E’ morta ieri, lunedì 10 febbraio, a Woodside (California) l’attrice Shirley Temple (Santa Monica, 1928), child star della “vecchia Hollywood”, cui arrise il grande successo di pubblico in un periodo compreso fra il 1934 e il 1939, quando, dopo una serie di ruoli minori, divenne protagonista di film piuttosto semplici nel loro impianto narrativo, per lo più accomunabili come schema di base.
Nel corso della narrazione trovava risalto non solo il suo indubbio talento artistico (la madre l’iscrisse alla Meglin’s Dance School di Los Angeles quando aveva appena tre anni, a cinque era già in grado di recitare, cantare e ballare), ma anche un ben delineato assunto morale, offrendo ad un’America reduce dalla Grande Depressione e in procinto d’accogliere il New Deal roosveltiano, l’ottimistica speranza di poter credere in nuovo domani. Ben presto divenne uno dei primi fenomeni di marketing legati all’immagine cinematografica, con l’ideazione di tutta una serie di oggetti con il suo nome (dalle bambole alle gomme da masticare).
Per il doppiaggio nel nostro paese venne scelta una piccola attrice, Miranda Bonansea, che rimase la doppiatrice abituale della Temple (con l’eccezione di Alle frontiere dell’India, dove venne doppiata da Gianfranco Bellini), anche se a partire dai ridoppiaggi degli anni’80 ci si rivolse verso nuove voci (Ilaria Stagni e Barbara De Bortoli).
Shirley surclassò rapidamente la notorietà di attrici di lungo corso, delle quali, in particolare nelle primissime interpretazioni (il debutto avvenne nel ’28, il cortometraggio What’s to Do?, dopo essere stata notata dal regista Charles Lamont), imitava le modalità recitative, per poi perfezionarsi in ruoli più definiti. Ecco allora titoli diretti quasi sempre dagli stessi registi, così da assicurare la suddetta continuità narrativa volta alla fidelizzazione, come David Butler (Bright Eyes, La mascotte dell’aeroporto, ’34, che fece conseguire all’attrice un “Oscar giovanile”, creato appositamente per lei; The Little Colonel, 1935, Il piccolo colonnello; Captain January, 1936, Capitan Gennaio), Irving Cummings (Curly Top, 1935, Riccioli d’oro; Little Miss Broadway, 1938, L’idolo di Broadway), Allan Dwan (Heidi, 1937, Zoccoletti olandesi; Rebecca of Sunnybrook, 1938, Rondine senza nido), con qualche felice, minima, eccezione (Wee Willie Winkie, 1937, Alle frontiere dell’India, John Ford), tutti film che ricordo con piacere, per quanto avvolti nella consueta aura onirica, avendoli visionati per la prima volta da bambino quando venivano trasmessi in televisione, in particolare, se la memoria non mi inganna, durante il periodo delle festività natalizie.
Ma, come già scritto per un’altra attrice dal destino per certi versi comune a quello di Shirley, Esther Williams, anche ormai grandicello non ho mai smesso di apprezzarli, sempre affascinato da queste produzioni così ingenue ma tanto ricche di fascino e mai forzate a livello recitativo o nell’esecuzione dei numeri musicali (il ricordo va subito, fra i tanti, al tip tap della Temple e di Bill Robinson, nel citato The Little Colonel), anzi caratterizzate da una certa leggiadria capace di generare simpatia e buonumore. Già agli inizi degli anni’40 l’astro dell’attrice iniziava la sua fase discendente, qualche film ancora baciato dal successo (The Little Princess, La piccola principessa, Walter Lang, ’39), tra tanti tentativi di riproporre il consueto personaggio, le successive proposte di rilancio in ruoli ormai adolescenziali che non ebbero però l’esito sperato (l’ultima interpretazione valida, anche se non del tutto convincente, la si può rinvenire in Fort Apache, 1948, Il massacro di Fort Apache, John Ford) e poi l’abbandono definitivo delle scene.
Successivamente ottenne nel corso degli anni diversi incarichi governativi: membro della rappresentanza statunitense delle Nazioni Unite (1969), ambasciatrice in Ghana (1974-1976) e in Cecoslovacchia (1989-1992), capo del protocollo al Dipartimento di Stato (1976), mentre nel 1988 ha pubblicato il libro Child star: an autobiography. Ciao “riccioli d’oro”, simbolo di un’infanzia sospesa nel tempo.
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