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Si fa presto a dire “crisi di governo”, e il vitalizio?

Creato il 23 giugno 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Si fa presto a dire “crisi di governo”, e il vitalizio? I 317 voti che il governo ha preso sul decreto Sviluppo la dicono lunga sulla possibile-probabile tenuta della maggioranza fino al 2013, anno in cui si tornerà a votare. Mal di pancia leghisti o attivismo frenetico dei Responsabili, Berlusconi è tornato quasi per miracolo ad avere la maggioranza assoluta alla Camera, quella che, grazie anche alle assenze sui banchi dell’opposizione, era stata fino all’altro ieri “relativa”. Sarà anche una questione di certificati medici o di assenze giustificate, ma che questo governo non lo voglia far cadere nessuno è un dato di fatto. La ragione non è uno spiccato senso di responsabilità nei confronti di un paese in crisi (che, dice Silvio, in caso di elezioni anticipate potrebbe sprofondare nel baratro del disastro economico come la Grecia), si tratta semplicemente di una questione di vil pecunia, detta altrimenti “vitalizio”. Come stabilisce la legge, per poter usufruire del frutto del lavoro di parlamentare, occorre aver portato a termine una legislatura. Nel momento in cui il vitalizio matura, se ne usufruisce non appena si torna ad essere dei normali cittadini, senza quindi dover attendere come tutti gli altri comuni mortali, il compimento del 65esimo anno di età o i 40 anni di contributi. Sarà anche poca cosa per gente che ha lavorato sputando sangue due giorni a settimana per cinque anni, comunque 2.340,738 euro sono quattro volte un contratto in un call center, quasi 5 quello di una commessa, il doppio della retribuzione di un giovane ricercatore precario o di un insegnante al primo incarico. C’è da dire che se un parlamentare riuscisse ad essere eletto per due mandati, il vitalizio arriverebbe a 4.681,38 euro, con tre a 7.022,184. Non ci vuole molto a capire che con l’aria che tira, rinunciare a simili cifre sarebbe da idioti, e questo Silvio lo sa perfettamente tanto che, a costo di andarsi a fare quattro chiacchiere con l’Antonio Di Pietro incomprensibile di questo periodo, si può permettere di raccontare lo stesso programma di governo da 10 anni senza aver fatto nulla di quanto annunciato, tanto 52 deputati non hanno ancora raggiunto il “quorum vitalizio” e non hanno nessuna intenzione di mollarlo. A tutto questo va aggiunto che Bersani non ne vuole sapere di chiudere in tempi brevi l’alleanza programmatica con l’Italia del Valori e con Sel. Di Pietro lo ha capito e ieri in aula, avendo Silvio a disposizione per dirgliene quattro, ha preferito attaccare duramente Bersani sotto gli occhi di un Berlusconi che stava godendo come dopo una seduta di igiene orale. Se poi Silvio dice che l’opposizione è frammentata come si fa a dargli torto? Il problema è che il “politico più intelligente degli ultimi 150 anni” nonché “il più simpatico” nonché quello che “non ha mai perso un’elezione” è tornato quatto quatto alla guida degli ex Pci del Pd. Dopo aver preteso da Soru la testa di Concita De Gregorio, estromessa dalla direzione dell’Unità, Massimo D’Alema sta pervicacemente portando avanti il suo progetto di “alternativa” a Berlusconi. Evidentemente ammaliato dall’esperienza berlingueriana del compromesso storico, Mister 1% diritti televisivi Mediaset, vuole a tutti i costi l’alleanza con Pierfy Casini il quale per la prima volta ha detto “se ne può parlare”, il che significa, in perfetto democristianese, che è quasi fatta, occorre limare ancora qualche particolare riconducibile a “fuori Sel, dell’Idv ne parliamo”. Voi rinuncereste a 2.340 euro mensili per tutta la vita per mandare a casa Silvio? Bella domanda, vero? Chiudiamo, come ci capita ormai da qualche giorno, con un altro estratto dalle intercettazioni telefoniche di risi & Bisi. Stavolta non parliamo di Mauro Masi, al quale abbiamo dato una importanza davvero eccessiva, ma di Michela Brambilla, l’animatrice dei Circoli della Libertà assurta al dicastero del turismo per volere imperiale. Dimostrando di essere quel gran pezzo di signore che vuole far credere, Gigi Bisignani l’ha definita: “Una mignotta come poche. Una stronza, brutta come un mostro, mignotta come poche”. Che nel Pdl ci siano fior di galantuomini è un dato di fatto, d’altronde basta vedere come trattano le donne, ma che si arrivasse al turpiloquio aggravato dai ruoli istituzionali non ce lo saremmo mai aspettati. Ma dalle stesse intercettazioni emerge anche un’altra buffa storia: la ministra Mara Carfagna voleva assolutamente che Silvio la sposasse. “Si voleva far impalmare”, ha detto Bisignani aggiungendo una “m” birichina a un termine che voleva avere tutt’altro significato. Insomma, Gigi era davvero un uomo potente e si poteva permettere di dire e fare di tutto. Grazie all’amicizia con Gianni Letta era diventato il presidente del consiglio ombra supplendo con il suo attivismo, e la rete di rapporti consolidata negli anni ad ogni livello, all’encefalite letargica di cui soffre quello votato dalla ormai ex maggioranza degli italiani. Un bel quadretto per un’Italia che sarà anche ricca di capolavori ma che in quanto a “croste” non scherza mica.

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