Shinya Yamanaka riceve il Nobel per la medicina

Da Nippolandia

Lo scienziato Shinya Yamanaka ha ricevuto il Premio Nobel per la Medicina per le sue ricerche sulle cellule staminali. Yamanaka è nato a Osaka nel 1962, si è laureato nell’università di Kobe e si è specializzato nell’Istituto Gladstone di San Francisco. Attualmente insegna nell’università di Kyoto. Dopo il ricevimento del prestigioso premio, il governo giapponese ha annunciato che stanzierà nuovi fondi per sostenere gli studi di Yamanaka. Inoltre il ricercatore riceverà anche altri fondi, che erano già stati assegnati. Si parla di uno stanziamento di 30 miliardi di yen in 10 anni per il progetto iPS sulle staminali pluripotenti indotte, che provengono cioè da cellule adulte e non embrionali. Intervistato dal Mainichi Shimbun, il ricercatore ha parlato della necessità di unire, nei suoi studi, il progresso scientifico all’etica: “La questione etica è realmente difficile. Negli Stati Uniti ho cominciato la ricerca  facendo esperimenti sui topi; ritornato in Giappone,  ho saputo che erano state create cellule staminali umane. Sono stato contento perché  queste avrebbero contribuito alla scienza medica. Allora ho cominciato la ricerca sulle cellule iPS come una via per fare buone cose come ricercatore. Ma mi sono trovato di fronte al problema etico. Se costruiamo sperma e ovuli da cellule iPS, questo ci conduce a creare nuova vita e così il lavoro che ho compiuto sulle cellule iPS mi ha messo di fronte a un problema etico. Se noi non prepariamo in anticipo dibattiti per i problemi etici, la tecnologia andrà avanti più rapidamente di quanto pensiamo”. Inoltre Yamanaja ha cercato di smorzare l’entusiasmo nei confronti delle sue ricerche, dimostrando molta umiltà: “Dozzine di volte ho tentato di ottenere qualche risultato e spesso ho fallito negli esperimenti. Molte volte sono stato tentato di rinunciare o di piangere. Le cellule iPS sono note come cellule versatili e la tecnologia può dare ai pazienti la falsa impressione che possono essere guariti dall’oggi al domani. Ci vorrano ancora da 5 a 10 anni prima che la tecnologia sia  fattibile.  Nel mio laboratorio ci sono oltre 200 ricercatori, e io voglio che i pazienti non rinuncino alla speranza“. (Fonte: Arigato)


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