La vita di un orco a “Molto Molto Lontano” può essere assai ardua tra orde di fan in cerca di autografi, (in)aspettate visite da parte di amici fin troppo invadenti, una moglie adorabile con tanto di prole al seguito da accudire ed una festa di compleanno da organizzare. In pratica, per chi ha sempre vissuto da solo all’interno di una palude è un vero inferno. Non è un caso che chi si addentri in questa quarta ed ultima avventura di Shrek ritrovi persino l’eco di citazioni dantesche tratte proprio dal terzo canto dell’Inferno: “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”. Ridotto quasi ad un perfetto ‘uomo’ di casa riluttante alla nuova vita e nostalgico dei giorni in cui si sentiva un vero orco temuto da tutti, Shrek riguarda il manifesto da “ricercato” chiedendosi cosa sia diventato.
Asfissiato dalla routine ed in preda ad una quasi crisi di mezza età inizia ad anelare un destino migliore, ma come direbbe Oscar Wilde: “State attenti a quello che desiderate, perché potrebbe avverarsi”. Ecco, infatti, che entra in scena “Rumpelstiltskin”, o meglio Tremotino, il viscido e suadente tentatore delle fiabe che convince Shrek a firmare un patto che lo catapulterà per un giorno intero in un universo alternativo dove gli orchi sono ricercati, Fiona non si è mai innamorata di lui e Tremotino è il sovrano incontrastato di Molto Molto Lontano. Inutile affermare che toccherà al verde eroe riportare l’ordine per salvare i suoi amici, l’amore e riprendersi il suo vecchio mondo prima che sia troppo tardi…
Per tre volte la favola di Shrek ha regalato emozioni e sorrisi, attingendo dal popolare libro per bambini di William Steig, conquistandosi il giusto posto nella storia del cinema d’animazione. Perché fermarsi proprio ora? Del resto, è risaputo che “dell’orco non si butta via niente” ed in periodi di magra tutto fa brodo. Trascorso quasi un decennio dalle prime gesta di Shrek, la DreamWorks trae spunto, ancora una volta, dalla grande tradizione narrativa del passato per rielaborarla e farla tutta sua. È il caso di Tremotino, l’antagonista mutuato da una delle storie dei fratelli Grimm, un personaggio magico quanto millantatore, capace di architettare malefici piani con un’intelligenza fuori dal comune e spacciarsi, altresì, con quella sua aria innocente, per un onesto ‘mediatore di soluzioni’. Persino il look rispecchia questa sua plurima ambiguità enfatizzata dalle diverse parrucche, ideate per ogni occasione. I cambiamenti nel mondo alternativo non riguardano solo i protagonisti: tutto si ripercuote anche su Molto Molto Lontano attraverso un registro cromatico differente dove i colori vividi e contrastati della prima parte stridono con quelli più cupi ed aridi del prosieguo, quasi a voler sottolineare un cambiamento drammatico del film.
Non mancano i consueti personaggi dell’universo shrekkiano. In particolare, ritroviamo un Ciuchino in cattività con qualche spunto canoro in stile ‘jukeboxe’ e le streghe, scatenate danzatrici di breakdance. C’è, poi, spazio anche per la resistenza degli orchi capeggiata da un’ardita Fiona, ma tutto sommato Shrek 4 è la prova che anche le migliori intuizioni cinematografiche a volte possono perdere il loro appeal nella logica forzata del mercato dei sequel. Le citazioni si fanno logore mentre i personaggi non divertono più il pubblico adulto come avveniva in origine. Sebbene questo Shrek sia il primo ad essere girato con l’ausilio della visione stereoscopica, degna di una chiara ‘menzione fantasma’, la formula magica della DreamWorks si è indubbiamente spezzata ed ha perso la sua efficacia. Se con “E vissero felici e contenti” si era a caccia di un lieto fine, in realtà, l’epilogo è infelice. Il tutto non vola al di là della sufficienza.
G. M. Ireneo Alessi