Si dice che tutte le strade portino a Roma.
Allora vuol dire che Roma è la fine di tutto, il compimento di tutti i percorsi, quel punto a chiusura di tutte le storie.Si dice che Roma sia la capitale del mondo, la città imperiale per eccellenza, maestosa nella sua imponenza e grandiosa come nessun'altra.Allora forse è questa la sensazione che si prova di fronte alla morte, o al giudizio universale di quelli che credono in Dio: sentirsi infimi e piccoli di fronte all'immensità, impotenti di fronte alla storia già scritta che trova finalmente compimento.Come quando da bambini si legge delle guerre, delle malattie, delle morti... e si sogna di starci proprio, là, in mezzo a quei nomi e a quei posti che puoi solo immaginare tant'è che sono lontani e che forse, anzi, quasi sicuramente non vedrai mai. E si immagina d'essere condottiero, eroe o qualsiasi altra cosa per cambiarla quella storia.E scriverla diversa.
Ma è storia già scritta. E non si può più cambiare.
Poi man mano che si va avanti uno ci fa l'abitudine e, a certe cose, quasi non ci fa più caso. Fino a che un giorno qualunque, forse anche un bel giorno di primavera, si ritrova a contemplare l'immensità di cui lui è solo un infinitesimo, un niente nel tutto. E pensarlo non rende di certo le cose diverse, anzi, contribuisce solo a peggiorare la già negativa percezione che uno ha di se stesso.
E si comincia a parlare di baratro, vicolo cieco, tunnel senza via di scampo... ma non è niente di tutto questo. E' la normalità che uccide. E il non essere l'immensità, non essere quell'idea grandiosa che sorprende e stravolge le vite.E' il continuo percorrere questa strada che non si conosce con un traguardo già segnato.
Si dice che tutte le strade portino a Roma.E allora Roma deve essere per forza la fine di tutto.
(Audio: Fleet Foxes - Mykonos)