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Shoah - Sono colpevole anch'io

Creato il 28 gennaio 2014 da Gaetano63


Shoah - Sono colpevole anch'io«Il caso Franz Stangl» di Dominique Sigaud
Il protagonista del libro diventa il paradigma di tutti coloro che impeccabili e sull’attenti si schierano dalla parte della catastrofe

di Gaetano Vallini

 

È sempre azzardato avvicinarsi alla figura di un efferato criminale per cercare di comprenderne le ragioni. E lo è ancora di più se la persona si è macchiata del più orrendo dei crimini: aver preso attivamente parte allo sterminio degli ebrei. Ma la giornalista Dominique Sigaud, pur consapevole del rischio, accetta la sfida e sceglie di calarsi nientemeno che nella vita del comandante dei campi di sterminio nazisti di Sobibór e di Treblinka. Il risultato di questa ricerca è racchiuso nel libro Il caso Franz Stangl (Firenze, Clichy, 2014, pagine 185, euro 15).Nato in Austria nel 1908, arruolato nella Gestapo dopo l’Anschluss, l’annessione dell’Austria al Terzo Reich, Stangl fa una carriera rapidissima che lo porta a diventare prima sovrintendente, poi luogotenente del programma T4 per lo sterminio dei disabili, e infine comandante dei campi di Sobibor e Treblinka. Dopo la disfatta riesce a fuggire prima in Italia e quindi in Brasile: ventidue anni di anonimato, fino all’arresto nel 1967, cui seguono l’estradizione in Germania, il processo, la condanna all’ergastolo.

Shoah - Sono colpevole anch'io
Poco prima di morire, nel carcere di Düsseldorf l’ex ufficiale rilascia una lunga intervista a Gitta Sereny, giornalista inglese che sta preparando per il «Daily Telegraph»  articoli sui processi ai criminali nazisti. Ed è da qui che Sigaud prende le mosse per la sua indagine.  È il 27 giugno 1971. La cronista  rivolge  ancora a Stangl domande sul suo passato, sulle sue responsabilità e questi ribadisce  per l’ennesima volta che non ha «fatto del male a nessuno, intenzionalmente». Una linea difensiva nota, adottata da altri carnefici nascostisi dietro il classico: ho solo eseguito gli ordini, ero solo un burocrate. Come Eichman.  Questa volta però Sereny non pungola Stangl come in altre occasioni; resta in silenzio, a lungo. All’improvviso l’uomo  riprende la parola: «Ma ero lì. E perciò sì... in realtà condivido la colpa». Una frase fondamentale; «ci aveva messo trent’anni per pronunciarla», chiosa Sigaud, che però resta colpita soprattutto dal successivo: «Non ho più speranza».«Non le aveva mai pronunciate, non aveva mai ritenuto di doverlo fare, aveva fatto di tutto nella sua esistenza per scacciarne anche solo l’idea»,  scrive Sigaud, che aggiunge:  «Nella sua esistenza tutto aveva portato al mantenimento di uno scarto il più ampio possibile fra le parole e i fatti»,  costruendo attorno a sé un mondo di finzione dietro il quale nascondere l’orribile realtà e mantenere una speranza di normalità, oltre che di futuro. Quel futuro che aveva negato a novecentomila ebrei. Ma l’autrice  coglie in quel dubbio finale qualcosa di nuovo e diverso da quanto detto da tanti altri criminali nazisti. Perciò vuole capire  e ricostruire il percorso di quest’uomo, la coerenza e la metodicità di un funzionario della follia, seguendolo fin dentro l’abisso.
Shoah - Sono colpevole anch'io
Con inquietudine Sigaud  ci conduce in una ricerca quasi ossessiva, che non si accontenta di facili risposte, ma si addentra nei dubbi profondi, in quell’inspiegabile meandro della psiche che rende possibili e accomuna tutti gli episodi più sconvolgenti della storia recente.  Franz Stangl  diventa così il paradigma di tutti quegli uomini che «impeccabili, sull’attenti, si schierano dalla parte della catastrofe».

Ma si va anche oltre, nel cogliere i punti comuni della Shoah con altri genocidi del secolo scorso. Perché Dominique Sigaud si dichiara solidale con quanti, come lei,  sono nati dopo la guerra,  «segnati dall’eredità di vittime o di predatori, ma legati da questo mondo al quale venivamo abbandonati così com’eravamo». E per questo non sottovaluta i pericoli che si annidano anche oggi nelle nostre società pacificate. Il caso Franz Stangl  in definitiva si legge con non poco disagio, ma non lascia indifferenti.(©L'Osservatore Romano – 29 gennaio  2014)


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