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Si fa presto a dire “mercato” il lavoro e’ vicenda umana

Creato il 31 gennaio 2012 da Ifioribludizazie

<<Anche  il mercato del lavoro deve essere liberalizzato» questo sembra porsi come uno dei prossimi obiettivi del governo. Il lavoro,in tutte le sue forme, non può essere analizzato secondo rigide leggi economiche. Se è nella società che si dispiegano i processi politico-economici e se le società sono costituite da individui, l’economia dovrebbe essere letta attraverso una prospettiva antropologica, come il risultato delle relazioni sociali. Il nodo principale non ruota tanto intorno alla mercificazione del lavoro ma risiede nella deprivazione del suo valore culturale e simbolico. D’altronde, la storia insegna che il libero mercato, e la conseguente autoregolamentazione tra domanda e offerta, di fatto, non si è mai realizzato nella sua purezza dottrinale essendo stati necessari, di volta in volta, interventi incisivi da parte dello Stato.
“La grande trasformazione” di Karl Polanyi parte dall’analisi dei processi economici dell’Inghilterra dei Tudor e termina con la risposta dei regimi autoritari e totalitari al fallimento del capitalismo. L’economia politica è stata intesa per troppo tempo solo come un mercato competitivo e mai sono state vagliate con serietà categorie quali “scambio”, “reciprocità” e “redistribuzione” indicate, appunto, dallo studioso ungherese. L’errore attuale dimora nell’erosione costante del Welfare State, con conseguente disconoscimento anche del valore e della necessità di un minimo esistenziale. Liberalizzare sembra la mossa più ovvia rispetto a una riforma mirata nelle politiche del lavoro. Anzi, il rinnovamento attuale non riesce ad andare oltre a un “contratto unico” per tutte le diverse categorie di settore. In questo preciso momento storico, l’ideologia del mercato e della concorrenza è in crisi, non funziona e non crea più benessere per cui l’attuale manovra di “salvaguardia” incide su precise categorie umane la cui sopravvivenza è legata unicamente allo scambio del proprio lavoro. Il lavoro non dovrebbe più essere dominato dal mercato ma riesaminato rispetto alla perdita del suo senso culturale. Cominciare à rebours, dal contesto sociale; analizzare i bisogni della società per redistribuire equamente i cosiddetti beni sociali. Sulla scia di Polanyi, sono innumerevoli gli studiosi che evidenziano vie e prospettive alternative. M. Walzer in “Sfere di giustizia” elabora un concetto di eguaglianza di tipo complesso, pluralistico opinando la nascita di un contratto sociale che soddisfi i bisogni e gli interessi di tutti i gruppi sociali – differenti nella parità – abolendo predomini e privilegi, nel rispetto dei caratteri di differenziazione geografica, culturale, storica e religiosa. Ecco cosa urge in Italia: una democrazia redistributiva complessa, la valorizzazione della componente umana del lavoro, professioni e estieri scissi dalle logiche di mercato, uno Stato sociale più dinamico circa i mutamenti e le reali esigenze della società. Le relazioni economiche oggi determinano e plasmano la forma di tutti gli ambiti relazionali: famiglia, religione, politica. Non è forse questo a generare depauperamento diffuso?

Articolo pubblicatomi su Il riformista il 28 gennaio 2012 e presente nella rassegna stampa  ISF NEWS


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