2010: Shutter Island di Martin Scorsese
Presentato fuori concorso al festival di Berlino, l’ultimo lavoro di “un grande regista ormai sessantenne capace di reinventare il proprio linguaggio cinematografico mettendosi in gioco come un ventenne” (Paola Casella), un regista che, scrive Fabio Secchi Frau, “è forse il più grande cineasta vivente del mondo”.
Apparentemente una indagine poliziesca, un enigmatico thriller, un noir gotico che sconfina nell’horror… In effetti il film di Martin Scorsese è soprattutto una denuncia del nazismo e del maccartismo… nonché una spietata analisi dei complessi di colpa e dell’istinto della violenza insito in ogni essere umano, una inquietante indagine sulle nostre ossessioni e sulle nostre paure più nascoste e inconfessabili (il film, afferma Luciana Morello, è “un viaggio oscuro e misterioso nella psiche umana”).
Non concorde la critica:
“Un film cupo, claustrofobico e molto bello” (L’Espresso), “138 minuti di puro godimento non ve li toglie nessuno” (Ciak), “..opera dark, incalzante, che riesce a ripagarsi del costo del biglietto immediatamente, alla prima apparizione di Leo Di Caprio, che si produce in una virtuosistica metamorfosi facciale…” (Il Manifesto), “…uso straordinario del flashback come non se ne vedevano da tempo” (Movieplayer) “Un film affascinante, misterioso, angoscioso, crepuscolare… Un film sconcertante e bello” (La Stampa), “Siamo sinceri: da qualche anno Martin Scorsese fa film sempre più sfarzosi e sempre meno belli” (L’Unità), “Un thriller psicologico di ineccepibile fattura… interpretato da un sempre ottimo Leonardo Di Caprio, ma lontano dal coraggio di sperimentare e di rischiare che contraddistingueva il regista” (Il Corriere della Sera), “Nonostante i soldi spesi nelle scenografie di Dante Ferretti e due attori come Mark Ruffalo e Leonardo Di Caprio, il film non funziona tanto bene” (Il Foglio), “…si pone sicuramente tra i lavori meno riusciti di Scorsese” (Il Cinemaniaco).
Un’opera (in cui la verità e l’illusione, il realistico e l’onirico sono perfettamente miscelati) tutta giocata sull’apparenza, sull’ambiguità (ambiguità aumentata dalla battuta finale del protagonista –che non compare nel libro-, «Cos’è peggio: vivere da mostro o morire da uomo per bene?»): lo spettatore è portato continuamente a chiedersi se si trova di fronte a un complotto o a una paranoia…
Shutter Island colpisce certamente per l’alta tensione, la notevole suspense, i continui colpi di scena, il senso di minaccia che domina, l’atmosfera d’angoscia che tutto pervade… Ciò che lo contraddisitngue, però, è la profonda riflessione morale sull’uomo e le aberrazioni di cui è capace, su un mondo “dove non domina solo la violenza, ma soprattutto la dissimulazione” (Edoardo Becattini) -1-.
Ricco e prestigioso il cast. Leonardo Di Caprio naturalmente la fa da padrone e conferma, ancora una volta, il suo notevole talento.
Un plauso particolare all’ambientazione ideata da quel mago che è Dante Ferretti e alla plumbea fotografia di Robert Richardson.
p.s.
Il film è basato sull’omonimo romanzo del 2003 di Dennis Lehane (in italiano intitolato L’isola della paura).
note
-1- Ma come sempre in Scorsese la redenzione dal male è possibile (“l’ancora di salvezza qui risiede nella scienza; una scienza non proprio ortodossa, persino disumana, ma a suo modo rozzamente efficace”, Gaetano Vallini).