Recensione
Cominciamo con il dire che nessuno in questo libro fa shopping con Jane Austen, ma che abbiamo a che fare con l'ennesimo titolo italiano, inventato per ragioni di marketing, che nulla ha a che fare né con il titolo originale né con il contenuto del romanzo e che riesce magistralmente a rendere ancora più insulso un libro che già di suo non manca di difetti.
In lingua originale si parla infatti di "confessioni di una Jane Austen-dipendente" e allude alla mania della protagonista, Courtney, di rileggere ciclicamente l'opera omnia della romanziera inglese; un'abitudine condivisa dalla maggioranza delle fan della Austen, quelle che, come me, divorano montagne di questi spin-off e riletture modernizzate nonostante la conclamata qualità medio-bassa e che, sempre come la sottoscritta, si sono immediatamente rispecchiate nel titolo dell'opera.
Ciò che accomuna questo genere di romanzi è la presenza di un'eroina alla Bridget Jones: pasticciona, sboccata e volgarotta, incline alle gaffes, leggermente sovrappeso, non particolarmente intelligente o particolarmente bella e ovviamente dalla vita sentimentale disastrata e popolata da mascalzoni egoisti. La protagonista di questo Shopping con Jane Austen non fa eccezione.
Dopo aver beccato il promesso sposo fra le braccia di un'altra, Courtney cerca nuovamente rifugio fra le braccia di Orgoglio e Pregiudizio e, dopo essersi addormentata durante la lettura, si risveglia nel corpo di una fanciulla di buona famiglia del diciottesimo secolo oppressa da una madre che desidera vederla sposata con ogni scapolo benestante che le capita a tiro e ignorata da un padre che pur volendole bene preferisce passare le giornate rinchiuso nel proprio studio (vi ricorda qualcuno?). Imprigionata in un'esistenza non sua, Courtney tenta dapprima di ribellarsi alle rigide regole sociali dell'epoca, ansiosa di ritornare alla propria vita, ma, con l'andar del tempo, fatica a separare la propria personalità e i propri pensieri da quelli del corpo che la "ospita" e inizia ad adattarsi e a trovare conforto nella sua nuova veste. Questo inoltre le permette di osservare la sua esistenza precedente con occhio critico e di comprendere l'insicurezza patologica che era causa delle sue disavventure sentimentali.
Sotto certi aspetti questo romanzo si colloca al di sopra della media del genere: c'è un tentativo di approfondimento psicologico in più, per quanto grossolano, e la trama è meno banale di altre; inoltre l'autrice riproduce abbastanza fedelmente il contesto sociale e lo stile di vita dell'Inghilterra d'epoca Regency, soffermandosi invece di nascondere dettagli come la scarsa igiene personale e la scomodità e lentezza dei mezzi di trasporto che troppo spesso vengono dimenticati o ammantati di un alone romantico.
Ciò che non funziona, e che mi ha portata a scegliere un giudizio finale così basso, è la protagonista, che oscilla fra la cafonaggine e la palese idiozia in modo a dir poco insopportabile. Courtney ha infatti la grazia di uno scaricatore di porto e, anche dopo aver scoperto di non trovarsi in un sogno, insiste nel rivolgersi a coloro che la circondano con un linguaggio da ragazza del ventunesimo secolo, condito di "fuck" e continue allusioni sessuali che, oltre a scandalizzare chiunque, rischiano di farla addirittura internare in manicomio.
Inoltre, nonostante la ragazza si vanti più volte di essere un'esperta della Austen avendo letto i suoi romanzi decine di volte, continua a mostrarsi stupita e scandalizzata di come alle ragazze di buona famiglia non sia concesso di vagare per la città da sole o di intrattenersi in conversazioni intime con giovani servitori. Ovviamente si tratta di comportamenti più che antiquati per il nostro modo di pensare, ma chi ha letto romanzi ambientati nel diciottesimo secolo almeno una volta sa che quella era l'usanza dell'epoca, così come era perfettamente normale per una ragazza ricevere una proposta di matrimonio da un uomo con il quale aveva finora scambiato solo educate conversazioni (ebbene sì: niente baci e niente sesso!), mentre a nessuna giovane che non desiderasse il suicidio sociale sarebbe passato per l'anticamera del cervello di contemplare rapporti casuali con perfetti sconosciuti, tutte cose che la nostra insuperabile esperta di Jane Austen sembra essersi dimenticata.
Il momento più assurdo e surreale del romanzo avviene poi quando l'astuta Courtney si imbatte nientemeno che nella sua eroina, Jane Austen in persona, e decide di approcciarla raccomandandole di continuare a scrivere (lei che pubblicava in incognito) perché i suoi romanzi avrebbero in futuro avuto un incredibile successo e sarebbero stati più volte adattati per la tv e il cinema. Immaginatevi spiegare a una zitella del '700 cosa sono la tv e il cinema. Un gesto che toglie ogni dubbio sulle capacità intellettive della protagonista, uno dei personaggi più irritanti che mi siano capitati fra le mani e che mi costringe a sconsigliare questo libro anche alle austeniane più fanatiche e di bocca buona.
Giudizio:
+2stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Shopping con Jane Austen
- Titolo originale: Confessions of a Jane Austen Addict
- Autore: Laurie Viera Rigler
- Traduttore: Enrica Budetta
- Editore: Sperling & Kupfer
- Data di Pubblicazione: 2010
- Collana: Pandora
- ISBN-13: 9788820048778
- Pagine: 325
- Formato - Prezzo: Copertina flessibile - Euro 4,27