USA- 2010
di Martin Scorsese
con Leonardo DiCaprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle Williams, Patricia Clarkson
L'attuale trend recensorio sta elargendo pareri molto benevoli verso quel filone di pellicole definite “enigmatiche”. La sagacia della trama e la longevità psicologica – sarebbe a dire – rappresentano criteri aprioristici di valutazione positiva. Io non sono dello stesso parere. Non lo sono affatto, per dirla tutta. Shutter Island, entrando nel merito, è un guazzabuglio di rappresentazioni oniriche e reali vissute da Di Caprio, un agente federale mandato sulla suddetta isola per un’indagine. Avventurarsi nell’intero iter della trama sarebbe tuttavia fuorviante nonché difficoltoso per una disamina analitica vista la complessità del tutto. Il canovaccio può essere però riassunto in una sorta di percorso regressivo che – apparentemente per via degli shock di cui il protagonista è suo malgrado oggetto (i ricordi dei campi di sterminio, la perdita della moglie) – sostituisce al reale il sogno, e poi al sogno una nuova realtà completamente diversa da quella descritta al minuto zero. Il contesto è un “carcere clinico” in cui si cerca di intervenire (lascio alla vostra interpretazione l’accezione di questo termine) sui più pericolosi mentecatti del Paese. Il film si regge su due aspetti cardine: le allucinazioni del protagonista, che danno luogo al continuo soppiantarsi del vero al verosimile, e la violenza verso la dignità umana tradotta nei suoi più svariati aspetti (dalla guerra all’infanticidio). La drammaticità percorre tutte le due ore di ripresa e si acuisce pesantemente nelle ultimissime scene. Di Caprio non lo scopriamo certo ora, d’altro canto figurarsi se il biondino toppa la perfomance in un così tanto atteso ed acclamato film. Continuo però ad essere perplesso sull’enfasi e sulla presunta capacità della pellicola (per non dire del genere) di appassionare lo spettatore. Certo è un film girato bene, con tante idee e alto grado drammatico. Ma da qui alla beatificazione ce ne vuole.
GIUDIZIO: