è colpevole. Se l’uomo è libero, il male è una scelta. Il pessimista Kubrick incatena i suoi personaggi alle gelide simmetrie delle riprese di Garrett Brown, lungo i corridoi che portano al labirinto, luogo mitico e simbolo del gioco intellettuale del regista, che si chiude su una foto forse rivelatrice.

Shining

Non un adattamento ma una colonizzazione. Non un film tratto da King, ma un’opera di Stanley Kubrick e senza remore. Ci sono le sue cavie da laboratorio soverchiate dall’incommensurabile (la non linearità dello spazio tempo); lo sguardo entomologico che devia il sadismo in vezzo esplorativo, la coppia come ricettacolo ed epifania dell’uomo, la follia come liberazione nell’irrazionale. E poi la riforma dei generi, come negazione del canone: nessun colpo di scena ma una tensione che monta e si stratifica con implacabile geometrismo. Soundtrack agghiacciante. Nicholson e Duvall da cardiopalma.

Kubrick ha tradito quasi totalmente il romanzo da cui origina il film, quindi King ha ben ragione a disconoscere l’opera. Detto questo, bisogna ribadire che “Shining” è bellissimo e che, essendo girato in maniera impeccabile, riesce a creare un’atmosfera claustrofobica, aiutato in questo da un cast perfetto (sicuramente Nicholson è sopra le righe, ma il suo personaggio non si dimentica). Obbligatorio vederlo.

Kubrick firma un altro capolavoro. Oltre alle famose scene dell’asciata sulla porta o del fiume di sangue, un’ottima cura dei dialoghi, interpretazioni perfette (indimenticabile ovviamente Jack Nicholson). Musiche e tensione costante, Kubrick dietro la macchina da presa è anche in questo caso un genio.

Un altro memorabile capolavoro di Kubrick, che stavolta si cimenta nel genere horror con risultati eccellenti. Il soggetto (tratto da un romanzo di King) non è nulla di originale, ma la straordinaria regia e le superbe interpretazioni di tutto il cast (in particolare Nicholson ovviamente) rendono comunque il film assolutamente imperdibile. Molte le scene da antologia.

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Tre versioni internazionali del libro di King

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L’Overlook Hotel: sullo sfondo il monte Hood

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Una splendida immagine del monte Hood

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La neve sommerge l’Overlook hotel

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L’Overlook hotel, in realtà il Timberline Lodge sul monte Hood in Oregon

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Una vecchia cartolina antecedente al film di Kubrick

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