Il film con cui Hayao Miyazaki ha dato l’addio al cinema è un autentico colpo al cuore, un’opera di bellezza eterea e rarefatta ma di forte impatto emotivo che dimostra come il Maestro sia in grado di entrare in profondità nell’animo umano e di percepirne ogni sussurro. Capolavoro di sceneggiatura e scrittura, Si alza il vento è l’epopea di un uomo e di una nazione, il Giappone, in bilico tra amore e guerra, senso del dovere e ritorno al grembo femminile.
Inoltre, una profonda e completa riflessione sul senso della creatività umana e dell’arte nel contesto di una vita e della civiltà, laddove ciò che esiste diventa vero solo se osservato dai nostri occhi.
Per una volta accantonato l’abituale, smagliante sfolgorio visivo e creativo delle opere più famose, Miyazaki presenta una storia molto personale, intima e umana, rappresentata dalla figura reale di Jiro Horikoshi, progettista di aerei nel Giappone degli anni ’20. Nel percorso del suo protagonista il Maestro inserisce le sue emozioni e i ricordi della sua vita, su tutti un amore dolcissimo e soave, una fanciulla fragile, sfortunata ma determinata.
Forse mai nessuna storia d’amore è stata rappresentata con leggiadria e soavità dal cinema come quella di Jiro e Nahoko: una storia nata grazie ad un colpo di vento, dal
vento raccontata e nel vento impressa per sempre. Immagini di una poesia oltre-umana, commoventi ma mai zuccherose, piene di vita e anima, pietà e trasporto, sentimento e realismo. Una storia di pochissime parole, ma di gesti delicati, di sguardi innamorati, di consapevolezza fatale.
Un film fiume, magico e ipnotico, avvolgente come un abbraccio caldo e poderoso.
Ecco: l’addio al cinema di Miyazaki è appunto un abbraccio caloroso, un invito a volare alto, là dove incorrotte viaggiano le carezze, le lacrime e le parole d’amore.
Nel vento.